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giovedì 26 dicembre 2013

La giusta legge elettorale: dibattito del 13 dicembre 2013

Lo scorso 13 dicembre si è tenuto a Firenze il convegno su “Costituzione, riforme e legge elettorale” organizzato dai compagni del Forum democrazia, giustizia e diritti di SEL Firenze: l’incontro ha messo di fronte il prof. Rolando Tarchi (dir. costituzionale all’Univ. di Pisa) le senatrici Alessia Petraglia di SEL e Rosa Maria Di Giorgi del PD, Massimo Torelli di Alba, il giurista ed ex magistrato Rosario Minna e Marcella Bresci del Comitato per la Costituzione e Roberto Passini, animatore di Hyperpolis.it (purtroppo erano assenti esponenti del M5S, seppur invitati) in un momento cruciale per il dibattito su quei temi.
Siamo infatti arrivati ormai all’esplicito abbandono del contorto ed illegittimo procedimento di revisione “in deroga all’art. 138 della Costituzione” che, con modalità rapide e poco trasparenti, svolte soprattutto all’interno dell’apposito Comitato bicamerale (riedizione della Bicamerale di Berlusconi del 1994 e di D’Alema del 1998) avrebbe messo mano a ben 65 articoli della Costituzione fino a consegnarci una nuova Carta approvata dal parlamento meno rappresentativo della storia della repubblica.
La discussione ha sottolineato quasi unanimemente il pesante rischio corso e che la svolta è dovuta al dissenso verso il governo e ogni iniziativa di quella maggioranza da parte di Berlusconi e di Forza Italia e all’impossibilità di approvare il procedimento in deroga con la maggioranza dei 2/3 delle camere e pertanto all’alta probabilità di andare a referendum e allungare i temi di almeno un anno; ma non possiamo trascurare la mobilitazione di questi mesi contro la riforma iniziata il 2 giugno a Bologna e proseguita, tra assemblee ed appelli, attraverso la grande manifestazione di Roma del 12 ottobre e l’ultima raccolta di firme in vista della votazione che avrebbe dovuto tenersi dopo il 10 dicembre. Altra novità positiva, hanno valutato Tarchi, Petraglia e Corrado Mauceri, è stata la sentenza della Corte costituzionale del 3 dicembre sulla legge elettorale 270/2005, sentenza innovativa che ha anzitutto confermato l’ammissibilità del giudizio di costituzionalità su una legge elettorale (sinora sempre negata, ma lo spiraglio si era aperto con la sentenza della Corte di Cassazione che aveva appunto ritenuto che non si possano applicare le strettoie solite – che nel nostro sistema vietano il ricorso diretto al giudizio di costituzionalità – ad una legge come quella elettorale che consente che il diritto di chi ha agito davanti al giudice di merito sia ristabilito direttamente proprio dalla Corte costituzionale quando cancella la parte illegittima di quella legge e non necessiti di altre pronunce di merito). La Consulta ha quindi cancellato il premio di maggioranza e le liste bloccate e consegnato al nostro ordinamento una legge elettorale proporzionale con sbarramenti e possibilità di esprimere preferenze.
Sia il prof. Tarchi che tutti gli altri relatori hanno ribadito che il parlamento è formalmente legittimo perché la legge elettorale ha svolto le sue funzioni al momento delle elezioni quando era pienamente valida, ma certo la legittimazione politica a fare riforme è quasi svanita e si consiglia di non mettervi mano, specie perché sembra che i protagonisti della attuale maggioranza governativa non abbiano idea di che strada imboccare nemmeno nelle riforme residue, ma di grande rilievo e delicatezza, che riguardano ruoli e numeri di Camera e Senato (il bicameralismo perfetto, o differenziato, o il monocameralismo) e competenze di stato e regioni (il Titolo Quinto già manomesso nel 2001).

