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giovedì 26 dicembre 2013

La giusta legge elettorale: dibattito del 13 dicembre 2013

Lo scorso 13 dicembre si è tenuto a Firenze il convegno su “Costituzione, riforme e legge elettorale” organizzato dai compagni del Forum democrazia, giustizia e diritti di SEL Firenze: l’incontro ha messo di fronte il prof. Rolando Tarchi (dir. costituzionale all’Univ. di Pisa) le senatrici Alessia Petraglia di SEL e Rosa Maria Di Giorgi del PD, Massimo Torelli di Alba, il giurista ed ex magistrato Rosario Minna e Marcella Bresci del Comitato per la Costituzione e Roberto Passini, animatore di Hyperpolis.it (purtroppo erano assenti esponenti del M5S, seppur invitati) in un momento cruciale per il dibattito su quei temi.
Siamo infatti arrivati ormai all’esplicito abbandono del contorto ed illegittimo procedimento di revisione “in deroga all’art. 138 della Costituzione” che, con modalità rapide e poco trasparenti, svolte soprattutto all’interno dell’apposito Comitato bicamerale (riedizione della Bicamerale di Berlusconi del 1994 e di D’Alema del 1998) avrebbe messo mano a ben 65 articoli della Costituzione fino a consegnarci una nuova Carta approvata dal parlamento meno rappresentativo della storia della repubblica.
La discussione ha sottolineato quasi unanimemente il pesante rischio corso e che la svolta è dovuta al dissenso verso il governo e ogni iniziativa di quella maggioranza da parte di Berlusconi e di Forza Italia e all’impossibilità di approvare il procedimento in deroga con la maggioranza dei 2/3 delle camere e pertanto all’alta probabilità di andare a referendum e allungare i temi di almeno un anno; ma non possiamo trascurare la mobilitazione di questi mesi contro la riforma iniziata il 2 giugno a Bologna e proseguita, tra assemblee ed appelli, attraverso la grande manifestazione di Roma del 12 ottobre e l’ultima raccolta di firme in vista della votazione che avrebbe dovuto tenersi dopo il 10 dicembre. Altra novità positiva, hanno valutato Tarchi, Petraglia e Corrado Mauceri, è stata la sentenza della Corte costituzionale del 3 dicembre sulla legge elettorale 270/2005, sentenza innovativa che ha anzitutto confermato l’ammissibilità del giudizio di costituzionalità su una legge elettorale (sinora sempre negata, ma lo spiraglio si era aperto con la sentenza della Corte di Cassazione che aveva appunto ritenuto che non si possano applicare le strettoie solite – che nel nostro sistema vietano il ricorso diretto al giudizio di costituzionalità – ad una legge come quella elettorale che consente che il diritto di chi ha agito davanti al giudice di merito sia ristabilito direttamente proprio dalla Corte costituzionale quando cancella la parte illegittima di quella legge e non necessiti di altre pronunce di merito). La Consulta ha quindi cancellato il premio di maggioranza e le liste bloccate e consegnato al nostro ordinamento una legge elettorale proporzionale con sbarramenti e possibilità di esprimere preferenze.
Sia il prof. Tarchi che tutti gli altri relatori hanno ribadito che il parlamento è formalmente legittimo perché la legge elettorale ha svolto le sue funzioni al momento delle elezioni quando era pienamente valida, ma certo la legittimazione politica a fare riforme è quasi svanita e si consiglia di non mettervi mano, specie perché sembra che i protagonisti della attuale maggioranza governativa non abbiano idea di che strada imboccare nemmeno nelle riforme residue, ma di grande rilievo e delicatezza, che riguardano ruoli e numeri di Camera e Senato (il bicameralismo perfetto, o differenziato, o il monocameralismo) e competenze di stato e regioni (il Titolo Quinto già manomesso nel 2001).

Ma il conflitto più esplicito è – e lo si è rilevato anche dall’intervento della senatrice del PD – sulla legge elettorale: il PD, specie ora che è guidato da Matteo Renzi, spinge per una legge maggioritaria, mentre sappiamo che il Nuovo centrodestra preferirebbe il proporzionale e il M5S sembra insistere per il Mattarellum (che probabilmente lo danneggerebbe, visto che arriverebbe terzo in gran parte dei collegi uninominali ); gli altri intervenuti rilevavano che una legge elettorale non può mirare a far fuori un partito e che il bipolarismo sottinteso dalla legge Mattarella o da altri modelli maggioritari non esiste più e che un proporzionale corretto rappresenterebbe più completamente l’elettorato, funzione sempre centrale del meccanismo elettorale, specie in una fase di crisi sociale ed economica.

Mi sento di auspicare, dopo aver coordinato quell’incontro e visto lo stato del dibattito, che non si ripropongano le stesse ragioni di contrasto e che prevalga l’obiettivo primario di rappresentare fedelmente l’elettorato, obiettivo che ha convinto la Consulta al decisivo “ritaglio” della legge Calderoli.
Si possono individuare certo sistemi proporzionali corretti che riducano la frammentazione e favoriscano (non impongano!) la formazione di maggioranze, ma senza stravolgere il meccanismo fino a produrre un maggioritario d’azzardo come era di fatto il Porcellum (tra premi e sbarramenti) ed anche la legge Mattarella: in questa legge infatti i collegi uninominali decidevano il 75% degli eletti ed impedivano di scegliere il candidato perché i candidati unici di ciascuno dei due schieramenti favoriti erano scelti dai partiti e l’alternativa a un nome era… cambiare schieramento, cioè diventare di destra se si era di sinistra o viceversa. In una realtà a tre poli la costrizione può dirsi forse più sfumata, perché le alternative sono due, ma resta una scelta ben misera… Il restante 25% era deciso sì dal voto proporzionale, ma su liste bloccate! Nessuno di questi sistemi garantisce governabilità (che dipende dalla qualità della politica e dalla forma di governo disegnata dalla Costituzione, se rispettata) e stabilità (la prova: i governi dal 1994 ad oggi sono durati in sequenza 9 mesi, 2 anni, 14 mesi, 4 mesi, 14 mesi, ecc.).
Pertanto penso che sia bene salvare la funzione primaria delle elezioni: formare un parlamento che rappresenti la nazione.

