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mercoledì 28 dicembre 2016

Spazio al tempo


Se è vero che Albert Einstein nella teoria della relatività generale ha immaginato la coincidenza del campo gravitazionale con lo spazio, pensando quindi che il campo gravitazionale non sia diffuso nello spazio, ma coincida con lo spazio, egli ha teorizzato una semplificazione del mondo e della descrizione dello spazio e della materia che contiene: lo spazio non è più diverso dalla materia, ma è una delle componenti materiali del mondo, una entità che ondula e unisce tutta la materia.

Ora, la spiegazione della dimensione spaziale, per quanto ne so, non può essere molto diversa dalla spiegazione del tempo: spiegare il tempo senza utilizzare una categoria analoga, o coincidente, al tempo stesso, non è facile, spiegare il tempo come susseguirsi di momenti vuol dire evocare il tempo, il momento non essendo altro che una piccola porzione di tempo. E così come si spiega la gravità con la materia e quindi lo spazio e la relazione fra gli oggetti con una forza come la gravità, vorrei provare a spiegare il tempo con un'entità diversa, che non sia la semplice materia che ci serve per capire lo spazio, ma sia qualcosa di nuovo e, probabilmente, dovrà essere dinamico.

Ecco allora che mi sembra indispensabile usare qualcosa che sia applicabile al tutto per come lo conosciamo, ed è un tutto in divenire... e noi sappiamo che il divenire è collegato al tempo, ma allora il tempo non collega cose che non divengono - cose immutabili - se l'universo fosse un insieme di oggetti immutabili, non avremmo necessità o capacità, addirittura, ammesso che in quel caso esisteremmo, di pensare o di descrivere la categoria tempo. L'universo invece è un insieme di divenire, è un insieme di eventi che hanno un inizio e una fine, o comunque che hanno momenti di stadi diversi, quindi la materia, nella sua complessità, nelle forme, nelle velocità, nelle energie che esprime, la materia si evolve, quindi realizza eventi.

Un universo immutabile ed immobile potremmo immaginarlo eterno, ma non avrebbe bisogno di tempo perché il prima sarebbe uguale al dopo, il presente sarebbe l'unica dimensione utile alla sua descrizione. Non potremmo distinguerlo, non vi sarebbe nemmeno un essere pensante capace di distinguerlo: il tempo ha le due qualità di essere possibile solo se avvengono degli eventi che mutano ed è indispensabile all'esistenza di eventi perché non potrebbe darsi la contemporaneità di eventi per la stessa materia se non ci fosse il tempo che, perciò, è la possibilità di disporre entro di esso, quindi entro il tempo, una pluralità di eventi. Quindi il tempo ha in questo una caratteristica molto simile al campo gravitazionale: oltre al campo gravitazionale, oltre al campo elettrico, esiste anche un campo temporale che è un flusso che unisce i vari eventi da miliardi di anni fa fino al futuro che possiamo immaginare.

Gli eventi esistono solo nella loro possibilità di disporsi nel campo temporale. Quindi il tempo è il susseguirsi di eventi intesi come stadi di manifestazione e comportamento ed espressione della materia in ogni suo luogo, in ogni sua potenza, attraverso ogni possibile forma.

Così come lo spazio è la possibilità di esistere della materia, così il tempo è la possibilità di esistere degli eventi, quindi del divenire della materia. E questo per me è un traguardo percettivo, prima che riflessivo, di grande momento. Che lo dica anche Kant non riduce l'emozione della scoperta individuale.

Bene, se l'universo è nato, nella porzione spazio-temporale che conosciamo, bene o male, col Big bang, lì e allora sono nati spazio e tempo. Non so (non sappiamo) quanto sia durato lo stallo spazio-temporale, magari un istante, magari prima esistevano un altro tempo e un altro spazio, ma la contrazione gravitazionale che rende difficile pensare ad un'estensione spaziale, rende poco sensato anche pensare ad un'estensione temporale. Come un oggetto lanciato per aria prima di ricadere verso il basso stalla e per un istante non si muove, così fra ciò che era e l'avvio dell'universo che abitiamo vi è stato un momento in cui nulla si muoveva, nemmeno il tempo, e nulla mutava. Tutto avrebbe potuto restare immoto e immutevole, l'ente di Parmenide. Invece è ripartito, 13,8 miliardi di anni fa. Tutto ha ricominciato a succedere. E succedere vuol dire susseguirsi, nel tempo, e avvenire, nel campo degli eventi, a dimostrazione di come il tempo non sia altro che il tessuto degli eventi.

venerdì 23 dicembre 2016

Corte costituzionale: i vincoli di bilancio non possono comprimere diritti fondamentali

L'art. 81 Cost. ridimensionato dalla Corte?
La sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 16.12.2016 afferma la prevalenza dell'effettività dei diritti sul vincolo dell'equilibrio di bilancio (il giudizio era sul limite di bilancio messo da legge della regione Abruzzo ai contributi al trasporto studenti disabili).

La decisione recupera, fra l'altro, un principio affermato prima di Lisbona, prima di Maastritch, prima del nuovo art. 81: "non si può ipotizzare che la legge di approvazione del bilancio o qualsiasi altra legge incidente sulla stessa costituiscano una zona franca sfuggente a qualsiasi sindacato del giudice di costituzionalità, dal momento che non vi può essere alcun valore costituzionale la cui attuazione possa essere ritenuta esente dalla inviolabile garanzia rappresentata dal giudizio di legittimità costituzionale" (sent. 260/1990). 

Si dà così nuovo vigore al principio di inviolabilità dei diritti fondamentali (nel caso: diritto alla formazione dei disabili, art. 38 III comma): "È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione" (sent. 275/2016).

sabato 26 novembre 2016

Note critiche al ddl costituzionale per il referendum del 4 dicembre 2016

di Paolo Solimeno (da Hyperpolis.it)

La modifica costituzionale proposta ( http://www.camera.it/leg17/126?pdl=2613-D ) ha radicali difetti di legittimità e coerenza, propone un modello di democrazia lontano da quello prefigurato dal costituzionalismo democratico in cui sono iscritte le migliori democrazie occidentali, nate o perfezionatesi nel secondo dopoguerra. Insieme alla legge elettorale n. 52 del 2015, l'Italicum, trasformerebbe il sistema italiano in un premierato forte, senza garanzie, con una Camera succube del capo dell'esecutivo.

Lasciare che questo sistema entri in vigore vuol dire consegnare l'Italia a due padroni: i poteri economici e finanziari sovranazionali e il vincitore delle prossime elezioni, chiunque egli sia.

In modo alquanto sintetico elenco i motivi per cui ritengo dovrebbe esser respinto il ddl Boschi-Renzi per rinviare ad un'eventuale, non urgente e non indispensabile piccola correzione del sistema istituzionale l'intervento migliorativo della Costituzione del 1947, evitando di stravolgerla nel modo frettoloso e pericoloso che ci propongono gli abusivi “costituenti” del 2016.

1. Legittimità di questo ddl costituzionale. Anzitutto un intervento così corposo che ridisegna quasi tutta la Seconda parte della Costituzione (eccettuato solo il Titolo IV sulla magistratura) introduce di fatto una nuova costituzione esercitando in modo abusivo un potere “costituente” che “non è previsto dal nostro sistema costituzionale: il potere costituente è un potere sovrano, che l’articolo 1 attribuisce al “popolo” e solo al popolo, sicché nessun potere costituito può appropriarsene; il potere di revisione è invece un potere costituito, il cui esercizio non può consistere nella produzione di una nuova Costituzione, ma solo in singoli e specifici emendamenti onde sia consentito ai cittadini, come ha più volte stabilito la Corte Costituzionale, di esprimere consenso o dissenso, nel referendum confermativo, alle singole, specifiche revisioni” (Luigi Ferrajoli, articolo del 25.6.2016 su http://www.libertaegiustizia.it/2016/06/25/un-monocameralismo-imperfetto-per-una-perfetta-autocrazia/ ). Intaccare tale principio vuol dire anche, di conseguenza, intaccare l'irreversibilità della scelta democratica in assoluto e nella particolare veste data dai costituenti nel 1946-'47: un'assetto istituzionale e dei diritti fondamentali nel quadro del costituzionalismo democratico e con peculiari accenti egualitari e pluralistici.

