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martedì 30 giugno 2020

MES tra funzioni e finzioni

Per il prestito del MES si parla per l'Italia di 37 miliardi di euro per spese sanitarie da restituire entro 10 anni. Sono 3,7 miliardi l'anno da restituire a tasso di interessi molto basso.

La Commissione europea afferma che l'attivazione del Fondo del MES non porta con sé le condizionalità ordinarie. Ma i vincoli previsti dai Trattati europei e quello istitutivo dello stesso MES sono ancora in vigore e sono accordi che emergono fra soggetti diversi e con procedure di modifica, garanzia, attuazione diverse. Il Meccanismo europeo di stabilità fu istituito nel 2012 sulla base di un Trattato intergovernativo che desse stabilità finanziaria all'eurozona attraverso l'assistenza ai paesi membri (questo è quindi uno strumento per perseguire la stabilità e non il contrario). E le istituzioni dell'UE continuano a funzionare in base ai Trattati europei.

I nuovi strumenti introdotti nel 2011-2012 per fronteggiare la crisi economica del 2007 (anzitutto Patto di stabilità, Fiscal compact e Mes) per la conduzione delle politiche economiche e finanziarie (le governance) hanno cercato di colmare i limiti del Trattato di Maastricht; e hanno trasferito competenze dal livello nazionale a quello sovranazionale; i parlamenti nazionali sono l'oggetto conteso di tali interventi in quanto le potestà decisionali in tema di bilancio e finanza statali sono fortemente ridotte. La legittimità di tali interventi di trasferimento di competenze è spesso vagliata dalle Corti costituzionali dei Paesi contraenti e membri UE, ma in queste settimane è più interessante non tanto la legittimità degli strumenti di governance, quanto la decisione politica di adottare o meno uno strumento di finanziamento che non è l'emissione di titoli nazionali - che oggi espongono al giudizio del mercato, ma non a quello della Commissione europea in quanto è stato sospeso il Fiscal compact in ragione dell'emergenza da coronavirus - ma il prestito da un fondo cui l'Italia partecipa con il 17,79 % del totale (la Germania con il 26,96 % ecc.).

E un prestito del MES entra in questo meccanismo complesso con insidie sia giuridiche sia finanziarie: provo a ricapitolare quali sono i rischi, o comunque le conseguenze politiche e finanziarie. Dopo le rassicurazioni che provengono da decisioni della Commissione Europea di rendere ordinario e non condizionato il prestito, bisogna infatti fare i conti comunque con diversi vincoli giuridici su cui gli esponenti politici che si dicono favorevoli al MES dovrebbero pronunciarsi. Ne elenco alcuni:


