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martedì 19 aprile 2022

L'aggressione di Putin deve essere fermata con la guerra?

 L'art. 11 della nostra Costituzione mette fuori legge, ripudia la guerra "come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Quindi, se valesse qualcosa nell'ordinamento ucraino, non impedirebbe certo la reazione armata all'aggressione russa, illegittima e da condannare in ogni sede. Ma la nostra Costituzione promuove la pace e la cooperazione fra i popoli, anche attraverso la partecipazione alle organizzazioni internazionali - come l'ONU - che hanno questo scopo e consente la cessione di sovranità in loro favore. La Nato, a voler leggere con spirito libero il suo statuto e la sua storia, è estranea a questa definizione.

Se l'Italia avesse dovuto intervenire inviando armi a chi è aggredito militarmente avrebbe partecipato inviando armi a Saddam Hussein e Muhammar Gheddafi, invece si è schierata con l'aggressore e ha partecipato più o meno direttamente a delle carneficine che hanno arricchito i Masters of war e destabilizzato il mondo intero.

Se tutti gli stati facessero sempre come stan facendo i paesi della Nato saremmo in conflitto permanente e, fatalmente, esteso. E sarebbe negato, azzerato, il principio pacifista inscritto nella carta dell'ONU e nella nostra Costituzione. Questo è sempre stato chiaro ai migliori giuristi, ricordo nel 1991 quanto scrivevano il nostro Umberto Allegretti e, negli Usa, Richard Falk. 

Purtroppo gli ucraini sono vittime di due nazionalismi armati e di un occidente che fomenta il conflitto da anni, invece di impegnarsi a trovare una soluzione pacifica che è possibile da febbraio. Non mi pare che ci sia mai stata sui governi dei paesi Nato una responsabilità così pesante dal 1990 e non vedo personalità in grado di gestirla adeguatamente.


Gli ucraini antirussi (quindi una parte seppur maggioritaria della popolazione) sono armati e finanziati dai paesi Nato dal 2014, non da oggi. Questo non assolve Putin, ma fa capire come siamo entrati in questa guerra e come se ne possa forse uscire. La Nato dice con insistenza (v. ad esempio l'Economist di questa settimana) che ciò non vuol dire essere in guerra con la Russia. Gli italiani sentono dire dal governo che così stiamo aiutando la "resistenza ucraina": non dubito della convinzione di tanti che ciò rispetti i valori resistenziali, ma quella è una guerra, non una resistenza contro un regime ostile. I partigiani resistevano al nazifascismo dopo l'8 settembre '43, cioè dopo il crollo del regime fascista e quando si insediava la RSI al Nord e un tentativo di regno d'Italia al Sud, con gli Alleati che avanzavano. Se Badoglio e i Savoia fossero stati saldamente al governo e avessero comandato un esercito unito contro i nazisti non avremmo mai chiamato i partigiani resistenti, ma civili armati al fuanco dell'esercito contro i tedeschi. Così gli ucraini. Ciò non toglie nulla al loro diritto di combattere contro i russi, ma è una guerra e il comandante è Zelenski, non Fanciullacci o Longo. Quella partigiana fu una guerra civile alternativa a quella che opponeva nazifascisti e Alleati. Essendo quella ucraina una guerra fra stati possiamo certamente riconoscere nella Russia l'invasore, ma se aiutiamo il governo ucraino aiutiamo uno dei contendenti contro uno dotato di armi atomiche. Non mi pare la strada giusta.