2. Legittimità del parlamento che ha approvato il ddl costituzionale. Le elezioni del 2013 che hanno formato il parlamento attualmente in carica hanno applicato, per la terza volta la legge elettorale n. 270/2005, il c.d. “Porcellum”, che è stata abrogata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1/2014 nelle sue parti fondamentali, il premio di maggioranza e le liste bloccate: in quella sentenza (si trova su http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2014&numero=1# ) la consulta ha ritenuto che il premio, pur perseguendo un obiettivo di “governabilità” legittimo, non potesse sacrificare in modo così eccessivo la funzione primaria e costituzionalmente necessaria della rappresentatività delle assemblee elettive. Tale netta e inconfutabile sentenza è contrastata da alcuni critici non per la correttezza del giudizio di merito, ma solo perché dubitano che un giudizio di costituzionalità su una legge elettorale possa ancora ritenersi “giudizio incidentale”, che è il meccanismo attraverso il quale si accede, dal giudice di merito, alla Corte (a sostegno però della piena accessibilità si è espressa con argomenti solidi l'ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione del 17.5.2013). Si aggiunga che i parlamentari eletti rappresentano gli elettori in modo del tutto irrazionale, a causa del premio e delle liste bloccate, ma per il principio di continuità delle istituzioni si è ritenuto che effetto della sentenza che rimuoveva le basi di legittimità del parlamento non potesse provocare lo scioglimento immediato dello stesso e, addirittura, l'annullamento delle leggi da questo approvate (effetti tutti che sarebbero ragionevole conseguenza dell'annullamento parziale della legge elettorale, secondo il principio di retroattività delle sentenze), ma questo non può indurre a considerare il parlamento, all'opposto, pienamente legittimo: la sentenza 1/2014 consente una proroga temporanea dei poteri delle camere (ed infatti richiama la “prorogatio” di cui all'art. 61 Cost.) fino a nuove elezioni con nuova legge elettorale, o con quella risultante dall'abrogazione, poteri rivolti a coprire le esigenze della “ordinaria amministrazione”, non certo ad esercitare il potere di revisione costituzionale ex art. 138, o addirittura il potere costituente (v. punto 1). Si consideri solo, in concreto, che disattendendo questo limite si consente che una forza parlamentare, non eletta per fare modifiche costituzionali e pari al 25% circa degli elettori, stravolga una Carta costituzionale approvata dal voto favorevole pari all'88% dei votanti di un'Assemblea costituente eletta con legge elettorale proporzionale e con lo specifico mandato di scrivere quella Carta.

3. Le modifiche di composizione e modalità di elezione del Senato. La modifica trasforma il Senato in camera non più eletta dal popolo, ma dai consigli regionali; e nella riduzione da 315 a 95 membri, di cui 21 sindaci e 74 consiglieri regionali, che una volta eletti senatori resteranno anche nelle loro cariche originarie. Il nuovo senato non rappresenterà le regioni, né il popolo  né le istituzioni, per l'elezione indiretta di figure non qualificanti, per il ridotto numero di senatori (ben 10 regioni avranno solo 1 consigliere regionale senatore e 1 sindaco senatore), perché anche le regioni più grandi (la Lombardia avrà 14 senatori) eleggeranno senatori in base a spartizioni tra maggioranza e opposizione, o opposizioni, che senza vincolo di mandato andranno a coalizzarsi in senato su base partitica nazionale, non territoriale o istituzionale. Inoltre la riduzione del numero dei senatori stravolge l'equilibrio del parlamento ogni volta che sia chiamato a votare in seduta comune: si tratta delle importantissime elezioni del Presidente della Repubblica (art. 83, 2° c.), della sua messa in stato d'accusa (art. 90), dell'elezione di un terzo dei membri del Consiglio superiore della Magistratura (art. 104).

4. La modifica dei poteri dell'esecutivo. Nessun articolo del Titolo Terzo (Il Governo) è toccato dal ddl del governo, così si difendono Renzi e Boschi, ma intanto questa intera modifica è di iniziativa del Governo, quindi di parte, cosa invero anomala e contraria alla centralità del parlamento come luogo di confronto plurale dove sono rappresentate anche le forze non governative. Poi non si può non vedere che la Nuova costituzione darebbe al Governo dei poteri decisivi e potenzialmente illimitati:
a) il ddl "a scadenza fissa", ovvero il potere (art. 72, VI comma) di chiedere alla Camera dei deputati di approvare entro 70 gg. un qualunque disegno di legge, solo perché dal Governo stesso sia “indicato come essenziale per l'attuazione del programma di governo”, una formula che non consente sindacato sull'abuso del potere (da parte del Presidente della Repubblica in sede di promulgazione, o della Corte cost. in sede di giudizio incidentale successivo), visto che l'indicazione è una mera potestà, salvo limitazioni da parte dei regolamenti parlamentari, e che potenzialmente potrebbe occupare buona parte del calendario della Camera senza consentire discussioni vere (si pensi ad es. ai 70 gg. occupati da manovre di maggioranza che bloccano il ddl in commissione) e col potere di ricatto derivante dal rapporto di fiducia, aggravato dal meccanismo della legge elettorale attualmente in vigore (l'Italicum); inoltre non il "programma di governo" non ha dignità costituzionale, ma di mera prassi, quindi non può considerarsi un parametro vincolante. Il richiamo all'istituto analogo previsto dalla costituzione francese non tiene conto del contesto costituzionale diverso e dei tanti limiti lì previsti per l'esercizio di questo potere (cfr. R. Tarchi, Osservatorio sulle fonti, 2/2014).
b) il potere di esercitare la “clausola di salvaguardia” (art. 117, IV c.), chiamando allo stato anche alcune delle poche competenze esclusive rimaste alle Regioni con il nuovo Titolo V per la tutela dell'interesse nazionale, sempre con il vincolo di controllo della maggioranza governativa e col potere di scavalcare eventuale voto contrario del Senato, limitandosi a votare con una facilmente raggiungibile maggioranza assoluta (art. 70, IV c.);
c) la nuova struttura istituzionale (Camera centrale nel procedimento legislativo, voto di fiducia dato solo alla Camera, predominanza numerica di questa sul Senato più che triplicata rispetto all'attuale rapporto, ecc.) è proposta senza che si introduca alcun vincolo alla futura legge elettorale, ad esempio con una più vincolante definizione del diritto di voto libero e uguale (art. 48) che imponesse l'introduzione di leggi elettorali capaci di garantire una sufficiente razionalità e rappresentatività della Camera, invece saremo nuovamente dipendenti dall'eventuale (art. 73, II c.) e probabilmente tardivo giudizio della Corte costituzionale;
d) non si introduce alcun rafforzamento delle istituzioni di garanzia (anzi, PdR, CSM e Corte Costituzionale sono indeboliti e resi a portata della maggioranza governativa). L'interpretazione della nuova Carta che tenga conto della attuale legge elettorale è la più preoccupante: con la maggioranza vinta, probabilmente al ballottaggio, si avrebbe il controllo del procedimento legislativo alla Camera, si potrebbe ottenere la messa in stato d'accusa del PdR (art. 90) con il voto di soli 25 senatori, oltre ai 340 della maggioranza alla Camera (ma anche una maggioranza più debole, comunque "governativa", turberà l'indipendenza del PdR): praticamente il Governo può ricattare il Presidente della Repubblica e inibire l'esercizio di ogni suo potere di garanzia e ostacolo agli abusi dell'esecutivo (a partire dal rifiuto della promulgazione di leggi palesemente incostituzionali, o di sciogliere la Camera);
e) non si introduce alcuna concreta disciplina di poteri delle minoranze e delle opposizioni: è nominato lo “statuto delle opposizioni” (art. 64, II c.), ma la sua disciplina è rinviata ai regolamenti delle Camere, eppure ci sono esempi e letteratura da cui attingere per mettere in costituzione delle regole minime che garantiscano le minoranze (si veda il saggio di Antonuzzo su http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/app/uploads/2016/06/Antonuzzo.pdf ); si modificano gli istituti referendari, ma il referendum abrogativo beneficerebbe di una saggia riduzione del quorum (art. 75, IV c.) solo se si raccoglieranno ben 800.000 firme; l'iniziativa di legge popolare dovrà raccogliere il triplo delle firme di oggi (150.000 invece di 50.000) avendo solo la garanzia di venir discussa e votata nei tempi che stabiliranno i regolamenti parlamentari (art. 71, III c.); altra norma “bandiera” (art. 71, IV c.) introduce il referendum propositivo e d'indirizzo che dovrà essere attuato da altra legge costituzionale e, dopo di questa, da legge di attuazione: nulla, quindi, per anni.

5. La modifica della forma di governo. Questo effetto si ha con una legge elettorale che, come l'Italicum già in vigore da luglio 2016, introduca un meccanismo che sfrutti gli spazi lasciati pericolosamente liberi dalla nuova costituzione e consenta ad una legge maggioritaria di trasformare una democrazia parlamentare in un premierato forte: premierato grazie ad una legge premiale che - qualunque sia il risultato delle votazioni - pretende di creare una maggioranza nell'assemblea elettiva, come ammette da tempo il suo ispiratore, Roberto D'Alimonte; e contemporaneamente determina l'elezione del presidente del consiglio attraverso una “indicazione” del capo della lista che risulti vittoriosa (al primo turno o al ballottaggio); e sarebbe un premierato forte perché mancherebbero i contrappesi (sia nuovi poteri di interdizione o codecisione di altri organi, ma sarebbero anzi indebolite le istituzioni di garanzia per lo squilibrio di numeri nelle cruciali votazioni di cui agli artt. 83, elezione PdR, 90, messa in stato d'accusa del PdR, 104, elezione di un terzo del CSM), e ci sarebbero anzi i rafforzamenti dell'esecutivo di cui si è detto al punto 4. Appare poi intollerabile che una radicale modifica della forma di governo e una così grave concentrazione di poteri sia fatta in modo surrettizio, senza discuterlo apertamente e smentendo l'intima connessione con la legge elettorale. Solo una legge elettorale rigidamente proporzionale per la Camera eviterebbe l'attacco al principio di equilibrio e separazione dei poteri, anche se lascerebbe in vita le numerose incongruenze e pericoli.