mercoledì 4 dicembre 2013

Dopo la sentenza di oggi 4 dicembre della Corte Costituzionale
- abbiamo una nuova legge elettorale, risultato della sentenza di oggi della C.Cost. che finalmente concede a sé di giudicare direttamente la conformità a costituzione di una legge elettorale, la novità è enorme. E benvenuta;
- se le camere fossero sciolte dal PdR prima che venga approvata una nuova legge, si andrebbe a votare con un sistema (salvo verifica delle motivazioni della sentenza di oggi) proporzionale con le preferenze e con gli sbarramenti previsti dal porcellum;
- il parlamento eletto è legittimo, ci mancherebbe altro (direi che la retroattività non possa invalidare i rapporti già definiti, in questo caso con la convalida degli eletti), ma non è legittimato politicamente a metter mano alla costituzione; e nemmeno a inventarsi una nuova legge elettorale che confligga con i principi che leggeremo presto nella sentenza (ma basterebbe leggere la costituzione, artt. 1, 3, 48, 67)
- gli eletti sono stati prescelti con procedimento poi giudicato illegittimo e le maggioranze sono determinate da un sistema pure giudicato incostituzionale
- la priorità oggi è dunque andare a votare al più presto, non fare una nuova legge elettorale che già c'è!!!
- se una nuova legge elettorale si vorrà fare dovrà essere in fretta e nel rispetto della Costituzione che, vedremo le motivazioni della sentenza, comunque impone il rispetto dell'uguaglianza del voto (art. 48) e della rappresentanza della volontà degli elettori (art. 1 e 67), quindi niente effetti distorsivi come il premio di maggioranza e niente liste bloccate
- Grillo vuole il Mattarellum, ma l'effetto premiale è simile, anche se diffuso, a quello del Porcellum; Franceschini chiede una nuova legge che dia stabilità (rieccola la stabilità).

Renzi ha già messo le mani avanti chiedendo il doppio turno; ma sarebbe questo parlamento a votare queste belle innovazioni, insomma: è senz'altro più coerente col sistema lasciare le cose come stanno e andare a votare senza aprire altri cantieri.
E chiudere subito quello della riforma costituzionale.

martedì 19 novembre 2013

Riforme, neoliberismo, sinistra. Giorni decisivi?

(mio articolo uscito su http://www.selfirenze.it/riforme-neoliberismo-sinistra-giorni-decisivi/ il 18.11.2013)