  1. anzitutto parlando di vincoli “interni” allo strumento MES, bisogna ammettere che questo si attiverebbe secondo i suoi fautori “senza condizioni” ed escludendo la vigilanza della Troika, ma allora la procedura sarebbe in contrasto con lo stesso Trattato istitutivo del Mes: in base ad esso l'accordo potrebbe essere quindi impugnato dall'eventuale stato sottoscrittore del Trattato MES dissenziente visto che la deliberazione del prestito può essere presa a maggioranza (art. 37 comma 3: "Se un membro del MES contesta la decisione di cui al paragrafo 2, la controversia è sottoposta alla Corte di giustizia dell’Unione europea. La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea è vincolante per le parti in causa, che adottano le necessarie misure per conformarvisi entro il periodo stabilito dalla Corte.")
  2. inoltre il MES è un meccanismo formalmente di “finanza”, ovvero è un soggetto con sede nel Lussemburgo che presta soldi agli Stati e anche una sua decisione unanime di approvazione (che quindi non trovi contrasti interni) potrebbe nei 10 anni di vigenza del prestito provocare iniziative per ottenere garanzie di restituzione delle rate ancora da versare; ad esempio il regolamento UE 472 del 21.5.2013 all'articolo 14 prevede una “Sorveglianza post-programma” secondo cui “Uno Stato membro può essere soggetto a sorveglianza post-programma finché non avrà rimborsato almeno il 75 % dell'assistenza finanziaria che ha ricevuto da uno o più altri Stati membri, dal MESF, dal MES o dal FESF”; si consideri che i rischi legati alla “sostenibilità del debito” sono ammessi anche dai fautori del ricorso al prestito sanitario del MES che si rivolgono al giudizio positivo dato dalla Commissione sul debito pubblico dell'Italia: “gran parte del debito è emesso a tassi fissi … la maturità media è aumentata negli ultimi anni raggiungendo quasi gli 8 anni … importante quota del debito pubblico detenuta dai residenti”;
  3. resta inoltre in vigore il divieto di autorizzazione degli scoperti di conto dell'art. 123 del TUE; quindi per far fronte al debito del Mes, in caso di difficoltà, non si può fuggire verso lo scoperto, ma si deve ricorrere al debito pubblico: ci sarà ancora, allo scadere delle rate di restituzione del prestito del Mes, la sospensione del Fiscal Compact? Altrimenti il rischio è di trovarsi nella speculazione sui titoli di stato con aumento dello spread e quindi dei costi del prestito e della sostenibilità del debito; 
  4. quando nel 2011 si è istituito il MES si è voluto raccordarlo ai Trattati UE e si è approvata un'integrazione all'art. 136 TFUE (il terzo comma) che così recita: «Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità.» Si evidenzia così che l'impianto “pre-crisi” dell'Unione è ancora in vigore e i meccanismi correttivi devono rispettare dei vincoli stretti per non trasformare l'impianto liberista, non solidaristico, o sovvenzionatore, o mutualistico, ecc. pensato nel 1992; 
  5. resta poi il regolamento 472/2013 del Parlamento e del Consiglio dell'UE che, dopo aver “considerato”, con il ragionevole e consueto rigore, che “Uno Stato membro la cui moneta è l’euro dovrebbe essere soggetto a una sorveglianza rafforzata a norma del presente regolamento se è colpito, o rischia di essere colpito, da gravi difficoltà finanziarie, al fine di garantire un rapido ritorno alla normalità e di proteggere gli altri Stati membri della zona euro da potenziali ripercussioni negative”, all’art. 2 comma 3 chiede che “Se uno Stato membro beneficia di assistenza finanziaria a titolo precauzionale da uno o più altri Stati membri o paesi terzi, dal MESF, dal MES, dal FESF o da un'altra istituzione finanziaria pertinente, quale l'FMI, la Commissione sottopone a sorveglianza rafforzata detto Stato membro”; e poi all'art. 7 prescrive sempre a tutela della stabilità dei Paesi membri, un “aggiustamento macroeconomico”: “Qualora uno Stato membro richieda assistenza finanziaria da uno o più altri Stati membri o paesi terzi, dal MESF, dal MES, dal FESF o dall'FMI, esso elabora di concerto con la Commissione, che agisce d'intesa con la BCE e, se del caso, con l'FMI, un progetto di programma di aggiustamento macroeconomico integrativo e sostitutivo dei programmi di partenariato economico a norma del regolamento (UE) n. 473/2013 che comprenda obiettivi annuali di bilancio. Il progetto di programma di aggiustamento macroeconomico è rivolto ai rischi specifici che un determinato Stato membro pone alla stabilità finanziaria nella zona euro e punta a ristabilire rapidamente una situazione economica sana e sostenibile e a ripristinare pienamente la capacità dello Stato membro interessato di autofinanziarsi sui mercati finanziari”. La procedura seguita per la Grecia è nota: https://www.consilium.europa.eu/it/policies/financial-assistance-eurozone-members/greece-programme/
  6. lo scopo sanitario del prestito che sarebbe chiesto al MES è ovviamente una condizione, esso è vincolato ad un utilizzo per la sanità legato alle conseguenze dirette e indirette dell'emergenza Covid19 e in caso di violazione si apre il rischio all'intrusione delle istituzioni europee nella politica fiscale ed economica italiana, e potrebbe risiedere nell'ampiezza da attribuire alla destinazione sanitaria in una fase in cui il rischio da diffusione del coronavirus sembra attenuato; è la condizione più esplicita e preoccupa come l'uso di qualsiasi fondo europeo con vincoli di destinazione;
  7. cosa fanno gli altri stati? Non allinearsi con quanti non chiedono il prestito espone al giudizio dei mercati sotto due profili: noi chiediamo il prestito perché siamo in crisi di liquidità, o comunque in difficoltà nonostante gli altri interventi straordinari approntati da BCE, BEI ecc.; noi abbiamo interessi sui titoli (e prospettive ancora peggiori per il prossimo futuro) tali da avere un enorme vantaggio dal basso tasso d'interesse che applica il MES; e quindi abbiamo una prospettiva di spread futuro particolarmente gravosa. Rischiamo insomma di dichiarare una prognosi negativa per le nostre finanze.