6. La modifica del bicameralismo. La differenziazione delle funzioni delle due camere non può esser detta urgente o indispensabile: nell'ultima legislatura ben 202 delle 252 leggi approvate è passata con una sola lettura in ciascuna camera, senza alcun rinvio per modifiche alla prima camera; altre 43 leggi sono passate con un solo rinvio, quindi tre passaggi (http://blog.openpolis.it/2016/10/19/referendum-leggi-veloci-leggi-lente/10661). Niente di patologico, nessuna urgenza nella modifica giustifica il modo illegittimo e il contenuto inefficace e confuso con cui viene proposta. Quanto poi alla fiducia al Governo dalla sola Camera dei deputati: la modifica potrebbe, in sé, esser considerata razionale e benvenuta, ma non si può motivarla sulla instabilità perché i tanti governi che si sono succeduti in 69 anni di repubblica con il bicameralismo perfetto, solo due sono caduti per il diniego della fiducia in parlamento (i due governi Prodi) e tutti gli altri sono cambiati anzitutto per pretese delle correnti interne della DC, in una anche eccessiva stabilità e continuità. Una modifica semplice al meccanismo della fiducia, l'introduzione della sfiducia costruttiva, avrebbe dato ben più stabilità al sistema. Infiine: la trasformazione del Senato nelle sue funzioni non impone certo che non sia elettivo.

7. La modifica del Titolo V: un forte accentramento. L'intervento sul Titolo V è un forte revirement accentratore rispetto al principio tendenzialmente federalista introdotto nel 2001 tanto da consegnarci uno stato centralista, più di quello della originale versione del titolo del 1947. Le competenze esclusive statali del nuovo art. 117, II c., si moltiplicano (da 31 a 48), sono introdotte materie esclusive regionali, ma con riserve parziali allo stato che è chiamato a disciplinare parte delle materie, la regione dovrebbe completare, riproponendo così in sostanza la “competenza concorrente” che il legislatore si vanta di aver abolito: tutt'altro, si introducono concetti nuovi e non ancora vagliati in cui lo stato si contende le materie con le regioni, dettando ora le “norme generali e comuni”, ora le “disposizioni di principio”, ora imponendo interessi nazionali o sovranazionali su quelli regionali, ora semplicemente dettando una parte della disciplina (cfr. U. De Siervo, “I più chediscutibili contenuti del progettato art. 117 della costituzione”,su osservatoriosullefonti.it, 1/2016). In più, come detto sopra (punto 4, b), il Governo può esercitare con iniziativa legislativa una supremazia e chiamare a sé materie pur di esclusiva competenza regionale. La modifica non ha voluto toccare statuti e competenze delle cinque regioni a statuto speciale per il veto posto dai parlamentari rappresentanti di quei territori, consegnandoci così un sistema che costa miliardi ed una disparità ora intollerabile rispetto alle spogliate regioni ordinarie: gli statuti speciali potranno esser modificati solo con “intesa” dei loro consigli, mentre oggi basta che siano “sentiti”; tutto il capo IV del ddl non si applica, mentre si applica il potere di espandere ulteriormente le loro competenze.

L’incoerenza del ddl costituzionale si somma così al suo chiaro intento di riduzione delle garanzie e dell’equilibrio delle funzioni e di separazione dei poteri, di esaltazione dell’esecutivo senza i lacci delle garanzie e del pluralismo, dei limiti al potere, chiunque lo detenga. La “Nuova Costituzione Renziana” si qualifica come il più determinato e sgangherato attacco al costituzionalismo democratico, intento reazionario un po’ guascone e un po’ golpista che dobbiamo respingere senza tentennamenti.

giovedì 24 novembre 2016

La modifica costituzionale proposta dal governo Renzi spiegata dai Giuristi Democratici di Firenze

"CONVERSAZIONE SULLA MODIFICA COSTITUZIONALE"
Convegno dei Giuristi Democratici, sezione di Firenze
14 novembre 2016, Firenze, piazza della Libertà, Parterre

un esame critico di tutto il ddl costituzionale, per punti e nel suo insieme, senza sconti e senza propaganda.

PRIMA PARTE
https://youtu.be/SrUFBYoTzWQ
 
Giuseppe Gratteri avvocato Foro di Firenze, GD Firenze
potere costituente e costituito, art. 138 Cost., oggetto e titolo del quesito referendario, sent. 1/2014 C. Cost.

Marco Croce docente di diritto costituzionale - Univ. Firenze
i rapporti tra modifiche costituzionali e legge elettorale n. 52/2015; il giudizio preventivo di costituzionalità della l. elett.; la giurisprudenza costituzionale in materia elettorale.

Fabrizio Matrone avvocato Foro di Firenze, GD Firenze
composizione e le funzioni del Senato, il suo presunto essere "rappresentativo delle istituzioni territoriali", quale legge elettorale transitoria e di attuazione per l'elezione dei senatori

Francesco Randone docente di diritto costituzionale, Univ. Pisa
funzione legislativa (compreso il disegno di legge a data fissa e le modifiche alla decretazione d'urgenza)

 
SECONDA PARTEhttps://youtu.be/8L937Io_sIw

Paolo Solimeno avvocato Foro di Firenze, coord. GD Firenze
modifiche costituzionali e garanzie mancate: quale legge elettorale per camera e senato, le maggioranze necessarie all'elezione delle cariche istituzionali, quale statuto delle opposizioni, limiti all'uso del ddl a scadenza fissa, disparità di poteri fra regioni a statuto speciale e ordinario, ecc.

Massimo Capialbi avvocato Foro di Firenze, GD Firenze
riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni - titolo V - lo squilibrio delle regioni a statuto speciale

Roberto Passini avvocato Foro di Firenze, GD Fi. e rivista Hyperpolis.it
sovranità nazionale, UE e fonti del diritto, diritti fondamentali e marginalizzazione delle assemblee elettive

Eleonora Fornai avvocato del Foro di Grosseto, GD Firenze
modifiche agli strumenti di democrazia diretta: referendum propositivo e d'indirizzo, legge d'iniziativa popolare. Un confronto con altre esperienze.

discussione e conclusioni
Il convegno ha voluto affrontare con taglio critico e analitico, sulla base di una distinzione fra le varie parti delle modifiche costituzionali proposte dal ddl Boschi-Renzi (http://documenti.camera.it/Leg17/Dossier/Pdf/AC0500N.Pdf ) su cui siamo chiamati ad esprimere il voto al referendum costituzionale "oppositivo" il 4 dicembre prossimo. Senza perdere la visione d'insieme ci siamo confrontati in pubblico e forniamo adesso la registrazione integrale del convegno curata da Giancarlo Venturi come strumento di riflessione che speriamo convinca a votare NO nel referendum del 4 dicembre 2016!

giovedì 17 novembre 2016

Confronti sulla costituzione e sul referendum costituzionale

Ho partecipato a molti incontri, in questi mesi, sul referendum costituzionale, e comincio ad annotare qualche traccia che hanno lasciato, prima che la memoria o gli eventi rendano quest'opera, sia pure destinata sostanzialmente a me e pochi casuali internauti, del tutto inutile o intempestiva.
Uno dei contraddittori più preparati e apprezzabili è stato il prof. Giusto Puccini che ho incontrato a luglio qui a Firenze, alla Festa estiva Lungo l'Arno del Circolo Arci La Loggetta, moderatore Federico Perioli, qui un video parziale caricato da Claudio Mazzoccoli del Comitato per il No:
https://www.youtube.com/watch?v=ZlmyZnn9w0E

un'altra volta ho poi incontrato Giusto Puccini all'Impruneta, pochi giorni fa, era il 5 novembre


Il 18 novembre sarò invece assieme al collega e amico Luca Biagi Mozzoni, uno dei pochi che nel PD non solo è animato da sani principi democratici, ma ha il coraggio di esprimerli e praticarli, come sempre meno nel suo partito: saremo a Pelago, in un'iniziativa di Sinistra Italiana e della Casa del Popolo di Pelago
http://www.sievenotizie.it/2016/11/17/39226/ 

Poi una bella iniziativa organizzata con l'amico Roberto Passini e gli Studenti di Sinistra con cui abbiamo invitato i professori Salvatore Settis e Tomaso Montanari a discutere il libro scritto da Settis e curato mirabilmente da Anna Fava per Einaudi "Costituzione!", qui il video, curato dall'instancabile Giancarlo Venturi, dell'evento partecipatissimo soprattutto da studenti, nell'Aula magna di Lettere e Filosofia, lo scorso 10 novembre:
https://www.youtube.com/watch?v=ui2SE03nBe8

