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giovedì 12 settembre 2019

Due 11 settembre: pacifismo, socialismo e democrazia, laicità.

L'11.9.2001 vidi la folla alla tivù di un bar, guardai e rimasi a bocca aperta.
Fossi stato un po' più grande l'11.9.1973 sarei invece rimasto a pugni chiusi dalla rabbia, non avrei più dimenticato il socialismo democratico spento nel sangue dalla destra americana.

Il primo evento, tremila morti, enorme e assurdo, è un atto di terrorismo fanatico e nihilista. Il secondo insegna la necessità della ribellione, il peso delle responsabilità, la superiorità morale della democrazia e del socialismo sui regimi militari reazionari. Gli Usa sostennero nel '73 il golpe di Pinochet (che massacrò migliaia di oppositori) e il suo regime fino alla fine, scatenarono invece un'infinita guerra nel 2001 contro l'Afghanistan provocando centinaia di migliaia di morti. Ancora non si sono ritirati, da ultimo trattavano coi talebani.

L'11 settembre dovremmo farlo giornata contro la guerra e per la laicità e la democrazia, ecco. Per il senso del limite, della finitezza dell'esperienza umana.

martedì 3 settembre 2019

Diretta o mediata: conflitto o alleanza? Il giorno della piattaforma Rousseau

Votate come vi pare, ma a che gioco giocate?
Lo statuto del M5S consente al capo politico di sottoporre scelte al parere degli iscritti al sito Rousseau. Nel voto in corso oggi 3 settembre si tratta di esprimersi a favore o contro la formazione di "un governo" di alleanza fra il Movimento e il PD e a guida di Giuseppe Conte.

La preoccupazione di molti è sul possibile conflitto fra la scelta del gruppo parlamentare e dei dirigenti del movimento, già espressa nelle trattative e negli incontri con Mattarella, e il risultato della consultazione degli iscritti. E sul fatto che gli iscritti sono pochi e il funzionamento della piattaforma di voto Rousseau non dà garanzie di riservatezza e fedeltà (già due volte l'Autorità di garanzia ha mosso critiche e multato il gestore, la società di Casaleggio e soci).

Non ci sono invece dubbi sul fatto che lo statuto del M5S sia legittimo, in questa previsione (il capo politico potrebbe anche far rivotare chiedendo che si raggiunga la maggioranza assoluta degli iscritti per avere un risultato vincolante), e che non ci sia un conflitto giuridico in quanto il valore del voto è solo interno al movimento - e inciderebbe quindi sulle cariche e sui rapporti interni del movimento - e non incide quindi sui poteri del Presidente della Repubblica di designare il Presidente del Consiglio e sul Parlamento di votare la fiducia al governo, anche contro la decisione degli iscritti alla piattaforma Rousseau.
Un'eventuale azione giudiziaria di un iscritto al M5S o alla piattaforma potrebbe mirare ad annullare decisioni dei vertici che nel non tener conto della volontà espressa dalla piattaforma Rousseau conterrebbero una violazione dello statuto censurabile.

Ci sono precedenti pronunce su tali conflitti che evitano di valutare se uno statuto sia conforme o meno a principi di democraticità interna (e facendo ciò risolverebbero anche il problema della portata dell'art. 49 Cost.), ma applicano regole generali dell'ordinamento giuridico confrontandole con quanto scritto negli statuti. Il conflitto fra vertici e consultazione è probabile.

Il tribunale civile di Genova, Giudice Braccialini, su azione di una candidata a sindaco, in una pronuncia cautelare del 10.4.2017 scrive "la cifra democratica del Movimento 5 Stelle è costituita dal fatto che le sue regole statutarie si preoccupano di raggiungere un punto di equilibrio tra il momento assemblear/movimentista (incarnato dal secondo comma dell'art. 4 del Non Statuto e realizzato con originali forme telematiche) e l'istanza dirigista che viene riconosciuta ed associata a figura di particolare carisma e peso politico per il Movimento, come Beppe Grillo, il quale in seno a tale organizzazione politica cumula in modo non seriamente contestabile la qualità di "capo politico", come da Regolamento; e di "Garante del Movimento", come da Codice Etico".

Oggi che "capo politico" è un altro, Luigi Di Maio, i problemi aumentano.
Il problema non è di poco conto: nel caso di Genova la candidata cacciata vinse l'azione giudiziaria e avrebbe potuto presentarsi come "vera" candidata M5S (la cosa si risolse invece perché scelse di candidarsi sotto altra lista). Nel caso della scelta per Palazzo Chigi un'azione di iscritti al movimento che denunciassero la violazione dello statuto potrebbe portare alla sospensione o all'annullamento della delibera del "capo politico" Di Maio che non tenesse conto del risultato della consultazione?
Sempre il Tribunale di Genova (riportato anche in Roberto Bin, Onestà onestà, 2017, Lacostituzione.info) prende atto che è proprio il M5S che "vuole essere testimone della possibilità di realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partiti senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli utenti della Rete il ruolo di governo e indirizzo normalmente attribuito a pochi".

Ovviamente nelle regole costituzionali, scritte e non, non è previsto alcun effetto della decisione di un capo politico e della violazione o meno dello statuto di un partito sul procedimento di designazione, presentazione e votazione di un governo da parte del parlamento. Ma le conseguenze politiche sul M5S e sulle relazioni politiche globali sarebbero dirompenti.
Credo che sia saggio continuare a difendere l'indipendenza delle due sfere, istituzionale e associativa o partitica, anche a difesa del divieto del vincolo di mandato dei rappresentanti politici (art. 67 cost.). Ma una maggior chiarezza e plausibilità degli statuti dei partiti che concorrono alla determinazione delle cariche e delle politiche nazionali e locali è auspicabile.

E la via che sembra naturale è l'attuazione del dettato dell'art. 49 cost. sull'interpretazione del quale c'è già un'ampia letteratura.
Intanto si deve registrare che la legittima aspirazione ad introdurre meccanismi di democrazia diretta sia nei procedimenti deliberativi istituzionali, sia in quelli partitici (cose da tener distinte con tenacia), trova strade diverse, non sempre compatibili con il valore, i tempi e le procedure della democrazia rappresentativa. Difendere questa, anche nelle forme evolute che ad esempio un rafforzamento e ampliamento dell'istituto del referendum potrebbe portare, non deve esser letta come battaglia di retroguardia o elitarista, ma come difesa del più limpido e sperimentato metodo di partecipazione alla vita collettiva che conosciamo.