La votazione del Senato sulla decadenza di Silvio Berlusconi è diventata un’altra occasione di polemica e segue di poco il voto, sempre al Senato, che ha approvato con più di 2/3 dei membri il ddl costituzionale n. 813 di deroga all’art. 138 Cost.
In entrambi i casi sembriamo costretti a schierarci tra garantisti e giustizialisti, conservatori e riformatori, antiberlusconiani e benaltristi. Ma sfuggiamo alle letture stereotipate: proviamo a dirci con orgoglio riformisti e per la difesa e l’attuazione della costituzione, per il voto palese sulla decadenza e per la centralità del parlamento. Qualifiche e propositi tutt’altro che incompatibili. Con una sottolineatura: volere l’attuazione della Costituzione, oggi, vuol dire soprattutto opporsi all’austerità e al neoliberismo[1].
Partiamo dalla Costituzione, per importanza e perché il senso del ddl 813 è proprio tutto lì: intacca il nodo fondamentale della nostra Costituzione repubblicana, il suo essere più forte della legge ordinaria, il suo essere modificabile solo in parte (e per punti limitati) con un procedimento che consenta il dibattito pubblico, adeguata meditazione e ampie maggioranze[2]. Invece il Governo Letta ha investito tutto sull’opposto: una volta che il ddl 813 sarà approvato (dal 10 dicembre potrà essere votato in via definitiva dalla Camera) sarà insediato il Comitato bicamerale di 42 parlamentari che tradurrà in articolato la proposta dei saggi nominati arbitrariamente da Napolitano; dal Comitato uscirà quindi un testo che sarà discusso in modo spiccio nelle singole Camere, secondo un procedimento simile a quello riservato alle leggi di bilancio, e poi votato due volte ad intervalli ridotti (45 gg. invece che 90) da ciascuna camera. Pochi ricordano che non solo il procedimento di revisione è fissato dall’art. 138 (e cambiare una sessantina di articoli con una deroga al 138 sa davvero di golpe), ma anche che l’art. 72 Cost. impone che per le leggi costituzionali si segua il procedimento ordinario e vieta procedimenti diversi. Doppiamente incostituzionale, dunque, il proposito di Napolitano, garante della Costituzione. Una volta approvata la riforma dei saggi, poi, tornerà in pieno vigore l’attuale art. 138 Cost. (e quindi la riforma facilitata sarà difficile rimetterla in discussione!) e potremo festeggiare di aver rispettato il “cronoprogramma delle riforme” scritto da Napolitano e letto da Letta.
Ci ritroveremo così, se il blitz sarà riuscito, una Costituzione diversa nella forma di governo, nella composizione e poteri delle camere e dell’esecutivo, nelle competenze di stato e regioni, forse anche (conoscendo i fautori) nell’ordinamento della giustizia, oltre a una nuova legge elettorale. In breve: 1. il superamento del “bicameralismo perfetto” è cosa ampiamente condivisa, ma può essere fatto bene e male, aggiungere a questo la riduzione drastica dei deputati che effetti porterà alla rappresentanza? E quale legge elettorale la determinerà? 2. maggiori poteri all’esecutivo sono il banale refrain che ci portiamo dietro dagli anni ’80, cioè da quando l’esecutivo ha iniziato a prevalere, a danno del parlamento[3]; il rischio maggiore credo che sia rendere ancora più vincolata la maggioranza parlamentare ai desideri del capo del governo, azzerando la dialettica dei controlli e dei bilanciamenti di ogni sana democrazia (e quella francese, fascinosa ma iper – non semi – presidenzialista, soffre proprio di questo ed è continuamente messa in discussione)[4]; 3. il titolo Quinto merita una revisione, sembra che sarà in senso lievemente accentratore; 4. speriamo che non si tocchi la giustizia, ma novità che interessino la Costituzione dubito che possano riguardare l’efficienza, riguarderanno la sua indipendenza. Il tutto ad opera di un parlamento eletto con una legge che a dicembre la Corte costituzionale dirà per la terza volta dal 2005, in forma espressa o implicita, che è contraria alla costituzione. E per volontà di una maggioranza formata e guidata col determinante contributo di un pregiudicato che, secondo le leggi dello stato, è indegno di stare in parlamento. Forse il tarlo peggiore di questa legislatura è tutto lì: tentare di farci confondere le larghe intese con i Comitati di Liberazione Nazionale, o con l’alto compromesso dell’Assemblea costituente, o anche con il Compromesso storico mai realizzato, tradire lo spirito inclusivo e pluralista della Costituzione con un intento revisionista reazionario e disperato di un governo sostenuto da una minoranza esigua nel Paese; sottotraccia la volontà di puntellare un’azione governativa che non facendo quasi niente perpetua una politica economica e fiscale neoliberista che è fallimentare quanto iniqua. Per questo la manifestazione del 12 ottobre per la difesa e l’attuazione della Costituzione ha ragioni storiche e culturali essenziali per la nostra democrazia, per la nostra società; e quella piattaforma deve essere convintamente acquisita dalla sinistra per vedervi anche, in modo già esplicito o da esplicitare, il fondamento di una diversa politica dei diritti sociali ed economici, di una diversa regolazione dei rapporti economici fondamentali[5].
Veniamo alla questione della attesa decadenza di Berlusconi. La Giunta per le votazioni ha deciso il 30 ottobre che il regolamento del Senato, art. 113, richiede la votazione a scrutinio palese per questo tipo di decisione. Che debba votare il Senato lo dice l’art. 66 della Costituzione: “Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”. La sentenza della Cassazione che ad agosto ha condannato Berlusconi a quattro anni di reclusione e due anni (come stabilito due mesi dopo la Corte d’Appello di Milano) di interdizione dai pubblici uffici è appunto una “causa sopraggiunta” imposta da un giudice con sentenza definitiva.
La legge Severino non pretende di sanzionare in modo retroattivo un comportamento, ma di escludere dal Parlamento e da altre assemblee elettive chi abbia ricevuto condanne definitive ad almeno due anni di reclusione. Il Senato è chiamato ad applicare la legge Severino. Ogni votazione in Parlamento è palese (elettronica di solito, non a chiamata), salvo eccezione. Secondo il regolamento, come ha ben spiegato Massimo Villone già il 17 settembre scorso, cui basterebbe rinviare, il voto è sempre segreto (senza bisogno di chiederlo) quando è su persone, ma qui non è su persone perché riguarda i rapporti tra istituzioni Camere e Magistratura; può poi essere segreto, su richiesta, se riguarda la libertà personale del parlamentare (art. 13 Cost. ecc.), ma non è questo il caso, non si tratta di autorizzare all’arresto o alla perquisizione, ma di consentire o meno a B. di restare in Parlamento. Quella sentenza ha limitato la libertà personale di Berlusconi, la decisione del Senato applicherà solo il dettato della legge Severino. Tra qualche giorno si voterà, quindi, per preservare l’integrità del Senato che, per legge, non può essere composto da persone condannate in via definitiva: non ci sono appigli per giudicare questa scelta del voto palese come una violazione illiberale e limitativa di prerogative parlamentari[6] e non vorrei che ci facessimo distrarre dal fatto che il voto palese è difeso anche da chi vorrebbe cancellare il divieto del vincolo di mandato (art. 67 Cost.), principio questo ovviamente discutibile (lo criticavano Rousseau e Marx). La critica di Grillo, sappiamo, mira a rendere i parlamentari esecutori fedeli del volere di chi si vuole imporre come interprete autentico del volere del popolo, non certo degli elettori che – purtroppo o per fortuna – non hanno possibilità di vincolare i propri eletti[7]. L’indegnità di Berlusconi ha ricevuto già favori e sostegni vergognosi da parte della sua maggioranza, ricordiamolo, ma qui non si tratta di fargliela pagare, ma solo di affermare il principio di legalità nel luogo dove le leggi si scrivono.
Spunta ora (11 novembre) un’altra idea di Cronon, Gianni Letta re dell’emergenza: un decreto legge per approvare una… legge elettorale prima che si pronunci la Corte Costituzionale. Non se ne farà niente se anche Quagliariello è contrario, ma solo che venga l’idea che si possa con d.l. dettare le regole di formazione del parlamento, contro l’art. 72 Cost., contro la Corte costituzionale e contro principi davvero base dello stato di diritto non può che far gridare al golpe pensato che già è grave.
Allora il senso di questi giorni, in cui registreremo la decadenza del senatore Berlusconi e al contempo la formalizzazione del suo progetto di riforme risalente a vent’anni fa[8], sta nel monito che ci consegnano: finito (o quasi) il duce di Forza Italia, sono ben vive le forze e le norme che vogliono consolidare il governo neoliberista dell’economia e il conseguente sacrificio dell’impianto egualitario e pluralista della nostra democrazia costituzionale. Certo, questo appare il proposito essenziale del governo delle larghe intese. Ma ad una sinistra che voglia proporre un progetto sociale e culturale diverso non basta contrastare un’insegna, è necessario svelarne l’oggetto sociale, la funzione reazionaria delle larghe intese e contrastare chiunque se ne faccia portatore, sennò si limita a partecipare – fra l’altro da superfluo gregario – ad un gioco di potere.
Paolo Solimeno
Forum Democrazia giustizia diritti SEL Firenze
[1] “La costituzione è alternativa al liberismo e all’austerità” è proprio il titolo di un convegno organizzato a giugno a Firenze da tante associazioni e movimenti di difesa della costituzione con una inedita convergenza di giuristi, economisti, politici ecc. – http://www.syloslabini.info/online/appello-per-la-democrazia-della-nostra-costituzione-settimana-fiorentina-per-la-costituzione/
[2] Su questo, chiaro e non confutato dai “saggi”, Alessandro Pace http://www.costituzionalismo.it/articoli/444/
[3] “Non esiste affatto un problema di governabilità in Italia e negli altri paesi europei. I grandi poteri che oggi dirigono l’Europa riescono benissimo a far fare i “compiti a casa” ai governi ad essi sottoposti. Sono i popoli ad essere completamente privi di potere.” Raniero La Valle http://temi.repubblica.it/micromega-online/da-cossiga-a-jp-morgan-il-lungo-assedio-alla-costituzione-intervista-a-raniero-la-valle/
[4] Gianni Ferrara: “L’elezione diretta del governo elude la rappresentanza, la comprime, la dissolve nell’investitura del governo sostanzialmente immunizzandolo dalla responsabilità politica, che evapora nello spazio e nel tempo. Nello spazio, per l’enormità che lo allontana dal corpo elettorale. Nel tempo, per la distanza che separa una elezione politica da quella successiva. Un esercizio efficace degli strumenti predisposti per far valere la responsabilità politica da parte del Parlamento è d’altronde frustrato dalla disciplina di partito che collega strettamente maggioranza e governo. Soprattutto nei sistemi bipartitici o, peggio, bipolari. Quelli che, con effetti disastrosi per la credibilità della rappresentanza, mediante sistemi elettorali ad altissima distorsione vengono raccomandati o addirittura imposti per garantire la “governabilità” su http://www.costituzionalismo.it/articoli/439/
[5] “Governabilità… Si può dire, con sufficiente sicurezza, che si sia trattato e si tratti di una tecnica coattiva funzionale all’esecuzione di imposizioni derivanti da esigenze altre rispetto a quelle proprie dei sottoposti e per obiettivi non scelti da soggetti, istituzioni, organi che li deliberano.”  http://www.costituzionalismo.it/articoli/439/
[6] Fu ad esempio palese il voto sull’autorizzazione all’arresto di Lusi su pressante richiesta del PDL http://www.articolo21.org/2013/10/segreto-o-palese-do-you-remember-lusi/
[7] Tale constatazione ne porta un’altra: se i parlamentari fossero vincolati, in parlamento non si svolgerebbe alcuna discussione perché nessuno cercherebbe di convincere qualcuno che per legge non può cambiare opinione rispetto al mandato ricevuto ed è questo uno degli argomenti principali a sostegno del divieto di vincolo di mandato (cfr. Bernard Manin, Principi del governo rappresentativo, 2010, pag. 229).
[8] Scorrere il progetto della Commissione Speroni del 1994 è esercizio utile, vi sfido a cercare le differenze con la proposta dei “saggi” di oggi: http://www.camera.it/parlam/bicam/rifcost/dossier/prec08.htm