Forse l'incontro più piacevole e interessante per me, ma forse anche per gli intervenuti, è stato quello con Luciana Castellina a Perignano il 15 novembre, organizzato dalla meritoria associazione La Rossa di Lari, gruppo di bella e varia gente di sinistra che organizza tutte le estati una bella festa del I maggio al Castello di Lari. A moderare il confronto la giornalista Frida Nacinovich, a fare domande tanti compagni, spesso preparati e comunque sensibili alle ragioni della democrazia e della convivenza solidale esposte da Luciana Castellina con una invidiabile capacità di collegarle ai meccanismi attuali dell'economia, della sovranità nazionale, dell'uguaglianza e della partecipazione politica.
http://www.festarossalari.it/io-voto-no/

Intanto l'11 novembre avevo incontrato a Montaione, moderati dall'ex sindaca del comune, un autorevole sostenitore del sì nel referendum costituzionale, il prof. Massimo Morisi, docente di scienze della politica e dei processi decisionali: la sua indiscussa competenza sul tema principale oggetto del ddl di modifica costituzionale è indiscutibile, avrei preferito discutere con lui senza dover interpretare - entrambi, mi permetto - il ruolo dei difensori e detrattori della Nuova Costituzione, ma spero che la discussione sia stata comunque interessante per tutti.
https://allevents.in/montaione/referendum-costituzionale-del-4-dicembre-2016/1848312652067809

Ma l'incontro più completo e "utile" alla campagna referendaria per il No credo che sia quello organizzato dall'associazione dei Giuristi Democratici a Firenze lo scorso 14 novembre, al Parterre: vi hanno partecipato circa 150 persone, in gran parte avvocati, e hanno parlato una decina di giuristi, soprattutto colleghi avvocati, in un denso programma che non ha tralasciato nessun aspetto del ddl costituzionale. Questo il link ad un post su facebook, da non trascurare i titoli dei singoli interventi; presto avremo il video prodotto da Giancarlo Venturi e cercherò di diffonderlo
https://www.facebook.com/groups/33769438492/permalink/10154746224488493/

Quindi domenica 27 novembre, proprio a una settimana dal voto, al Galluzzo arriva il confronto con il collega avv. Alessandro Failla, preparato e corretto come sapevo, convinto della complessiva bontà della riforma, non sono riuscito a convincerlo del contrario (nemmeno lui), spero che non avremo la prova di un'attuazione delle modifiche, sarebbe però interessante vedere come oggetto di studio i meccanismi all'opera...

Aggiornamenti se vorrò, la battaglia è seria, la pretesa di modificare la costituzione senza averne il potere da parte di un parlamento eletto con una legge incostituzionale è davvero inaccettabile. In più i meccanismi di potere creati, contraddittori e privi delle necessarie garanzie, mettono davvero a rischio la democraticità e l'equilibrio del sistema e potrebbero essere utilizzati, da politici magari uguali o peggiori di Matteo Renzi - e ce ne sono in giro, anche se sembra impossibile, da Salvini a Grillo - per gettarci in un clima demenziale e sempre più iniquo. Votiamo No e invitiamo a votare No con convinzione il 4 dicembre! Poi il confronto politico e le proposte sul futuro del nostro Paese potranno confrontarsi liberamente, ma non strozziamo la democrazia con questa orribile "nuova" costituzione.

Per chiudere ho fatto un altro confronto a Nova Radio con Giusto Puccini, professore di diritto costituzionale, proprio nella assonnata mattina del venerdì 2 dicembre, qui la registrazione:
Nova Radio diretta streaming referendum Puccini Solimeno


domenica 6 novembre 2016

Negato il corteo di contestazione al governo riunito alla Leopolda, questa la critica al divieto dei GD

L’associazione dei Giuristi Democratici prende atto con preoccupazione del mancato accoglimento in data 2.11.2016 da parte del Questore di Firenze della richiesta, presentata da alcuni movimenti e associazioni, il 25.10.2016, di svolgere una manifestazione con corteo da piazza San Marco sino a Porta a Prato, in prossimità della ex Stazione Leopolda.

Il provvedimento del Questore appare illegittimo perché limitativo di libertà costituzionali – di espressione del pensiero e di riunione – non per comprovate ragioni di tutela dell’ordine pubblico e dell’incolumità pubblica, ma a tutela di un astratto e indimostrato pericolo che siano compiute azioni delittuose. Il Questore sostiene che la tutela dell’ordine pubblico debba, in tal caso, prevalere sul diritto di libertà, e lo comprime sino a consentire solo una manifestazione stanziale in piazza SS. Annunciata.

La motivazione, trasmessaci dagli organizzatori della manifestazione, si muove su più livelli di astrazione che, senza alcun indizio, ipotizzano il realizzarsi di situazioni di pericolo per l’incolumità pubblica. Così il divieto discende da mere supposizioni: è del tutto ipotetico che la concomitanza di iniziative (Leopolda, 50° dell’Alluvione) sia occasione dell’infiltrazione di persone diverse dai manifestanti pacifici; e che tali infiltrati abbiano intenzioni delittuose.

Si va così ben oltre la previsione del TUPS, art. 18, e si comprime un diritto di libertà – art. 17 e 21 Cost. – a protezione di una manifestazione di fatto governativa. La nostra preoccupazione deriva proprio dal segno repressivo e di chiusura espresso dal provvedimento e da un’istituzione che, anziché tutelare i cittadini consentendo e proteggendo l’esercizio delle libertà fondamentali – compresa la pacifica manifestazione del dissenso, atteggiamento caratteristico di una democrazia pluralistica – protegge una manifestazione governativa dispiegando ingenti presidi di sicurezza e confinando il dissenso in un luogo insignificante per i manifestanti.

http://www.radiocora.it/post?pst=28248 

martedì 25 ottobre 2016

Intervista a Noam Chomsky

copio qui un'intervista di Domenico Pacitti a Noam Chomsky che salvai nel 2002, quindi in piena era berlusconiana, ma penso che sia valida per il più lungo periodo, senza escludere la parentesi renziana. Non cambio nulla di quanto salvai nel 2002 ed ho ritrovato per caso oggi, 25 ottobre 2016.
Da: http://www.articolo21liberidi.org/ che non sembra più attivo

Intervista a Noam Chomsky. Domenico Pacitti, giornalista e professore universitario, corrispondente del supplemento del Guardian di londra "The Times Higher Education Supplement", ed editorialista di "World ParlamentarianBruxelles, dopo aver insegnato in Inghilterra, è attualmente docente di lingua e letteratura inglese e americana all'Università di Pisa. L'intervista è stata redatta per "Terre libere: altre forme di comunicazione", inesauribile fonte di informazione e "controinformazione" nel web, ed è la prima volta che viene pubblicata su un organo di informazione. 

Pacitti: Silvio Berlusconi, plurimiliardario magnate dei media, ha vinto le elezioni italiane nonostante un gravissimo intreccio di conflitto di interessi ed imputazioni altrettanto gravi di fronte alla giustizia. Sembra che gli italiani siano meno interessati alla questione morale e più interessati a quello che Berlusconi possa fare per loro.
Chomsky: Perché pensa che la situazione sia diversa in Gran Bretagna e negli Stati Uniti?