Ma il conflitto più esplicito è – e lo si è rilevato anche dall’intervento della senatrice del PD – sulla legge elettorale: il PD, specie ora che è guidato da Matteo Renzi, spinge per una legge maggioritaria, mentre sappiamo che il Nuovo centrodestra preferirebbe il proporzionale e il M5S sembra insistere per il Mattarellum (che probabilmente lo danneggerebbe, visto che arriverebbe terzo in gran parte dei collegi uninominali ); gli altri intervenuti rilevavano che una legge elettorale non può mirare a far fuori un partito e che il bipolarismo sottinteso dalla legge Mattarella o da altri modelli maggioritari non esiste più e che un proporzionale corretto rappresenterebbe più completamente l’elettorato, funzione sempre centrale del meccanismo elettorale, specie in una fase di crisi sociale ed economica.

Mi sento di auspicare, dopo aver coordinato quell’incontro e visto lo stato del dibattito, che non si ripropongano le stesse ragioni di contrasto e che prevalga l’obiettivo primario di rappresentare fedelmente l’elettorato, obiettivo che ha convinto la Consulta al decisivo “ritaglio” della legge Calderoli.
Si possono individuare certo sistemi proporzionali corretti che riducano la frammentazione e favoriscano (non impongano!) la formazione di maggioranze, ma senza stravolgere il meccanismo fino a produrre un maggioritario d’azzardo come era di fatto il Porcellum (tra premi e sbarramenti) ed anche la legge Mattarella: in questa legge infatti i collegi uninominali decidevano il 75% degli eletti ed impedivano di scegliere il candidato perché i candidati unici di ciascuno dei due schieramenti favoriti erano scelti dai partiti e l’alternativa a un nome era… cambiare schieramento, cioè diventare di destra se si era di sinistra o viceversa. In una realtà a tre poli la costrizione può dirsi forse più sfumata, perché le alternative sono due, ma resta una scelta ben misera… Il restante 25% era deciso sì dal voto proporzionale, ma su liste bloccate! Nessuno di questi sistemi garantisce governabilità (che dipende dalla qualità della politica e dalla forma di governo disegnata dalla Costituzione, se rispettata) e stabilità (la prova: i governi dal 1994 ad oggi sono durati in sequenza 9 mesi, 2 anni, 14 mesi, 4 mesi, 14 mesi, ecc.).
Pertanto penso che sia bene salvare la funzione primaria delle elezioni: formare un parlamento che rappresenti la nazione.

mercoledì 4 dicembre 2013

Dopo la sentenza di oggi 4 dicembre della Corte Costituzionale
- abbiamo una nuova legge elettorale, risultato della sentenza di oggi della C.Cost. che finalmente concede a sé di giudicare direttamente la conformità a costituzione di una legge elettorale, la novità è enorme. E benvenuta;
- se le camere fossero sciolte dal PdR prima che venga approvata una nuova legge, si andrebbe a votare con un sistema (salvo verifica delle motivazioni della sentenza di oggi) proporzionale con le preferenze e con gli sbarramenti previsti dal porcellum;
- il parlamento eletto è legittimo, ci mancherebbe altro (direi che la retroattività non possa invalidare i rapporti già definiti, in questo caso con la convalida degli eletti), ma non è legittimato politicamente a metter mano alla costituzione; e nemmeno a inventarsi una nuova legge elettorale che confligga con i principi che leggeremo presto nella sentenza (ma basterebbe leggere la costituzione, artt. 1, 3, 48, 67)
- gli eletti sono stati prescelti con procedimento poi giudicato illegittimo e le maggioranze sono determinate da un sistema pure giudicato incostituzionale
- la priorità oggi è dunque andare a votare al più presto, non fare una nuova legge elettorale che già c'è!!!
- se una nuova legge elettorale si vorrà fare dovrà essere in fretta e nel rispetto della Costituzione che, vedremo le motivazioni della sentenza, comunque impone il rispetto dell'uguaglianza del voto (art. 48) e della rappresentanza della volontà degli elettori (art. 1 e 67), quindi niente effetti distorsivi come il premio di maggioranza e niente liste bloccate
- Grillo vuole il Mattarellum, ma l'effetto premiale è simile, anche se diffuso, a quello del Porcellum; Franceschini chiede una nuova legge che dia stabilità (rieccola la stabilità).

Renzi ha già messo le mani avanti chiedendo il doppio turno; ma sarebbe questo parlamento a votare queste belle innovazioni, insomma: è senz'altro più coerente col sistema lasciare le cose come stanno e andare a votare senza aprire altri cantieri.
E chiudere subito quello della riforma costituzionale.