mercoledì 9 ottobre 2013

Napolitano sul carcere


Messaggio ineccepibile quanto intempestivo di Giorgio Napolitano. Sono dodici anni che non partivano "messaggi al parlamento" dal Quirinale.
Però è vero che la situazione è un'emergenza vecchia, ma pur sempre un'emergenza in cui si trovano a soffrire 67.000 persone titolari di diritti fondamentali come quelle fuori e che proprio a gennaio 2013 la Corte di Strasburgo (CEDU) ha minacciato sanzioni se entro un anno non si rimedierà alle pessime condizioni di detenzione, quindi quasi ci siamo. Allora che vadano avanti a trovare soluzioni radicali e durevoli, ricordandosi almeno che gli effetti dell'indulto del 2006 furono riassorbiti in meno di due anni, il 26% dei reclusi è tossicodipendente; 27.000 (!) sono lì per la legge Fini-Giovanardi sulle droghe; solo il 10% è lì per scontare una pena definitiva; il 36% sono stranieri; il 96% sono maschi, ecc. (v. istituto Cattaneo, Istat, clandestinoweb, ecc.).
Insomma, se ne parli, ma questa maggioranza non si troverà certo d'accordo per risolvere il problema del perché tanta gente subisce processi penali spesso laboriosi e costosi ed ENTRA in carcere senza aver commesso reati davvero lesivi di diritti di rango costituzionale, o per risolvere la storica inefficacia delle pene alternative alla detenzione; allora troverà solo il modo di mandar fuori chi ha da scontare pene lievi e tra qualche manciata di mesi saremo daccapo.  
E se con l'ennesimo provvedimento tampone si garantirà a Berlusconi di non scontare nemmeno una settimana di arresti domiciliari per condanne ricevute o avvenire non sarà un gran problema, ma le anime belle di Formigoni, di Alfano e via e via, che oggi scopriamo esser lettori di Beccaria da quando noi giocavamo con i soldatini, ce lo lasceranno dire che l'uguaglianza dinanzi alla legge, bella o brutta, in Italia è principio di incerta applicazione...
Qui il messaggio integrale:
 http://www.clandestinoweb.com/home-archiviazione/italia/120772-carceri-il-testo-integraledel-messaggio-di-napolitano/

I giornali sono ingiusti quando titolano "amnistia"?  Il succo è tutto lì, Berlusconi o 67.000 carcerati e altrettanti secondini in sofferenza. Il messaggio di Napolitano può apparire ingiusto bollarlo come invito all'amnistia, ma di fatto con questo parlamento provvedimenti di depenalizzazione o di radicale riforma delle tre leggi che più intasano il carcere (legge Fini-Giovanardi e Bossi-Fini e Cirielli, ovvero droga, immigrazione e recidiva) non sono certo alla portata. Allora l'unica cosa che si riuscirà a fare sarà un provvedimento di clemenza, l'amnistia, che ovviamente coinvolgerà anche Berlusconi, come sottrarlo? Quale ingiustizia? O anche se ingiustizia fosse, potremmo mai dire che abbiamo rinunciato all'approvazione del provvedimento da parte del PDL solo per tenere in ambascia un vecchietto, per quanto ricco? Ecco, allora: grillino no, perché messo alle strette preferisco una qualche soluzione che è obiettivamente urgente (come una decina d'altre cose...), ma non si può difendere Napolitano. Bisogna difendere la sua intelligenza e consapevolezza. Lui sta facendo politica, lui è la politica italiana, gli altri sono comprimari.Quello di Liana Milella mi sembra il commento più equilibrato, sarà perché scrive su Repubblica e deve moderare i toni se discute gli atti di Napolitano, sarà perché s'intende di questioni giudiziarie, sarà perché è una donna (talvolta aiuta)...
http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/10/09/il-rischio-della-chimera/?ref=HREA-1
Giuseppe Caputo a caldo ha scritto: "Sono decisamente contrario all'indulto e l'amnistia. Non risolvono i problemi di sovraffollamento: con l'indulto nel 2006 da 61.000 detenuti siamo scesi a 39.00, dopo circa 18 mesi erano di nuovo 60.000. Alimenta incertezza, allarme sociale e un senso impunità diffusa. L'unico rimedio possibile all'uso eccessivo del carcere è l'eliminazione delle leggi carcerogene che criminalizzano l'immigrazione, l'uso e la dipendenza dalle droghe, la prostituzione. L'indulto /eo l'amnistia sono un palliativo, la depenalizzazione è la cura..." E sono pienamente d'accordo.

mercoledì 28 agosto 2013

Siria, un'altra guerra senza prove, senza obiettivi, senza fine.

Senza pensare di dirvi cose nuove, quasi come uno sfogo dinanzi alle menzogne dei guerrafondai USA, UK, F, segnalo l'editoriale-appello di Boylan su Peace-link:http://www.peacelink.it/editoriale/a/38978.html
Il governo, Mauro e soprattutto Bonino, e`contrario all'intervento, ma l'Italia è quasi inutile: solo le basi potrebbero servire per l'attacco, ma sono molto più vicine quelle turche. Fra l'altro la Turchia è una delle cause della guerra civile siriana repressa così duramente da Assad perche` sostiene da tempo i ribelli.


Al solito manca un'informazione seria e un pluralismo internazionale: gli USA stanno creando le ragioni del conflitto in un grottesco palleggio tra Pentagono e Casa bianca e giornali più allineati, WSJ ad esempio. L'evidenza dell'inganno, molto simile a quello organizzato per scatenare la seconda guerra all'iraq, sta nella richiesta insistente del governo Usa all'intelligence di portare prove convincenti.