Pacitti: È questo che spero che ci spieghi.
Chomsky:La risposta è che non è diverso.
Pacitti:Può elaborare il concetto?
Chomsky:Alcuni mesi fa qui c’è stata un'elezione. Ora, io non so in Italia, ma qui la popolazione è “sondata” estensivamente, in modo massiccio, cosicché noi abbiamo una conoscenza abbastanza buona degli atteggiamenti pubblici. C'è, infatti, ad Harvard un progetto chiamato “L’Elettore che Svanisce”, che mi sembra molto significativo. Si occupa di analizzare nei dettagli i risultati elettorali per tentare di determinare perché gli elettori stanno perdendo interesse nelle elezioni da venti anni a questa parte. Una delle cose che viene misurata è il senso di “helplessness”, di impotenza cioè, ovvero si percepisce sempre di più che non è possibile fare niente che agisca sul processo politico. Il senso di impotenza ha colpito pesantemente quest’anno, ben oltre ogni precedente. Di fronte all'elezione approssimativamente il 75% della popolazione ha percepito che non c'era alcuna competizione, che era solo una sorta di gioco tra sottoscrittori ricchi, “boss” di partito ed i media. L’industria delle relazioni pubbliche, della pubblicità, ha creato i candidati, addestrandoli ad usare certi gesti e determinate parole che i ricercatori di marketing indicavano come utili ai fini elettorali. Alla fine nessuno diceva ciò che pensava, nessuno capiva e molti pensavano che si trattasse di qualcosa privo di senso, solo una specie di gioco di marketing, di pubbliche relazioni.
Pacitti: E pensa che ciò che sta accadendo in Italia sia simile?
Chomsky:Posso dire che è molto simile, ma io non conosco l’Italia come gli Stati Uniti. Questa è una tendenza che partì dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna e che risale alla prima parte del secolo. Era naturale che dovesse nascere nei paesi più democratici. Negli anni ‘20 qui si capì subito – negli altri paesi più tardi – che non era più possibile controllare la gente con la forza. I paesi stavano diventando più democratici. Il diritto di voto si stava estendendo. Il Partito Conservatore britannico - abbiamo i loro verbali interni – all’epoca della Prima Guerra Mondiale comprese che non c’era più alcun modo di tenere la generalità della popolazione fuori del sistema elettorale. Compresero che si andava verso il suffragio universale e che dovevano perciò rivolgersi a quello che chiamarono “guerra politica”. Sono chiamate pubbliche relazioni, ma significa propaganda, cioè il tentativo di controllare gli atteggiamenti delle persone ed i loro pensieri dirigendoli verso altre preoccupazioni. Non potendo controllare il popolo con la mera forza, lo si tiene comunque fuori dall’“arena politica”. Lo stesso veniva fatto negli Stati Uniti. Infatti, si registrava una crescita enorme dell’industria delle pubbliche relazioni. Nelle società più avanzate, più democratiche, c’è da credere che appena una società ottiene più libertà, la propaganda sostituisce la violenza come mezzo di controllo del popolo.
Pacitti: Berlusconi è stato imputato in una serie di processi penali in cui è stato condannato. Ma a causa della legge italiana sulla caduta in prescrizione dei reati, in effetti nessuna di queste sentenze è stata applicata. Un recente libro elenca quattordici imputazioni contro Berlusconi. Nell'ultimo decennio ha collezionato pene detentive per un totale di sei anni e cinque mesi per corruzione, finanziamento illegale e falso in bilancio.
Chomsky: Per gli standard Usa si tratta di banalità.
Pacitti: Nel 1990, Berlusconi fu condannato per spergiuro dopo aver negato la sua appartenenza alla loggia Massonica P2, una organizzazione anti-comunista che ha usato i servizi segreti per fini politici. La condanna di Berlusconi fu annullata da un'amnistia generale. Il sostegno degli Stati Uniti alla P2 sembrerebbe confermare quello che lei sta dicendo.
Chomsky: Precisamente. L'Italia, come sappiamo, è stata il principale obiettivo degli Stati Uniti fin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Lo scopo era quello di minare la democrazia in Italia. Negli anni ’40, c'era la grande paura che la Sinistra vincesse un’elezione democratica. In particolare, nel 1948 la Sinistra aveva un grande prestigio. Voglio dire che aver sostenuto la resistenza contro il Fascismo era un fatto molto importante in quel periodo, così come supportare i sindacati. Proprio mentre la Sinistra si apprestava a vincere le elezioni, gli Usa iniziarono a cospirare. Non so se a lei è noto, ma il primo piano del Consiglio di Sicurezza Nazionale [NSC1, si veda in proposito il memorandum in “Storia del Consiglio di Sicurezza Nazionale 1947-1997": www.fas.org/irp/offdocs/NSChistory.htm ] riguarda l’obiettivo di minare la democrazia in Italia. Questo era il problema dell’epoca. E conclusero che potevano minare il processo democratico ricorrendo all’arma degli aiuti alimentari – e non credo che ci sia bisogno di ricordarle che in quel periodo c’era molta gente letteralmente affamata – alla reintegrazione della polizia fascista (cosa che fu effettivamente fatta) e ad altre cose del genere tra le quali il sabotaggio dei sindacati. Se tutto questo non fosse stato sufficiente e la Sinistra nonostante tutto avesse vinto, gli Stati Uniti avrebbero tentato la carta di una “mobilitazione nazionale”, appoggiando nel contempo una serie di attività paramilitari contro il governo. La politica del Consiglio di Sicurezza Nazionale prevalse, e continuò fino agli anni settanta e forse oltre. Voglio dire che le nostre conoscenze arrivano solamente fino agli anni settanta perché lì i documenti si fermano. Il sostegno alla P2 va inserito in questo contesto. In altre parole, lo sforzo di minare la democrazia italiana ha radici antiche. A confronto, Berlusconi non sta organizzando attività militari per rovesciare il governo. Ciò che accade oggi non è corretto, ma non è grave quanto quello che è accaduto in passato. Ed è lo stesso qui. A Clinton non è accaduto di avere molti processi per corruzione. Ma guardiamo il “curriculum” di Reagan e di alcuni esponenti della sua amministrazione [1981-89].
Pacitti: C'è più di un sospetto qui in Italia che Berlusconi abbia avuto un sostegno dalla Mafia siciliana alle elezioni nazionali.
Chomsky: Sì, ma da dove venne la Mafia siciliana? Non nacque dal nulla. La Mafia, come lei sa, era stata distrutta da Mussolini. E come fu ricostituita la Mafia? Fu ricostituita quando gli eserciti americani e britannici sbarcarono prima in Sicilia e poi in Italia meridionale; e la stessa cosa accadde in Francia meridionale e la criminalità fu ricostituita come un’“agenzia” per minare la resistenza e minare la Sinistra.
Pacitti: Quindi, lei ha esaminato nei dettagli la vicenda italiana?
Chomsky: Non ho fatto ricerche originali ma ho valutato la vicenda comparando diverse fonti. Quindi, per esempio, nel mio libro Deterring Democracy uno dei capitoli [capitolo 11: la Democrazia nelle Società Industriali], contiene dei riferimenti al principale progetto statunitense e britannico dopo la Seconda Guerra Mondiale: minare la resistenza contro il Fascismo e ripristinare il tradizionale sistema politico. C’è un riferimento all’Italia, che viene approfondito in un altro libro successivo, che si avvale di rivelazioni ulteriori. E sull’argomento c'è un libro molto buono che ho recensito da qualche parte [World Orders, Old and New, Londra, 1997]. Uno storico italiano [Federico Romero, The United States and the European Trade Union Movement 1944-1951, Nord Carolina, 1989-1992] giudica addirittura positivamente il fatto che gli alleati abbiano disarmato la resistenza e riportato il “Comitato di Liberazione Nazionale” all’ordine, perché i “liberi movimenti politici e sociali da sempre ispiravano diffidenza agli Alleati” in quanto “difficili da controllare”. Romero descrive gli sforzi degli inglesi e degli americani finalizzati a minare i gruppi operai e la resistenza contro Fascismo in Italia settentrionale. Nonostante il giudizio positivo, la descrizione è di grande interesse in quanto molto accurata.
Pacitti: E la base per questo processo fu posta subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, giusto?
Chomsky: Sì, e non solo per l'Italia. È stato un fenomeno mondiale. Lo stesso è avvenuto in Giappone. Uno studio notevole è appena stato pubblicato – ha vinto il premio Pulitzer [Hirohito and the Making of Modern Japan di Herbert P. Bix] - su come gli Stati Uniti riabilitarono l’Imperatore Hirohito dopo la Seconda Guerra Mondiale come parte dello sforzo complessivo di sostenere il Fascismo e minare la Sinistra. È stato un fenomeno mondiale.
Pacitti: Dunque, i casi italiani di corruzione risultano assai meno gravi della casistica americana?
Chomsky: Menzionerò solo un altro esempio per convincerla. In Francia, proprio accanto l’Italia, ci fu una grande resistenza anti-fascista e forti movimenti operai. Il sud della Francia fu colpito
con intensità seconda solamente al caso italiano. L’obiettivo era sempre il sabotaggio della Sinistra e dei sindacati. Così fu restaurata la Mafia corsa in Francia meridionale e quella è stata la fonte del traffico di eroina nel mondo. Per ripagarli dei “servizi politici” gli americani consegnarono ai corsi il monopolio della produzione di eroina. E con questo siamo alla “French connection”, giusto? Così nacque il problema della droga nel dopoguerra. Queste sono cose importanti. Basta dare un’occhiata al “NSC1” che ho citato prima, il primo memorandum del “Consiglio di Sicurezza Nazionale”, così cruciale nel contesto, richiedeva se necessario, come dicevo, la coercizione. Diciamo in prima istanza il ricatto del cibo e - se non bastasse - il sabotaggio delle elezioni. Gli Stati Uniti avrebbero dovuto sobillare una “mobilitazione nazionale”, e quindi preparare la guerra e sostenere le attività paramilitari interne italiane.
Pacitti: Da quello che lei sta dicendo deriva che Berlusconi sarebbe stato appoggiato fin dall’inizio dalla Mafia, che a sua volta è stata spalleggiata dagli Stati Uniti.
Chomsky: Sì, gli Stati Uniti avevano restaurato la Mafia, che in precedenza era stata distrutta.
Pacitti: Quindi in Italia stiamo vedendo solo “metà della storia”. Posso chiederle qualcosa di più sul caso Berlusconi? So che non le piace dare consigli e senza dubbio non me ne darà alcuno. Ma molta gente radicale in Italia sta chiedendosi cosa fare. C’è chi ha iniziato a scrivere libri che raccolgono i casi di corruzione e di ingiustizia, dalla Mafia a Berlusconi fino ai casi socialmente accettati di corruzione accademica. So che lei ha posto il problema all'interno di un contesto più largo, globale, ma c'è qualche cos’altro che noi potremmo e dovremmo fare stando qui e che non stiamo facendo e che va oltre un contesto italiano?
Chomsky: La risposta a queste domande è la stessa, al di là di quale sia il caso specifico. Non ci sono segreti che non siano stati scoperti negli ultimi duemila anni. Nello specifico italiano, tra “Mafia connections”, criminalità e così via i fatti dovrebbero essere sufficientemente conosciuti. Ma la domanda è un’altra: a chi importa realmente? Per quanto posso capire, il vero problema è che in Italia la gente grosso modo sa, magari non i dettagli, ma effettivamente non gliene importa.
Pacitti: E perché pensa che non ci sia interesse e coinvolgimento?
Chomsky: Il popolo subisce una pressione tremenda, non solo in Italia ma in tutto il mondo. Il tentativo è quello di rimuovere la popolazione dall’arena politica. Questo viene chiamato neo-liberismo, un modello che ha il suo zoccolo duro in Gran Bretagna e negli Stati Uniti - di nuovo i paesi più avanzati - ma che si espande ovunque, col risultato di invertire quello che accadde negli anni sessanta. Quello che accadde negli anni sessanta aveva terrorizzato le élite internazionali. Questo emerge in modo netto, e forse nel modo più netto, in The Crisis of Democracy, il più sorprendente documento sull’argomento.
Pacitti: Fu pubblicato nel 1975 ed era il primo studio della Commissione Trilaterale fondata da David Rockefeller. Giusto?
Chomsky: Sì. La Commissione era una élite, una élite internazionale liberista, da Europa, Stati Uniti e Giappone. Ed era formata prevalentemente da persone dell’amministrazione Carter, che erano quasi interamente “liberal” nel senso americano del termine, cioè socialdemocratici ed internazionalisti. Tutta questa gente era profondamente turbata da quanto accadeva in tutto il mondo negli anni sessanta. Ciò che li turbava maggiormente era la crescita della democrazia, cioè la parte della popolazione – le donne, i lavoratori, le minoranze, gli anziani – solitamente apatica e passiva che entrava nell’arena politica e tentava di imporre le proprie richieste. Stavano entrando in un territorio proibito. Iniziarono a pensare che il sistema politico fosse nelle mani delle tirannie private, di poteri privati, e stavano cominciando ad erodere proprio questi poteri. Quella è la crisi della democrazia secondo la “Trilateral”. Affermarono dunque che troppa democrazia non va bene, occorre più moderazione, era necessario riportare la gente all’apatia ed alla passività. Affermarono di essere turbati e richiamarono le istituzioni responsabili dell’indottrinamento – termine loro, non mio – dei giovani. Si riferivano alle scuole, ai funzionari, ai media, alle chiese che anziché indottrinare stavano diventando troppo indipendenti e “pensanti”, troppo attivi. Avrebbero dovuto agire per invertire appunto “la crisi della democrazia”. Ci sono stati da allora sforzi notevoli per riportare le persone alla marginalità, e questo tentativo assume molte forme. Una forma è la “minimizzazione” dello Stato in chiave neoliberista. Sottrarre le decisioni all’arena pubblica per portarle in mani private è un’altra forma di privatizzazione. Un'altra forma è la centralizzazione delle autorità finanziarie. La Banca Centrale Europea ha autorità enorme e non è responsabile di fronte al parlamento. Ancora più importante è la liberalizzazione della finanza a partire dagli anni ‘70, smantellando il sistema Bretton Woods. Questo crea ciò che gli economisti chiamano un parlamento virtuale, che deve dare retta agli investitori, altrimenti loro possono distruggere l'economia. Ciò restringe enormemente il raggio d’azione dei governi. Ma ci sono anche dei gruppi di potere estremamente importanti che hanno in comune un accordo sostanziale sulla necessità della commercializzazione dei servizi. L’idea dominante è quella di privatizzare i servizi, cioè tutto quello che lo Stato può garantire – istruzione, sanità, ecc. Liberalizzando si aprono i servizi alla competizione privata, e questo significa trasferirne il controllo ai privati.
Pacitti: È precisamente quello che Berlusconi ha in mente.
Chomsky: Precisamente. Ma è solo una componente di un processo mondiale, dovuta ai problemi che comporta la crescita del processo democratico. Si sta concretizzando ovunque come un tentativo di erodere la Sinistra. Non è più possibile in Occidente controllare il popolo con la violenza. Non lo puoi semplicemente sbattere in una stanza delle torture. Occorrono altri mezzi. Uno di questi è la propaganda. Un altro è un consumismo parossistico, che cerca di condurre la gente verso consumi sempre più massicci. Negli Stati Uniti l’economia ha sofferto a causa delle politiche neoliberiste, come è stato il caso in tutto il mondo, tale economia essendo sostenuta in notevole misura dallo spendere dei consumatori. Il debito delle famiglie supera il reddito. E questo viene giudicato positivamente, perché intrappola la gente nel debito. Così hai solo da lavorare duramente e non pensare. Così fin dall’infanzia i bambini sono inondati di messaggi che dicono: compra, compra, compra e così via. Lo stesso avviene a livello internazionale. Il Terzo Mondo è intrappolato nel debito imposto dall’immensa propaganda del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Sono congegni finalizzati a controllare le popolazioni e ad assicurare il potere alle tirannie locali. Questo è quello che avviene nell’era della libertà.
Pacitti: Pensa che l'unica cosa da fare qui in Italia sia tentare di svelare tutto questo?
Chomsky: Occorre provare a spiegare alla gente cosa accade. Non è una questione di piccole corruzioni qui o lì. Questi sono fatti marginali. Le persone hanno ragione a non essere preoccupate di questo. Questo è corrotto, quello è corrotto. E allora? Ciò che è veramente importante sono i metodi profondi e sistematici di controllo della popolazione. Uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, Alexander Hamilton, descriveva il popolo come una grande bestia che deve essere controllata. Come la mise il maggior compilatore della Costituzione, James Madison, i ricchi della nazione devono controllare ciò che accade.
Pacitti: E pensa che noi dovremmo raccontare la verità continuando a scrivere libri ed articoli?
Chomsky: Noi dobbiamo organizzare; dobbiamo organizzare le persone. Non servono i libri se sono letti solo da alcuni accademici. Le cose cambiano se essi riescono a raggiungere il grande pubblico e diventano così parte degli sforzi organizzativi; per esempio, quegli sforzi che sono riusciti finalmente a creare azioni di protesta a livello internazionale. E ciò emerge dalla organizzazione di massa. Non è sufficiente scrivere libri. Gli obiettivi della privatizzazione sono ovvi e non saranno fermati scrivendo libri. Saranno fermati da una resistenza unita su basi internazionali. Questa è la via per fermare il neoliberismo.
Pacitti: Lei è d’accordo che valga la pena scrivere sulla parte italiana del quadro per chiarirlo?
Chomsky: Ne vale la pena se tale scrivere è parte di uno sforzo organizzativo. Se si scrive qualcosa per lettori accademici che leggono in una biblioteca, va bene. Ma scrivere serve davvero soltanto se qualcuno lo trasforma in azione. Ma la cosa essenziale è che le parole siano usate. Voglio dire, è come quando si fa scienza. Possiamo usarla per aumentare la comprensione e la ricerca, oppure in modo tale da beneficiare il popolo? Se è così, va bene.

