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giovedì 2 marzo 2017

Il neurone della coscienza.

E forse questa è la notizia del secolo, per me.

Dopo aver trovato i virus e il dna, dopo aver convalidato i processi evolutivi delle specie e visto come funziona il cervello, arriva la visualizzazione di un neurone che è in contatto con ogni zona della massa cerebrale che, pertanto, può dirsi finalmente pensata.

Le continue delusioni o consolazioni che, segretamente, in uno stllicidio che sembrava infinito, abbiamo provato ogni volta che la ricerca dava un luogo e una formula chimica per ogni dettaglio della nostra indole e dei nostri sensi, delle nostre capacità percettive e mnemoniche, sono ora seguite da un traguardo, forse anch'esso provvisorio, ma dal sapore della sentenza definitiva su cosa sappiamo di noi.

Esagero, ridicolmente, ma azzardo a dire che, essendo persuasi di come ormai sia dimostrato che l'individuo è dato dalla somma dei suoi organi coordinati e delle sue capacità cognitive e che queste, compresa la memoria, hanno una sede e degli strumenti e modi d'azione fisicamente rilevabili, sapere che una cellula filamentosa metta in connessione tutto ciò riesce a dare al concetto presuntuoso di coscienza, per altri di anima, o di individualità, un'aura di plausibilità e di dignità che prima non potevamo vantare.

Gli ignobili o sublimi pensieri che mi rappresentano non sono forse la mera somma di una miriade di molecole e cellule, ma hanno un senso, una capacità di sintesi e, quindi, di autorappresentazione che non è solo illusoria. Certo, se si tratta di un super neurone, sempre una cellula sarà, quindi non sarà sede di alcunché, non sarà il borsello del ragioniere, lo zaino dell'alpinista, ma solo il filo che ci consente di essere e saperlo ed essere individui finché quel filo è teso. Soprattutto, ammettiamo che questa mirabolante cellula è stata trovata nel topo, non è certo esclusiva dell'homo sapiens, ma date uno smartphone al topo: non ne farà granché.

Si getta una luce nuova sul rapporto fra res cogitans e res extensa. Insomma, direi, una scoperta che, come mille altre, ci svela, ma finalmente senza toglierci la nostra umanità.

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