Se questa è la situazione, la risposta politica deve essere alla stessa altezza. Sia il governo che l'opposizione devono farsi carico di questi scogli, invece di restare alla superficie e fare polemiche strumentali. E sia un accesso che un rifiuto del prestito sanitario del MES deve farsi carico con chiarezza delle motivazioni. La soluzione auspicabile sarebbe di rendere strutturali gli interventi mutualistici approntati o ipotizzati in via eccezionale (QE della BCE, Coronabond, Sure, sospensione del Fiscal Compact, sospensione del divieto di aiuti alle imprese nazionali, ecc.), adeguando conseguentemente i Trattati UE e FUE, trasformando lo status giuridico dell'Unione Europea da mero "sistema" di trattati internazionali a federazione con una costituzione, un debito pubblico comune, una moneta unica e una banca centrale che abbia funzione di prestatore di ultima istanza, oltre che di agente del mercato finanziario, e obiettivi di piena occupazione, oltre che, quando possibile, di stabilità monetaria (e invece oggi è il contrario).

Aule pollaio ante e post Coronavirus

... all'inizio dell'epidemia da coronavirus si minimizzava il pericolo, ma i più saggi invitavano a rispettare standard di areazione e igiene che avrebbero ridotto il contagio: non stare a lungo al chiuso con altri, areare bene i locali, giuste norme igieniche prescrivono soffitti alti e ampi e una proporzione adeguata di pareti finestrate.
Misure ben più stringenti (il lockdown) hanno avuto effetti positivi, ma non possono durare in eterno.
Il DM 18.12.1975 prevedeva per le aule scolastiche min. 3 metri di altezza, 1,8 mq ad alunno in aula (1,96 per le superiori). Poi arrivò il D.Lgs. 81/2008 (testo unico sulla sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro) che prescrive 2 mq a lavoratore: la scuola avrebbe dovuto adeguarsi, a logica. Comunque la Azzolina e Conte dicono che bisogna evitare le classi pollaio (lo si dice da decenni).
Ma il Piano scuola diffuso sabato indica 1 m. di distanza fra un alunno e l'altro: è poco? Sì anzitutto perché lascia all'autonomia delle scuole la realizzazione della riapertura "in sicurezza". E invece la responsabilità deve essere della repubblica, dice Corrado Mauceri, non del dirigente scolastico.
E poi mi pare poco, del tutto insufficiente, anzi peggiorativa perché se stai al centro di un quadrato di 1,96 mq come sarebbe prescritto dal decreto del '75 stai in un quadrato di 1,4 m di lato, quindi a 70 cm. dal bordo, più altri 70 cm. siamo a 1,40 dal bambino vicino che è ben più di 1 m di cui si parla oggi. Vuol dire dare a ciascuno un quadrato di 1 m. di lato, quindi 1 mq che dà un risultato da pollaio se lo moltiplichi per 25 alunni: 25 mq, 5 m per lato, una camera da letto. Invece 1,8 mq x 25 dà 45 mq, un quadrato di 6.7 m per lato.