lunedì 29 agosto 2016

Da Lisbona ad Amatrice

i terremoti servono al dio architetto a svelare le debolezze delle costruzioni e al dio castigatore a misurare la perfidia dei commentatori.

martedì 23 agosto 2016

Lui in slip, lei a casa o in "burkini"?

Il buffo e drammatico dilemma burqa/topless ci ha interrogato in questa metà d'agosto. Una premessa necessaria, evitata consapevolmente perché dettata dalla ragione pratica e capace di zittire gli sciacalli delle polemiche, è che il "burkini" è abito da bagno che le donne di famiglia o società islamiche indossano per poter svolgere attività che altrimenti sarebbero loro vietate, o concesse solo con il burqa, indumento ingestibile. Quindi il burkini è uno strumento di emancipazione, sia pure meno rivoluzionario del mandare al diavolo la formazione sociale di appartenenza e svestirsi come fanno le non vittime di islamici.
Ma il punto è un altro.
Il punto è, secondo me: cosa dovremmo dire a noi stessi, maschi occidentali e maschi islamici, se invece che del vestito delle donne, si discutesse del desiderio dei maschi? Della loro capacità di gestire le pulsioni sessuali? Perché poi sono i maschi cattolici che rèlegano le donne nei conventi e gli impediscono di dire messa, sono i maschi islamici che si sconvolgono a vedere una caviglia o un culo. E se si discutesse di quanto siano letteralmente incredibili divinità costruite su queste idiozie?

venerdì 12 agosto 2016

Ogni volta che la Ministra Boschi apre bocca un libro di diritto costituzionale muore

La Ministra Elena Boschi ci regala vere idiozie, siamo veramente al dilettantismo arrogante e becero, offende i cittadini questa mistificazione di regole elementari di democrazia.

