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sabato 9 ottobre 2021

Polonia vs. Unione Europea

Polonia vs. EU: il contrasto è frontale, la corte costituzionale di Varsavia nega la prevalenza del Trattato UE, e di suoi articoli fondamentali, sulla costituzione polacca.

Dicono i giuristi Dehousse (Liegi) che "“In Germany, the attack came from the judges, while in Poland it came from the judges and the authorities. That is worse, and forces the EU to react”

e Eeckhout (Londra) che “If we take this judgment seriously, this has to be resolved. The EU should say: You now have to change the Polish constitution or you cannot remain a member state”.

È senz'altro un attacco reazionario, da destra, rinforzato dal fronte anti immigrazione di ben dodici stati dell'Est europeo, ma mette a nudo anzitutto la non risolta convivenza fra trattati (non costituzione) europei e costituzioni statali e questo non è un problema solo dei cattivissimi sovranisti orientali, ma anche dei paesi occidentali e, soprattutto, di quelli mediterranei; secondariamente è un problema di rispetto dello stato di diritto e di irrisolte procedure ex art. 7. 


Porre l'accento solo su queste, sullo stato di diritto, e quindi sui diritti civili, nasconde maliziosamente la distanza che c'è, ad esempio, fra costituzione italiana e trattati UE sul piano dell'intervento pubblico nell'economia e dei diritti sociali ed economici. E non ci fa vedere un effetto sempre vivo: che in Italia, ma anche in Francia, l'insoddisfazione per la direzione politica dell'integrazione europea sia ascoltata solo dagli stolti amici dei sovranisti orientali.


Bisognerebbe invece prendere atto di come la cessione di sovranità non sia, salvo alcuni settori e salvo le eccezioni emergenziali realizzate per salvare l'euro e la domanda in area euro (e non certo i paesi scialoni del Sud), in favore di un soggetto sovranazionale che realizzi un'espansione territoriale di tutti i diritti fondamentali. Perché è evidente che non realizzi l'internazionalismo dei diritti che sta alla base del concetto giacobino (ma anche, per altri versi, mazziniano) di nazione. 

Non credo che la politica abbia la forza di imprimere questa svolta all'integrazione europea, certo che veder scricchiolare le magnifiche sorti europee per richieste di arretramento sui diritti umani e sulle libertà fondamentali mette giustamente in allarme. Ma non si pensi che il consenso verso queste fughe nazionaliste non includa un forte disagio sociale, non risieda anche nelle crescenti disuguaglianze economiche.

 https://www.politico.eu/article/explained-poland-court-ruling-european-union-eu/

lunedì 4 ottobre 2021

Lucano e la legalità costituzionale

Paolo Solimeno, 2 ottobre 2021

 Mimmo Lucano credo vada difeso con le ragioni del diritto. Non viviamo sotto un regime qualsiasi, ma in una democrazia retta da una costituzione molto avanzata che riconosce e tutela i diritti umani ed il principio di solidarietà. Non consegniamo le solide ragioni giuridiche di Lucano al sentimentalismo, non contrapponiamo Antigone a Creonte perché Tebe non era retta da una costituzione democratica. 

Certo che non è facile ricondurre tutto quanto fatto a Riace sotto il cappello assolutorio di una solidarietà attiva che costruisce addirittura una società non solo accogliente per i migranti, ma florida anche per i locali. E con i soldi dello stato. Uno stato che prima è complice, finanzia il Modello Riace, e poi si fa accusatore e aguzzino per poi tornare, speriamo, magnanimo in appello con una riduzione di pena? Non mi paiono accettabili queste oscillazioni, dei commentatori più che dei giudici, i principi fondamentali devono prevalere sempre e la legalità deve alzare la testa, non perdersi dietro ad effimere e demagogiche disposizioni pensate per dare un senso ad una politica che ha rinunciato ad un progetto di società e insegue le paure per raccogliere consensi. 

Come Calamandrei difendeva Dolci e i pretori degli anni '70 assolvevano le occupazioni di case per necessità, così noi oggi, nel decennio dell'ecatombe nel Mediterraneo, dobbiamo dire che nel nostro stato costituzionale di diritto un sindaco che accoglie migranti in fuga dalla guerra e gli trova un lavoro migliorando le condizioni dell'intera comunità che amministra sta rispettando la legalità e non può meritare il carcere e avere debiti verso la repubblica.

lunedì 8 febbraio 2021

Draghi è un libro aperto

Almeno smettetela di chiamarlo keynesiano: Draghi è stato allievo di Caffè, ma da decenni è un liberista puro, o neoliberista, convinto che austerità e aiuto al capitale privato siano la giusta ricetta anche in tempo di crisi (ascoltatelo al meeting di CL, o leggete l'ottima requisitoria di Marco Revelli su Volerelaluna del 29.3.2020 Draghi, lupi, faine e sciacalli (volerelaluna.it) ). 