Sull'impossibilità di creare un "dopo Assad di pace" dice qualcosa di interessante Roy intervistato stamani 28.8 sul Corriere (copio dalla sintesi della rass. stampa di www.Reset.it):
"Il politologo ed islamologo francese Olivier Roy, intervistato dal Corriere, illustra le fratture tra sciiti e sunniti e quelle createsi all’interno dello stesso mondo sunnita: “All’inizio esisteva un’opposizione comune politica all’Iran, considerato il nemico numero uno per la sua volontà di imporsi come grande potenza geostrategica e i suoi appelli alle piazze arabe a rivoltarsi contro i loro regimi, dal Bahrain all’Iraq. Ma la creazione di un asse comprendente sciiti e ‘cripto-sciiti’, come gli alauiti in Siria, ha trasformato l’opposizione tra arabi e persiani in una guerra tra fedi dell’Islam, con la nascita di un asse sunnita. Da geopolicia la guerra è diventata religiosa, e tutti gli sciiti ora sono sospettati dai sunniti, anche in Iraq e in Bahrain dove non sono particolarmente filoiraniani. Teheran resta l’arcinemico, ma il contesto è cambiato”. Perché all’asse sunnita si è unita la Turchia? “La Turchia prima si interessava solo all’Europa, ma l’arrivo al potere dell’Akp di Erdogan e il rifiuto dell’Europa ad accoglierla hanno portato Ankara a riposizionarsi sul Medio Oriente. Ha approfittato delle Primavere arabe per sostenere i Fratelli musulmani in vari Paesi sperando in un suo ruolo di leadership nella regione, per ora fallito con la caduta di Morsi. Ma la Turchia è ormai entrata in gioco a fianco degli altri poteri sunniti”. Sulle divisione nel fronte sunnita anti-Assad Roy spiega: “Se l’asse formato da Iran, Siria, Hezollah libanese è solido, quello opposto è estremamente fragile. Turchia e Qatar appoggiano la Fratellanza, combattuta invece dall’Arabia saudita che a sua volta sostiene i salafiti. I liberali non vogliono né Fratelli né salafiti. L’unico elemento in comune è l’opposizione ad Assad e al suo sponsor, l’Iran. Ma la rivalità per la leadership regionale è forte soprattutto tra Arabia e Turchia”. Ma per Roy “gli occidentali non hanno strategia, rispondono colpo su colpo, come è stato in Libia. Nemmeno i russi, contrari ad un intervento, hanno una visione precisa. Questo lascerà le decisioni ai poteri e alle forze locali, tra loro divise e con elementi jihadisti. Un fatto rischioso, come abbiamo visto in Libia. E con la Siria i pericoli sono maggiori: possono restar coinvolti il Libano, la Giordania, l’Iraq. Teheran potrebbe reagire colpendo i punti deboli dell’asse sunnita, con attentati in quei Paesi e nel Golfo”.


Qui invece la posizione di Carla Del Ponte, sempre il 28.8.2013:
http://informare.over-blog.it/m/article-119719859.html


Qui un servizio di Russia Today secondo cui le armi chimiche sarebbero state trovate in tunnel dei ribelli siriani
http://www.youtube.com/watch?v=rUW_oFufU-Y



venerdì 28 giugno 2013

Presunzioni colpevoli


Sono umano e me ne vanto

(dico sempre agli animali

senza riso e con il pianto

che si credono a noi uguali),



ma ci sono per dispetto

messi al mondo senza avviso

tipi umani da rigetto

che gli spùteresti in viso.



Farne i nomi è da querela

ma diciamola in segreto,

nostra piccola sequela

ritmata da un bel peto:



son Ferrara e lo Storace e

Santanché che par mordace

poi Farina il giornalista

sta sicuro nella lista



ci va pure il vecchio Letta

Ghedini spicca per livor

come La Russa per afror

ché di rabbia fe' Brunetta,



ma il più grosso dei bestioni

ride a leggi, modi e scranni

è il gran stronzo Berlusconi:

o s'arresta o farà danni.



Non finisce qui la lista

ché s'allunga spero ancora

sarò solo l'apripista

d'un giochetto lungo un'ora.

giovedì 30 maggio 2013

Dovrei essere vegetariano

Mangiare, a primavera nel Monferrato, cruda della carne macinata, poi insaccati, poi tornare alla carne cruda, per quanto si annaffi tutto con del buon vino rosso - Barbera, Bolgheri, Etna, Nebbiolo - e si parli con altri compagni di crudeltà che il vino apprezzano e l'abbinamento con quelle carni, non può non farti venire in mente il cannibalismo, attraverso l'immedesimazione nel corpo una volta vitale, seppur imprigionato, che quella carne uccisa, dissanguata e macellata e trasportata e conservata e preparata, magari cotta o salata o marinata, una volta portava addosso per procurarsi movimenti stanchi in luoghi angusti di prigione. Perché cannibale non può dirsi solo chi si cibi - per diletto o per necessità - di carni sottratte a individui della sua stessa specie, non solo perché tale ristretta definizione è frutto di una scelta culturale che ha delle ragioni, ma non è universalmente accettata nemmeno all'interno della nostra stessa specie, ma anche perché fra esseri sostanzialmente uguali ed esseri simili c'è una differenza che consideriamo di genere a ragione se si tratta di conversare, ma forse se si tratta di soffrire, di salvarsi o di soccombere, c'è una differenza solo di grado che può far preferire l'uguale al simile in caso di scelte estreme (chi salvare con l'ultimo posto sulla scialuppa del naufragio, l'umano sconosciuto o l'animale domestico?), ma non dovrebbe suggerire la soppressione del simile se non vi è alcuna necessità.
Non posso evitare il pensiero dei pochi bovi che ho fissato negli occhi, di come paiano proteggere la scarsità di pensieri col battito cadenzato e lento delle grandi palpebre, di com'è vero che noi uomini siamo ben più vivaci di pensiero, ma non sempre, non per tutti e non per tutta la vita, soprattutto: nessuna autogiustificazione è capace di cancellare l'idea che quello sguardo animale somigli allo sguardo stanco di mia madre che, già vecchia e colpita da un'ischemia che ancor più ne aveva impoverite le capacità mentali, cerca il mio, ma che nulla sa dire, né con l'espressione del volto, né indicando qualcosa con la traiettoria della pupilla, né a gesti. Ella ha in questi giorni lo stesso sguardo di un bove mansueto, se le fo una domanda semplice credo che capisca, ma non sa elaborare una risposta, o non la sa profferire, e si limita a chiudere gli occhi per poi riaprirli, qualche secondo dopo, sperando forse di trovare una relazione meno complicata, meno esigente e continuare a succhiare il liquido che le offro da una cannuccia. Quella povertà di vita ci scaraventa forse ad un livello inferiore di dignità e di diritto a vivere? Aver perso la capacità di comprendere, ma non tanto quanto quella di comunicare, vivere quindi con una capacità di percezione ancora completa in relazione ai nostri sensi e agli eventi che interessano il nostro corpo e l'ambiente circostante, ma del tutto insoddisfacente per una vita di relazione, cosa lascia sopravvivere del nostro statuto di cittadini, di titolari del diritto alla vita e a vivere dignitosamente? Tutto, riteniamo, quando definiamo il diritto alla vita e alla salute. Pertanto forse, se non vogliamo stabilire graduatorie fra umani, dovremmo elevare gli animali al rango di nostri simili, non c'è bisogno di assicurare loro prestazioni che non li rallegrano - come il cappottino di burberry o la cuccia riscaldata o l'accesso alle spiagge - basta evitare di sterminarli dopo averli fatti vivere nella più estrema sofferenza: tra il campo di sterminio degli allevamenti intensivi e l'albergo di lusso per cani dobbiamo ancora trovare il giusto grado di comfort per esseri non uguali a noi, ma in cui senza alcuno sforzo possiamo riconoscere qualcosa di noi.
P.S., Asti, 27 maggio 2013