Questo avrebbe detto la stupefacente ministra col suo ultimo carosello:

"Abbiamo scelto di rispettare in toto la procedura prevista dall’articolo 138 della Costituzione per modificarla [se non l'aveste rispettata, avreste violato la costituzione]. Questo ha significato scegliere la strada più dura [l'unica, o pensavate a un colpo di stato?] un impegno notevole — ha spiegato ancora la ministra —. Ma ora è un elemento di forza anche rispetto a chi propone di votare No buttando via due anni di lavoro e ricominciare daccapo immaginando che ci sia una maggioranza per una riforma diversa [quindi la riforma è una necessità? Mi sembra che il governo Renzi facesse di tutto a costituzione invariata]. Ma questo vuol dire non rispettare il lavoro che il Parlamento ha fatto [veramente è il governo che ha umiliato il parlamento imponendo tempi e modi dei lavori] : sei votazioni [e vorrei vedere!] con maggioranze che hanno sfiorato il 60%. Un dibattito vero».

Il referendum, previsto dall'art. 138 cost., è fatto apposta per verificare se la maggioranza parlamentare ha approvato una modifica costituzionale che ha il consenso degli elettori, è una garanzia e qualunque voto, sì o no, è il compimento del procedimento previsto, non un mancato rispetto del parlamento, la sovranità popolare può essere espressa eleggendo (certo, non col porcellum, come il parlamento che vi sostiene impunemente) dei rappresentanti, o votando in un referendum costituzionale.

Cos'altro s'inventerà, in tre mesi di caroselli per noi deficienti, di grazia?

http://www.corriere.it/politica/16_agosto_09/referendum-boschi-la-riforma-non-perfetta-ma-positiva-63e1cb2e-5e48-11e6-bfed-33aa6b5e1635.shtml

martedì 14 giugno 2016

Qui si palpita o si palpa?

L'Italia per quattro ore a cuore aperto. Ora sta meglio. Rimosso interamente il Porcellum, dal I luglio comincerà a battere l'Italicum e tutto tornerà come prima.

giovedì 12 maggio 2016

Il parlamento umiliato (Villone luglio 2014)

"... la rappresentatività era la chiave necessaria per la costruzione di istituzioni forti e durature. Perché per tutti era nelle assemblee rappresentative la casa del popolo sovrano.
Il progetto del governo invece svilisce il parlamento, con un senato non elettivo, e una legge elettorale capestro per la camera. Senza nemmeno riequilibrare con un rafforzamento degli istituti di democrazia diretta e di partecipazione."
Villone, luglio 2014
 http://ilmanifesto.info/costituzione-e-falsita/

Travail et constitution

A cosa servono l'esecutivo forte e le assemblee elettive deboli: "... Il governo ha già fatto ricorso al 49.3 (cost. francese, potere straord. dell'esecutivo) tre volte nel 2015 (per far passare la legge Macron, di liberalizzazione).
Intanto, mentre all’Assemblea il clima era infuocato, il Senato ha votato il prolungamento dello stato d’emergenza fino a fine luglio, per coprire l’Euro 2016 di calcio e il Tour de France".
Sul Manifesto del 12 maggio 2016:
 http://ilmanifesto.info/loi-travail-larma-avvelenata-di-valls/

Quanto tempo ci vuole a cancellare diritti? L'efficienza del decreto legge generalizzata dal DDL Boschi-Renzi.

Non si voterà sul superamento del bicameralismo perfetto, ma sul rafforzamento del premier: volete voi dare poteri assoluti al premier? Volete voi ridurre i poteri delle regioni in favore dello stato? Volete voi cancellare l'elettività dei membri del Senato? ...

Tanto per fare un esempio e per ricordarci cosa se ne fa Renzi dell'efficienza che invoca di continuo, ricordiamoci che se vuole la politica fa riforme epocali con due camere uguali come la liberalizzazione del contratto a termine (che in tutto il mondo creano rivolte di massa) in 55 giorni:

"Decreto Poletti", decreto legge n. 34 del 20 marzo 2014 presentato lo stesso giorno alla Camera che lo ha assegnato alla commissione Lavoro che lo ha esaminato e passato all’Aula dove l’esame è durato per sei sedute ed è stato approvato il 24 aprile 2014; dunque al Senato è stato nelle varie Commissioni Lavoro, Affari Costituzionali, ecc., dal 29 aprile al 5 maggio, quindi è andato in Aula ed è stato approvato, con modificazioni, il 7 maggio: pertanto è dovuto tornare alla Camera nel nuovo testo approvato dal Senato, nuovi esami in Commissioni e approvazione definitiva il 15 maggio 2014. Totale 55 giorni.

Ebbene, con il DDL Boschi il governo potrà chiedere che OGNI disegno di legge sia considerato dalla Camera necessario per l'attuazione del programma governativo (nuovo art. 72 Cost.) e approvato entro 70 gg. Certo la Camera è libera di respingere la richiesta del Governo, ma la maggioranza alla Camera dipenderà dal Premier, il premio sarà vinto grazie al plebiscito su di lui, buona parte degli eletti da liste bloccate e ad ogni conflitto saranno sotto ricatto.

giovedì 14 aprile 2016

Votazioni e trivellazioni

Il referendum del 17 aprile è l'ultimo, in sé non decisivo, quesito sulla disciplina delle estrazioni di carburanti fossili nel nostro Paese, altri cinque sono stati evitati dal legislatore accogliendo le richieste delle regioni (ben 9 regioni hanno infatti chiesto il referendum).

Provo a toccare due temi in breve: astensione e interessi economici in gioco.

1. Ora che Napolitano e Renzi hanno invitato a disertare le urne si apre una polemica nella polemica: è legittimo invitare all'astensione? Ritengo che sia legittimo farlo da parte di qualsiasi cittadino, quindi anche da parte del presidente emerito o del presidente del consiglio, legittimo nel senso che non è vietato. Ma le massime cariche istituzionali hanno un ascendente sugli elettori che, sin dall'Italia liberale, suggerì di sanzionare interventi da parte di autorità (pubblici ufficiali, ministri del culto) che inibissero la libertà dell'elettore. Se il pubblico ufficiale non si adopera per indurre l'elettore ad astenersi (art. 98 T.U. 1957) ma semplicemente esprime un'opinione, non si configura il reato (più rigido è G. Incorvati qui: http://www.criticaliberale.it/news/235246 ). Ma è comunque un comportamento politicamente inqualificabile. Specie se viene da due personaggi - Renzi e Napolitano - che fanno di tutto per trasformare la nostra democrazia parlamentare in un sistema "sudamericano".

2. A chi conviene lasciare senza limiti le concessioni alle trivelle‬: al referendum se si vota Sì è per abrogare la norma che consente la durata dei permessi per estrarre idrocarburi in mare, entro 12 miglia dalla costa, fino all’esaurimento del giacimento (cioè a piacere, è la compagnia petrolifera quanto starci); la durata diventerebbe limitata, fino al termine della concessione (30. In pratica, se il referendum dovesse passare - raggiungere il quorum con la vittoria del sì - le piattaforme piazzate attualmente in mare a meno di 12 miglia dalla costa verranno smantellate una volta scaduta la concessione
Gli argomenti degli astensionisti sono o benaltristi (le concessioni entro le 12 miglia sono poche, se si chiudono poi dobbiamo comprare all'estero, riguardano metano piuttosto che petrolio, non è così che si incentivano le rinnovabili, etc.) o inutilmente polemici (ce l'avete con Renzi a prescindere, non è un referendum tecnico, ma politico) o infondati (riduzione dell'occupazione: ma non si chiudono, si fissa una scadenza e le concessioni potrebbero essere comunque rinnovate, quindi di che si parla?). Certo i quesiti proposti da ben 10 regioni erano sei, il governo ha dovuto accogliere ben cinque modifiche legislative per evitare i referendum. Il fatto che questo ultimo punto non sia stato accolto spontaneamente ne fa forse una questioni non così irrilevante.
Nessuno che affronti con chiarezza il tema, vitale o meno che sia, della durata delle concessioni, unico effetto del referendum. Una concessione senza scadenza ha senso? Un patrimonio energetico che è sfruttabile ad libitum, con norma che sembra scritta dalla compagnia petroifera concessionaria, invece che dallo Stato concedente, grida vendetta.

Si aggiunga però un dettaglio forse decisivo, come ad esempio dice Francesco Sylos Labini secondo il quale il dilemma vero è "se dare o no concessioni illimitate di beni che appartengono a tutti che apre questa possibilità: se i titolari delle concessioni ogni anno e da ogni giacimento estraggono una quantità di gas (da loro auto-certificato) pari o inferiore ad una certa soglia (franchigia) non versano neppure un euro (royalty) allo Stato: perciò più durano le concessioni e meno interesse hanno a superare la franchigia".
Forse questo spiega perché tengano così tanto alla durata, i concessionari. Quindi da una scadenza certa delle concessioni ci sarebbe un vantaggio economico per lo Stato. Infatti le royalties per le estrazioni in mare vanno tutte allo Stato, non sono cifre enormi, ma potrebbero essere più alte: http://espresso.repubblica.it/…/referendum-trivelle-10-cose… .