La sua opera durante la crisi da presidente della Bce non contraddice, mi pare, quest'orientamento: il massiccio Quantitative easing è acquisto di debito pubblico e stabilizza moneta e mercato, ma non immette moneta, lascia i paesi con i debiti che avevano (anzi li accresce). Keynes invece riteneva (suppergiù...) che nei casi di crisi della domanda lo stato dovesse stimolarla con massicci investimenti (remunerativi per il moltiplicatore keynesiano) stampando moneta, non essendo in grado il mercato di riequilibrarsi da sé e di garantire la piena occupazione. Proverbiale (e con assonanze epidemiologiche) l'errore di Roosvelt nel '37 che cominciò con i tagli alla spesa pubblica pensando che la ripresa fosse ormai consolidata e invece gli USA ripiombarono nella disoccupazione. 

Se è vero che da presidente della Bce Draghi non avrebbe potuto fare di più perché è vietato dai trattati finanziare direttamente gli stati stampando moneta, è vero anche che negli interventi pubblici, piuttosto rari, Draghi non l'ha mai teorizzato, non è mai uscito dal solco di principi solidi, ad esempio nella sua opera di privatizzatore (negli anni '90) e di alfiere dell'austerità (nel 2011-12 anzitutto, senza dimenticare le pressioni sulla Grecia affinché accettasse il salvataggio, e che salvataggio...); e anche il rassicurante "whatever it takes" è stato pronunciato da Draghi nel luglio 2012, dopo che le pressioni sue e della Commissione dal 2011 costrinsero alle dimissioni Berlusconi, portarono alla nomina di Monti e all'approvazione quasi all'unanimità del Fiscal compact ad aprile 2012 quando ancora le rassicurazioni dei mercati non erano arrivate (su questo Paolo Ferrero è stato chiaro e spietato. Su tutto v. G. Preterossi Draghi e governo della finanza: Non prevarranno! | La Fionda). A marzo dell'anno scorso egli sosteneva poi che "Livelli molto più elevati di debito pubblico diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e saranno accompagnati da cancellazione del debito privato".

Ora non è chiamato, Draghi, a fare sfoggio di politica monetaria, ma a gestire in sostanza finanziamenti europei e una crisi pandemica, su questa seconda spero che sarà umile e nomini o confermi persone in gamba, sui primi bisogna capire che direzione vorrà imprimere all'uso dei soldi, in gran parte a debito, ottenuti dal governo Conte (tanti, 209 su 750 totali UE). Sottrarre a un governo PD-M5S-LEU la gestione di questa partita è una mossa un po' meschina, ma siamo abituati al cinismo della politica. Ormai è difficile sottrarsi al sostegno - Villone lucidamente suggerisce alla sinistra di esserci per "chiedere, pretendere, orientare" -, ma ci saranno occhi aperti e bocche critiche? Lo slittamento a destra nella gestione del prestito UE ci sarà, con ogni probabilità, anche se il governo Draghi durerà un anno, e sarà nell'individuazione dei destinatari degli investimenti e aiuti, nelle regole transitorie per gestire la flessione drammatica dell'occupazione e dei redditi delle fasce medie e basse, nella politica fiscale. L'aura messianica e l'obiettiva delicatezza del periodo renderanno stabile il sostegno parlamentare a un esecutivo credo monocratico con un decisore e qualche amministratore.

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Poi il 12 febbraio arrivano i nomi dei ministri.

Tutta l'economia va in mano a gente di ultradestra: Colao, un ultrà industrialista che voleva cancellare lacci e lacciuoli per Conte (ricordate il "piano Colao"?), poi al MEF Daniele Franco, cioè Draghi, e Giorgetti, la Lega presentabile in Confindustria, assieme a Garavaglia, pure Lega, al turismo (così a Franceschini restano le chiacchiere).

Pessimo agli Esteri Di Maio, si è autoimposto e non sa cosa fare.

Bene all'Interno Lamorgese e alla Giustizia Marta Cartabia, un salto di due classi.

Lavoro Andrea Orlando – PD, pure bene.

Ambiente – Transizione Ecologica – Recovery Plan Roberto Cingolani – un fisico bravo, ma era con Colao...

Istruzione  Patrizio Bianchi – prof di economia che ha scritto cose condivisibili sull'istruzione 

Università e ricerca Cristina Messa – rettrice della Bicocca... boh

Salute Roberto Speranza – LeU bene, serio e di sani principi.

Affari regionali e autonomie

Maria Stella Gelmini – FI pessima.

Rapporti con il Parlamento

Federico D’Incà – M5S confermato 

Pubblica Amministrazione Renato Brunetta: persecutore dei dipendenti pubblici. 

Un bel governo moderato, a tratti dignitoso, ma estremista neoliberista nei ministeri economici. Bravo Renzi, missione compiuta.