La giusta legge elettorale: dibattito del 13 dicembre 2013
Lo
scorso 13 dicembre si è tenuto a Firenze il convegno su “Costituzione,
riforme e legge elettorale” organizzato dai compagni del Forum
democrazia, giustizia e diritti di SEL Firenze: l’incontro ha messo di
fronte il prof. Rolando Tarchi (dir. costituzionale all’Univ. di Pisa)
le senatrici Alessia Petraglia di SEL e Rosa Maria Di Giorgi del PD,
Massimo Torelli di Alba, il giurista ed ex magistrato Rosario Minna e
Marcella Bresci del Comitato per la Costituzione e Roberto Passini,
animatore di Hyperpolis.it (purtroppo erano assenti esponenti del M5S, seppur
invitati) in un momento cruciale per il dibattito su quei temi.
Siamo infatti arrivati ormai all’esplicito abbandono del contorto ed
illegittimo procedimento di revisione “in deroga all’art. 138 della
Costituzione” che, con modalità rapide e poco trasparenti, svolte
soprattutto all’interno dell’apposito Comitato bicamerale (riedizione
della Bicamerale di Berlusconi del 1994 e di D’Alema del 1998) avrebbe
messo mano a ben 65 articoli della Costituzione fino a consegnarci una
nuova Carta approvata dal parlamento meno rappresentativo della storia
della repubblica.
La discussione ha sottolineato quasi unanimemente
il pesante rischio corso e che la svolta è dovuta al dissenso verso il
governo e ogni iniziativa di quella maggioranza da parte di Berlusconi e
di Forza Italia e all’impossibilità di approvare il procedimento in
deroga con la maggioranza dei 2/3 delle camere e pertanto all’alta
probabilità di andare a referendum e allungare i temi di almeno un anno;
ma non possiamo trascurare la mobilitazione di questi mesi contro la
riforma iniziata il 2 giugno a Bologna e proseguita, tra assemblee ed
appelli, attraverso la grande manifestazione di Roma del 12 ottobre e
l’ultima raccolta di firme in vista della votazione che avrebbe dovuto
tenersi dopo il 10 dicembre. Altra novità positiva, hanno valutato
Tarchi, Petraglia e Corrado Mauceri, è stata la sentenza della Corte
costituzionale del 3 dicembre sulla legge elettorale 270/2005, sentenza
innovativa che ha anzitutto confermato l’ammissibilità del giudizio di
costituzionalità su una legge elettorale (sinora sempre negata, ma lo
spiraglio si era aperto con la sentenza della Corte di Cassazione che
aveva appunto ritenuto che non si possano applicare le strettoie solite –
che nel nostro sistema vietano il ricorso diretto al giudizio di
costituzionalità – ad una legge come quella elettorale che consente che
il diritto di chi ha agito davanti al giudice di merito sia ristabilito
direttamente proprio dalla Corte costituzionale quando cancella la parte
illegittima di quella legge e non necessiti di altre pronunce di
merito). La Consulta ha quindi cancellato il premio di maggioranza e le
liste bloccate e consegnato al nostro ordinamento una legge elettorale
proporzionale con sbarramenti e possibilità di esprimere preferenze.
Sia il prof. Tarchi che tutti gli altri relatori hanno ribadito che il
parlamento è formalmente legittimo perché la legge elettorale ha svolto
le sue funzioni al momento delle elezioni quando era pienamente valida,
ma certo la legittimazione politica a fare riforme è quasi svanita e si
consiglia di non mettervi mano, specie perché sembra che i protagonisti
della attuale maggioranza governativa non abbiano idea di che strada
imboccare nemmeno nelle riforme residue, ma di grande rilievo e
delicatezza, che riguardano ruoli e numeri di Camera e Senato (il
bicameralismo perfetto, o differenziato, o il monocameralismo) e
competenze di stato e regioni (il Titolo Quinto già manomesso nel 2001).
Ma il conflitto più esplicito è – e lo si è rilevato anche
dall’intervento della senatrice del PD – sulla legge elettorale: il PD,
specie ora che è guidato da Matteo Renzi, spinge per una legge
maggioritaria, mentre sappiamo che
il Nuovo centrodestra preferirebbe il proporzionale e il M5S sembra
insistere per il Mattarellum (che probabilmente lo danneggerebbe, visto
che arriverebbe terzo in gran parte dei collegi uninominali ); gli altri intervenuti
rilevavano che una legge elettorale non può mirare a far fuori un
partito e che il bipolarismo sottinteso dalla legge Mattarella o da
altri modelli maggioritari non esiste più e che un proporzionale
corretto rappresenterebbe più completamente l’elettorato, funzione
sempre centrale del meccanismo elettorale, specie in una fase di crisi
sociale ed economica.
Mi sento di auspicare, dopo aver
coordinato quell’incontro e visto lo stato del dibattito, che non si
ripropongano le stesse ragioni di contrasto e che prevalga l’obiettivo
primario di rappresentare fedelmente l’elettorato, obiettivo che ha
convinto la Consulta al decisivo “ritaglio” della legge Calderoli.
Si possono individuare certo sistemi proporzionali corretti che riducano
la frammentazione e favoriscano (non impongano!) la formazione di
maggioranze, ma senza stravolgere il meccanismo fino a produrre un
maggioritario d’azzardo come era di fatto il Porcellum (tra premi e
sbarramenti) ed anche la legge Mattarella: in questa legge infatti i
collegi uninominali decidevano il 75% degli eletti ed impedivano di
scegliere il candidato perché i candidati unici di ciascuno dei due
schieramenti favoriti erano scelti dai partiti e l’alternativa a un nome
era… cambiare schieramento, cioè diventare di destra se si era di
sinistra o viceversa. In una realtà a tre poli la costrizione può dirsi
forse più sfumata, perché le alternative sono due, ma resta una scelta
ben misera… Il restante 25% era deciso sì dal voto proporzionale, ma su
liste bloccate! Nessuno di questi sistemi garantisce governabilità (che
dipende dalla qualità della politica e dalla forma di governo disegnata
dalla Costituzione, se rispettata) e stabilità (la prova: i governi dal
1994 ad oggi sono durati in sequenza 9 mesi, 2 anni, 14 mesi, 4 mesi, 14
mesi, ecc.).
Pertanto penso che sia bene salvare la funzione primaria delle elezioni: formare un parlamento che rappresenti la nazione.
Nessun commento:
Posta un commento