giovedì 16 maggio 2013

Sette giorni

In fondo tutti gli elementi delle nostre riflessioni esistono solo come nostra creazione, ovvero l'universo - ben presente anche senza l'uomo - lo percepiamo solo in quei pochi aspetti, maschere che la nostra natura ci permette di comprendere, o immaginare.
Mi torna in mente Shakespeare, Amleto atto II, sc.2 (ripreso da Jerzj Stuhr in Sette giorni, ma mi garantisco che alla grossa me lo ricordavo già) "Che opera d'arte è l'uomo! ... Come somiglia a un angelo, per le azioni, e a un dio per la facoltà di discernere! E' la bellezza del mondo e il paragone degli animali!"
Somigliamo agli angeli e agli dei, nostre felici creazioni, e loro somigliano a noi, così care presenze in un universo altrimenti in gran parte estraneo ai nostri sensi, e quanto ai sentimenti capace di commuoverci solo con la minaccia di distruzione o con la poetica che - generosità interessata, committenti di noi stessi - gli costruiamo addosso.

martedì 7 maggio 2013

la stazione di Firenze S.M. Novella
lungo i Fori Imperiali, Roma

Intese formato XXXL

Le grandi intese del 2013 non segnano solo un tradimento degli elettori da parte degli eletti (invero piu' della sinistra che della destra), ma il migrare della dialettica fra diverse culture politiche e interessi dal parlamento al governo. Quindi verso un luogo che rispetto a quello naturale e' piu' segreto, semplificato, esiguo, elitario, immediato, aprocedurale, insondabile, personalistico.
In una parola: meno democratico.
La stessa sottrazione di potere al parlamento e' tentata con la proposta di una Convenzione per le riforme costituzionali che elaborerebbe una ampia modifica che il parlamento non potrebbe nemmeno discutere ed emendare, ma solo approvare o respingere.
 non bastera' firmare appelli perche' stavolta non si vedono piu' conflitti impersonati da soggetti collettivi all'apparenza convinti, ma solo un diffuso stordimento da stato di necessita'. Insomma, credo che non basti ... agitarsi, bisogna mettersi proprio d'impegno, rifondare, mettersi in discussione 
 ... senza nascondere che era già quasi successo con Monti (che però impegnava a metà i partiti sostenitori) e con la riduzione della rappresentatività del parlamento. Comunque l'ipotesi detta a chiare lettere di una costituente non eletta che elabora una nuova costituzione che il parlamento approva senza metter parola è da barricate in piazza.
Convinto appello contro la Convenzione viene da Alessandro Pace quale presidente dell'Associazione nazionale Salviamo la Costituzione (pubblicato anche su repubblica del 6.5.2013)  http://www.astrid-online.it/Dossier--r/Rassegna-s/Pace_repubblica_6_5_13.pdf
 ma ancor prima da Stefano Rodotà che ha denunciato l'idea come "pericolosissima" e ha rifiutato l'invito di Gennaro Migliore a presiederla (invito che spero sia stato solo provocatorio contro l'autocandidatura di Berlusconi) 
http://www.corriereweb.net/terza-repubblica/122-convenzione-per-le-riforme-quagliariello-berlusconi-pd-video-rodota

sabato 4 maggio 2013

Fermiamo la Convenzione di Letta e Berlusconi

Un invito a firmare e diffondere questo appello contro la Convenzione per le riforme e a favore di una nuova legge elettorale.
La sciagurata Convenzione fa parte, secondo me, di un patto scellerato e da denunciare per almeno due motivi: l’approvazione di una legge elettorale conforme alla Costituzione non implica, ovviamente, alcuna riforma costituzionale! 
E collegare la tenuta della maggioranza governativa all’approvazione di riforme contrarie alla Costituzione è il peggior ricatto preparato da una destra eversiva che cerca di conformare a sé l’assetto istituzionale.
http://www.economiademocratica.it/?p=1210
 

Dal PCI al PDL

...dalla Costituente alla Convenzione, da Togliatti a Berlusconi.
Da tempo si dice che l'ontogenesi ricapitola la filogenesi.
Poi è arrivato Napolitano e l'ha dimostrato.

domenica 21 aprile 2013

"Colpo di stato contro Piazza vociante?"

E' una semplificazione, ma vedo che la si usa per denigrare gli uni e gli altri. Invece il problema di un'elezione del PdR contrastata, anche se da una minoranza, si presenta in modo non banale: la conferma di Napolitano contiene almeno due segni preoccupanti:
1) - proroga il commissariamento della politica confermando di fatto (sia nei sostenitori in parlamento, sia nell'opera dei saggi) il governo Monti che era a tutti gli effetti un "governo del presidente": è troppo dire che si vuole evitare che vada al governo almeno un po' di sinistra? Che l'Europa che salva le banche e affossa il welfare garantendo la recessione e l'ingiusta distribuzione delle risorse festeggia con una maggioranza montiana anche per il 2013 e magari il 2014...?
2) - si sceglie (e si preferisce, il verbo impersonale nasconde un po' di PD e Napolitano) un sostegno da parte di Berlusconi e compagni rispetto ad un sostegno da parte di sinistra e cinquestelle: qui si svela la ormai inaccettabile connivenza di buona parte del PD e di tutto Monti con i golpisti del centrodestra, un centrodestra alternativo ai principi della democrazia costituzionale. A cosa serve che la Costituzione sia sopra la legge ordinaria se la si affossa in nome delle larghe intese (cioè per seguire l'indirizzo politico contingente che proprio la Costituzione dovrebbe contenere entro confini validi per ogni stagione) e se questo intento è promosso proprio dal PdR, che della Costituzione dovrebbe essere garante?
Per questo secondo me non andava confermato Napolitano, anche se magari tra un anno scioglierà le camere e si dimetterà. Che fretta c'era di eleggere un presidente alla sesta votazione? Cosa si temeva?
Ora sarà difficile non confondere PD e PDL, sarà difficile trovare il modo di far dialogare M5S e sinistra e quel che si formerà. 