Forse il sistema attuale conviene davvero solo alle compagnie petrolifere. Una durata controllabile induce le compagnie ad estrarre in tempi certi l'estraibile pagando i pur bassi diritti di estrazione. Non è una questione vitale, la politica energetica passa soprattutto da altre scelte, ma credo che sia comunque una questione su cui esercitare una scelta meditata.

martedì 22 marzo 2016

Le cause del terrore

Alberto Negri sugli odiosi attentati di #Bruxelles. Mmm... Dice, fra l'altro, che il terrorismo va combattuto qui, Salah andava e veniva da Bruxelles, etc. Va bene, ci sarà qualche falla dell'intelligence. Falle strutturali, magari. E non sono certo risolutivi gli interventi puntuali (il drone che uccide tizio in Siria, etc.) o quelli devastanti (guerra alla Libia, guerra all'Afganistan, etc.). Però, una volta che l'intelligence sarà perfetta (e le nostre "democrazie" ridotte a stati di polizia), il mondo continuerà o no a produrre conflitti in medio oriente e desideri di attentati terroristici di propaganda in Europa? Se sì, quegli attentati ci saranno sempre, un qualsiasi isolato desiderio di distruzione sfuggirà sempre alla prevenzione. Insomma, da analista del menga vi dico che bisogna combattere le cause, non mettere lucchetti perfetti.
http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main/art/mondo/2016-03-22/attentati-bruxelles-fallimento-dell-intelligence-europea-100131.shtml?uuid=AC4iTfsC

Il terrorismo è fonte di panico, piuttosto che di morte: l'aumento del rischio di morire è statisticamente insignificante, con o senza terrorismo. Certo, i morti di ogni attentato sono giustamente una ferita tragica. L'iniezione di irrazionalità è inevitabile, però non deve farci considerare gli attentati senza causa. Perderemmo la nostra libertà inutilmente nel tentativo di proteggerci senza giardare alle cause.
Purtroppo ogni carica elettiva sente questo compito di protezione del cittadino, perseguirlo in modo troppo obliquo, non immediato, non paga.
Eppure se Iraq e Siria e Libia avessero governi non democratici (facciano loro!), ma solidi, con tutti gli elementi essenziali (territorio, esercito, governo), l'appeal dell'IS sarebbe ben minore.

martedì 8 marzo 2016

Ottomarzo penzieroso

m'arzo all'otto
ché sento un botto:
in fondo ai' barzo
femminile e belloccio
mi chiama con sfarzo
a sedurre, m'è parzo!
Ma un'ombra, un sospetto,
e la veste gl'arzo,
gni guardo di sotto:
ni' sonno son cotto,
gl'è omo e barzotto!

sabato 5 marzo 2016

Libia 2016 - esautorato il parlamento in un emendamento del 2015

L'iter di approvazione di una missione militare all'estero fonderebbe anzitutto sui limiti stretti imposti dall'art. 11 Cost. e poi sulla legge 14 novembre 2000, n. 331 e sulla legge 25 del 1997 in base alle quali dovrebbe sempre esserci un pronunciamento del parlamento, almeno a ratifica.
Il decreto ministeriale (secretato) del 10.2.2016 autorizzerebbe una missione in Libia a protezione di impianti ENI, è legittimo? Mentre Renzi è irritato dalla fuga di notizie, Mattarella difende il proprio operato.
Intanto in sede di conversione del D.L. 30 ottobre 2015, n. 174 intitolato come sempre "Proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione" (Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 ottobre 2015, n. 253) è stato introdotto l'Art. 7-bis "Disposizioni in materia di intelligence" che così recita:
"1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, acquisito il parere del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, emana, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 3 agosto 2007, n. 124, disposizioni per l'adozione di misure di intelligence di contrasto, in situazioni di crisi o di emergenza all'estero che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale o per la protezione di cittadini italiani all'estero, con la cooperazione di forze speciali della Difesa con i conseguenti assetti di supporto della Difesa stessa.
2. Il Presidente del Consiglio dei ministri informa il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, con le modalità indicate nell'articolo 33, comma 4, della legge 3 agosto 2007, n. 124, delle misure di intelligence di cui al comma 1 del presente articolo.
3. Al personale delle Forze armate impiegato nell'attuazione delle attività di cui al comma 1 del presente articolo si applicano le disposizioni dell'articolo 5 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2009, n. 12, e successive modificazioni, dell'articolo 4, commi 1-sexies e 1-septies, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197, e, ove ne ricorrano i presupposti, dell'articolo 17, comma 7, della legge 3 agosto 2007, n. 124.
4. Il comma 3 del presente articolo non si applica in nessun caso ai crimini previsti dagli articoli 5 e seguenti dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale, adottato a Roma il 17 luglio 1998, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232.
5. Il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica di cui all'articolo 5 della legge 3 agosto 2007, n. 124, e successive modificazioni, può essere convocato dal Presidente del Consiglio dei ministri, con funzioni di consulenza, proposta e deliberazione, in caso di situazioni di crisi che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale, secondo modalità stabilite con apposito regolamento ai sensi dell'articolo 43 della legge 3 agosto 2007, n. 124.
6. Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, trascorsi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, trasmette alle Camere una relazione sull'efficacia delle norme contenute nel presente articolo."

La disposizione quindi anzitutto va ben oltre il titolo, è sì introdotta dal parlamento, ma non ha alcuna attinenza con il rifinanziamento delle missioni in corso. Sembra autorizzare il Presidente Renzi ad ordinare "disposizioni per l'adozione di misure di intelligence". Apparenti ostacoli sono la comunicazione alla commissione parlamentare e il fatto che non si parla di azioni militari, ma di intelligence. Ostacoli facilmente superabili: visto che il parere del Copasir non è vincolante e che si può ben immaginare che l'informativa preventiva sia generica, si è dinanzi ad una potenziale esautorazione del parlamento per agire contro il divieto dell'art. 11 Cost. Altrimenti non si vede che bisogno di tale disposizione avesse il nostro ordinamento.

Riferimenti:
Iter di approvazione di una missione militare all'estero, competenze di esecutivo e legislativo

Il decreto ministeriale (secretato) del 10.2.2016 autorizzerebbe una missione in Libia a protezione di impianti ENI etc.

Corriere: nel decreto sul rifinanziamento delle missioni è previsto l'intervento in Libia senza passare dal parlamento, Mattarella difende il proprio operato



Nuovamente Libia

Forse la tradizione democristiana, almeno in politica estera, consiglia bene il leader del PD. Una guerra contro un paese diviso in bande è pur sempre una guerra. 
Che ce la chieda la Nato, o Usa e GB, non la renderebbe più legittima. Sarkozy solo nel 2011 ha compiuto un'aggressione illegittima e un disastro strategico facendo fuori Gheddafi. 
Sommarne un altro sarebbe troppo. 
Non abbiamo timore di dichiararci pacifisti, le ragioni della pace valgono ancor di più quando l'avversario è sfuggente e le vittime sicure, i civili, potrebbero vederlo come unico alleato e ingrossarne le fila.

Butta la pasta

Lutèro, si sa chi l'ha fatto?
l'utero non si sa a chi l'affitto.

Frocio chi legge,
Frocia la legge

(salvato il bambino e non
chi l'ha fatta sporca)

tutti immersi
in quest'acqua di marzo
che ci fa belli
e moralisti con sfarzo.

giovedì 18 febbraio 2016

Olivolì Olivolà

Non da oggi il PD promuove politiche neoliberiste disgraziatissime, ormai in ogni campo.
In sostanza esaudisce le richieste di Confindustria, Commissione Europea e JP Morgan azzerando la temuta portata democratico-rappresentativa e quindi destabilizzante delle istituzioni repubblicane, cancella i diritti dei lavoratori, privatizza e svende e deregolamenta a favore del libero capitale, finanziario anzitutto.
Sono politiche ingiuste, oltreché fallimentari, che favoriscono chi si è già arricchito abbastanza in questi anni di disapplicazione di principi fondamentali di politica economica redistributiva e di fisco equo e ad aliquote progressive.
Gli era rimasto, al PD, qualche sprazzo di tendenza liberal (progressista) in campo di diritti civili e uguaglianza formale.
Sta facendo retromarcia anche in questi campi.
E trova il modo, ad esempio, di dare la colpa al M5S sul ddl Cirinnà (colpe vere, ma il ddl è del PD e le incertezze sono evidentemente lì, prima che nel M5S) e ad altri stati UE sulle politiche dell'immigrazione e sulla politica estera.
Non distraiamoci.
La destra vincente, anche perché travestita da sinistra, è purtroppo rappresentata dal Partito Democratico. E' una destra regressiva quasi su tutto. Dispiace per i tanti parlamentari e militanti per bene, persone colte o volenterose, talvolta addirittura colte, avvedute e volenterose, che ancora cercano di salvare l'idea di un partito della sinistra moderata che possa far fare qualche progresso al Paese. Temo che sia una partita persa.
Le occasioni per far saltare questa finzione si presenteranno, ma a forza di aspettare il prossimo treno si rischia di far chiudere altre stazioni.
Il prossimo fine settimana ne parte un altro e molti amici che erano del PD ne faranno parte. Spero che altri decidano di lasciare la caserma occupata da Renzi, non per dargliela vinta, ma perché solo da fuori potranno vincerlo.