Perché in questo Paese è difficile capirsi, i più fingono di non essere il mostro che vedono nell'altro.

mercoledì 27 marzo 2013

Di male in peggio. In Italia non si fanno rivoluzioni, ma solo controriforme (ovvero: o Grillo o democrazia)

Ammettiamo che la destra nuova, quella nata negli anni '90, con Fiuggi e Arcore, è stata ed è dichiaratamente anticostituzionale ed ha aggravato le tendenze autoritarie delle democrazie dominate dai mass-media. Ammettiamo anche che la sinistra da trent'anni ha lavorato a stravolgere la democrazia dando l'esempio, partendo dall'esaltazione culturale e legislativa dell'esecutivo, approvando leggi elettorali che mortificavano il ruolo degli elettori e delle assemblee elettive, favorendo la personalizzazione della politica, ecc.
 
Ora arrivano i nuovi, dai tratti qualunquisti che gridano contro la partitocrazia, ma cosa hanno proposto sinora, oltre ad un condivisibile disprezzo per il malaffare e la corruzione che foraggia inetti? Un esaltato e maniacale assalto ai costi della politica, quasi insignificanti rispetto alle dimensioni e all'urgenza della crisi economica. Un governo che affronti appunto la crisi economica con ottica diversa dall'austerità di Monti rischia di fallire in nome di purezze d'intenti anticastali.
 
Ma il segno più preoccupante lo hanno dato in questi mesi Grillo e Casaleggio (non tanto gli eletti del M5S, quindi) preludendo ad una vera e propria involuzione autoritaria. E l'elenco dei "contributi" della setta M5S alla democrazia si allunga:
- organizzazione dittatoriale del partito
- primarie improvvisate su social network
- avversità al mandato non imperativo
- avversità al voto segreto
- derisione di ogni altra parte politica
- sostegno solo di un governo proprio, col 100% dei consensi
- disprezzo delle istituzioni
- disprezzo di ogni organo di informazione e di ogni opinione, salvo il megafono impugnato dal leader e gli hadit del profeta Beppe Muhammad Grillo
- gli incontri di trattativa politica in diretta streaming, e non è trasparenza, è vanteria (di intransigenza e fanatismo) e sudditanza (al controllore massimo Grillo)

Forse quello che davvero manca nelle teste di Grillo e Casaleggio, ma temo anche in quelle di alcuni loro sostenitori, è cultura democratica e laicità. Alla luce di queste risorse essenziali di una comunità le loro posizioni risulterebbero subito ridicole e insostenibili, come lo sono quelle di ogni setta di fanatici con cui non si può mai ragionare, ma che bisogna solo ascoltare. 
Ci sarà già chi dice che chiamare setta un movimento che vuole scardinare la partitocrazia denuncia già la malafede e la supponenza dell'accusatore, ma è facile rispondere che l'effetto destabilizzante in sé non è che benvenuto, quello che dispiace e addirittura inquieta è il fatto che milioni di persone riescano a muoversi con gli stessi impulsi e modalità delle coppie di predicatori che annunciano l'avvento, con la stessa stolida sicumera dei predicatori che hanno scoperto la verità e se ne fanno latori, e soprattutto si occupano - mentre l'Italia sta fallendo - della moralizzazione degli abitanti di un parlamento senza più poteri come se fosse il tema centrale e vitale e attuale solo perché qualche profeta infallibile così disse anni fa e guai a chi lo nega. 
Tempi duri.

domenica 10 marzo 2013

Partiti e Spartiti

Come già berlusconi dal 1994 (o dal 1978) col mezzo ormai vecchio della TV (e quello ancor più vecchio della Mafia), secondo me Grillo-Casaleggio non sono un'isola, ma furbi anticipatori dell'evoluzione informatica della democrazia, della discussione della comunità. Evoluzione che non può essere evitata, ma di cui dovremmo prendere (cogliere, favorire) il meglio: le stesse richieste di informazione, rispetto delle minoranze, trasparenza, conoscenza tempestiva delle proposte, conoscenza dei processi deliberativi che si fanno oggi - e da anni - ai partiti "tradizionali", applicati al partito virtuale significano la costruzione di una rete che davvero discute e partecipa, si informa e decide. 
Quello che hanno messo sù Grillo e Casaleggio mi sembra - non ho certo studiato granché, ma le vicende intorno a queste elezioni lo lasciano pensare - invece una cassa di risonanza a un progetto studiato a tavolino. Il contrario della partecipazione. 
Applicato il sistema plebiscitario ai meccanismi della democrazia rappresentativa nascono attriti difficili da risolvere, ma se il limite è vecchio e lo soffrono tutti i partiti sulla piazza: resistenza a mettere in discussione il progetto dei leader, volontà anzi di garantirsi la indiscutibilità di ogni decisione futura; la soluzione è semplice: mettersi in discussione, accettare il confronto, aprire in ogni passaggio cruciale, se viene chiesto da una quota di iscritti, un periodo di discussione e giungere ad una decisione della base o di un qualche organismo previsto. 
Se sarà questa l'evoluzione del Movimento cinque stelle sarà difficile resistergli, ma così com'è credo che farà nascere contrasti interni pesanti, oltre che danni enormi a questa delicata fase della democrazia. Se farà quest'evoluzione diventerà davvero difficile per gli altri partiti non seguire l'esempio di apertura e trasparenza e accessibilità. 
Invece si può configurare un'evoluzione opposta: la richiesta di adeguare i meccanismi della democrazia rappresentativa a queste pretese ancora acerbe - almeno all'apparenza, anche se probabilmente già furbamente calcolate - a queste implicite richieste della democrazia dei blog, dei social-network. 
Il meccanismo che davvero azzera i partiti, la rappresentanza e il pluralismo è la combinazione, credo, fra presidenzialismo plebiscitario e (apparente) democrazia diretta: il capo fa proposte blandendo il popolo, ottiene facilmente il consenso e poi fa quello che gli pare. 
Non sarà male considerare le proposte di riforma della Costituzione, o anche solo di nuova legge elettorale nazionale, alla luce di questa probabile evoluzione dei partiti, o anche solo dell'affermazione del Movimento di Grillo.

sabato 9 marzo 2013

Frenzy...

- che situazione di merda
- poteva andare peggio?
- poteva vincere berlusconi
- no, si poteva tornare alle urne
- ah, ma in quel caso si rifarebbero le primarie
- e vincerebbe renzi
- poteva andare peggio.

domenica 3 marzo 2013

Vincitori

Ora tutti a parlare di TERZA repubblica senza aver capito un tubo della Prima.
1. il partito tradizionale è finito, si va in parlamento con un tweet e 22 mi piace
2. i ladri che promettono condoni hanno uno zoccolo duro sul 25% e talvolta vincono
3. la sinistra parla a poche persone e non ha la forza (spesso nemmeno la convinzione) di difendere un modello di democrazia purtroppo in declino
4. siccome siamo in crisi economica nera avremo un governo col M5S che si occuperà d'altro (cose urgenti, ma ridicole rispetto al fallimento, come corruzione, l.elettorale e carcere).

26.2.2013

"Indignez vous" - adieu à Stéphane Hessel

http://www.lemonde.fr/disparitions/article/2013/02/27/mort-de-stephane-hessel-a-l-age-de-95-ans_1839458_3382.html

Due di noi

- dai retta, con Renzi avreste vinto
- no, con Renzi avrebbe vinto Renzi
- retorica!... Perché con Bersani "vince il popolo"?
- no, però perdiamo tutti insieme e vediamo cosa fare
- si, fare pace con Grillo, siete dei voltagabbana!
- no, guarda che è Grillo che svolta, i suoi li ha messi tutti dentro e tra dieci giorni comincerà a dire che ormai sono infettati dalla "kasta"
- non si salva nessuno?
- Berlusconi: non avrà né galera né responsabilità di governo, alla sua età è il massimo. 

- Dici che se lo paragoniamo ad Andreotti si offende?

Libertà da Grillo e democrazia

Beppe Grillo ora - 3 marzo 2013 - mette sotto attacco anche l'art. 67 Cost.
Liquidarlo per attacco interessato, per il timore che i "suoi" eletti lo lascino richiamati dal senso di responsabilità o dall'ambizione di governare e realizzare qualcosa, è sin troppo facile.
Del resto dx e sx hanno fatto di molti altri articoli carta straccia: ad es. 11 (guerre a go-go) e 33 (finanziamento alle scuole private), art. 77 (decreti legge altro che necessarii e urgenti)...
Che ne pensa il M5S di queste norme? E' favorevole alla prassi che le ha sostanzialmente cancellate?
Che ne pensa della riforma dell'art. 41 che vuole la destra?
Però il segno di questo attacco di Grillo al "senza vincolo di mandato" dell'art. 67 non va trascurato: non c'entrano nulla De Gregorio o Scilipoti, l'autonomia del deputato tutela il Parlamento ancor prima del parlamentare. Pensare che vada contro gli elettori (o contro i partiti personali che organizzano il consenso) è una semplificazione pericolosa: Gaetano Azzariti notava in un saggio in merito del 2008: "
... Più corretto appare allora ribadire la doppia valenza della garanzia di cui all’articolo 67 Costituzione: da un lato a favore del singolo rappresentante, il quale può far valere la sua autonomia dal rappresentato, ed ora anche dagli altri soggetti (i partiti) partecipi del circuito della rappresentanza; d’altro lato a favore dell’organo rappresentativo, non limitato nella sua “sovranità” da soggetti esterni in grado di impedirne decisioni o funzioni. Una doppia valenza garantista che – privata del suo valore esclusivamente individualista - non può essere letto in funzione necessariamente antagonista rispetto alle esigenze di natura democratica e sociale, neppure se esse si manifestano entro il sistema della rappresentanza nelle forme di condizionamento della “libera” volontà del rappresentante..." http://www.astrid-online.it/--il-siste/Studi--ric/AZZARITI_AIC2008.pdf
Stamani gli eletti del M5S inneggiavano al parlamento che finalmente sarebbe tornato in mano ai cittadini: l'iniziativa rasserena, purché non la si legga come occupazione, ma come avvio di una ripresa di una fiducia nelle istituzioni che passa anche dall'art. 67 Cost.

martedì 22 gennaio 2013

Come sopravvivere al redditometro

Difficile se ci si intestano yacht e suv e si vola spesso. Consiglio di consumare beni e servizi non tracciabili come libri, musica, incisioni, acquarelli, biglietti del cinema e del teatro e dei musei e degli scavi archeologici, viaggi in treno pagati in contanti, cene pagate in contanti e viaggi casual senza prenotazioni, biciclette, monopattini, giacche di tweed made in GB, giacche di fustagno made in I, pecorino sardo, mozzarelle di bufala campana, cravatte di Marinella e scarpe di Mannina e, se vi resta qualcosa, mandatelo a me per ringraziarmi di avervi migliorato la vita.

gli F35 fanno cilecca

... c'è un F35 caduto su i' ggreto dell'Arno, sarà stata la grandine. In Iran non grandina mai, sembra, sicché 'un ciavéan pensato.
Peccato, pensare che bastava quanto costa un'ala per mettere in sicurezza questa specie di fiume...

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-12-13/canada-rinuncia-cacciabombardieri-125735.shtml?uuid=Abw17gBH

venerdì 11 gennaio 2013

smart

si può essere belli, belle in vario modo, ma che tenerezza in un giorno di pioggia sperimentare le espressioni di una bellezza indiscutibile e riconosciuta felice di essere apprezzata perché intelligente, brillante e generosa, una bellezza al quadrato, kalòs kai agatos... (lasciatelo dire a un diversamente bello)

mercoledì 2 gennaio 2013

"Né di destra, né di sinistra"

"né di destra né di sinistra..." (Mario Monti)
...mah... non può non venirci in mente quanto diceva Norberto Bobbio (ce lo ricordava Michelangelo Bovero, suo allievo, in un convegno di qualche anno fa promosso da Roberto Passini e altri) sul Partito Popolare, il partito dei cattolici, nato e morto in pochi anni fra il 1919 ed il 1925, che pure aveva rivelato al suo primo presentarsi alla ribalta della scena politica una impensata forza elettorale: anch’esso era un partito inventato ed ottenne cento deputati alle elezioni del ’19 ed aveva occupato
“uno spazio ampio e dai contorni abbastanza precisi nello schieramento dei partiti prefascisti presentandosi insieme come antiliberale e antisocialista e ponendosi quindi fra liberali e socialisti come terza forza come partito interclassista e centrista” (Bobbio)
Ma con la dizione "partito antiliberale e antisocialista" i liberal-socialisti allora indicavano semplicemente... il fascismo!