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lunedì 8 febbraio 2021

Draghi è un libro aperto

Almeno smettetela di chiamarlo keynesiano: Draghi è stato allievo di Caffè, ma da decenni è un liberista puro, o neoliberista, convinto che austerità e aiuto al capitale privato siano la giusta ricetta anche in tempo di crisi (ascoltatelo al meeting di CL, o leggete l'ottima requisitoria di Marco Revelli su Volerelaluna del 29.3.2020 Draghi, lupi, faine e sciacalli (volerelaluna.it) ). 

La sua opera durante la crisi da presidente della Bce non contraddice, mi pare, quest'orientamento: il massiccio Quantitative easing è acquisto di debito pubblico e stabilizza moneta e mercato, ma non immette moneta, lascia i paesi con i debiti che avevano (anzi li accresce). Keynes invece riteneva (suppergiù...) che nei casi di crisi della domanda lo stato dovesse stimolarla con massicci investimenti (remunerativi per il moltiplicatore keynesiano) stampando moneta, non essendo in grado il mercato di riequilibrarsi da sé e di garantire la piena occupazione. Proverbiale (e con assonanze epidemiologiche) l'errore di Roosvelt nel '37 che cominciò con i tagli alla spesa pubblica pensando che la ripresa fosse ormai consolidata e invece gli USA ripiombarono nella disoccupazione. 

Se è vero che da presidente della Bce Draghi non avrebbe potuto fare di più perché è vietato dai trattati finanziare direttamente gli stati stampando moneta, è vero anche che negli interventi pubblici, piuttosto rari, Draghi non l'ha mai teorizzato, non è mai uscito dal solco di principi solidi, ad esempio nella sua opera di privatizzatore (negli anni '90) e di alfiere dell'austerità (nel 2011-12 anzitutto, senza dimenticare le pressioni sulla Grecia affinché accettasse il salvataggio, e che salvataggio...); e anche il rassicurante "whatever it takes" è stato pronunciato da Draghi nel luglio 2012, dopo che le pressioni sue e della Commissione dal 2011 costrinsero alle dimissioni Berlusconi, portarono alla nomina di Monti e all'approvazione quasi all'unanimità del Fiscal compact ad aprile 2012 quando ancora le rassicurazioni dei mercati non erano arrivate (su questo Paolo Ferrero è stato chiaro e spietato. Su tutto v. G. Preterossi Draghi e governo della finanza: Non prevarranno! | La Fionda). A marzo dell'anno scorso egli sosteneva poi che "Livelli molto più elevati di debito pubblico diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e saranno accompagnati da cancellazione del debito privato".

Ora non è chiamato, Draghi, a fare sfoggio di politica monetaria, ma a gestire in sostanza finanziamenti europei e una crisi pandemica, su questa seconda spero che sarà umile e nomini o confermi persone in gamba, sui primi bisogna capire che direzione vorrà imprimere all'uso dei soldi, in gran parte a debito, ottenuti dal governo Conte (tanti, 209 su 750 totali UE). Sottrarre a un governo PD-M5S-LEU la gestione di questa partita è una mossa un po' meschina, ma siamo abituati al cinismo della politica. Ormai è difficile sottrarsi al sostegno - Villone lucidamente suggerisce alla sinistra di esserci per "chiedere, pretendere, orientare" -, ma ci saranno occhi aperti e bocche critiche? Lo slittamento a destra nella gestione del prestito UE ci sarà, con ogni probabilità, anche se il governo Draghi durerà un anno, e sarà nell'individuazione dei destinatari degli investimenti e aiuti, nelle regole transitorie per gestire la flessione drammatica dell'occupazione e dei redditi delle fasce medie e basse, nella politica fiscale. L'aura messianica e l'obiettiva delicatezza del periodo renderanno stabile il sostegno parlamentare a un esecutivo credo monocratico con un decisore e qualche amministratore.

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Poi il 12 febbraio arrivano i nomi dei ministri.

Tutta l'economia va in mano a gente di ultradestra: Colao, un ultrà industrialista che voleva cancellare lacci e lacciuoli per Conte (ricordate il "piano Colao"?), poi al MEF Daniele Franco, cioè Draghi, e Giorgetti, la Lega presentabile in Confindustria, assieme a Garavaglia, pure Lega, al turismo (così a Franceschini restano le chiacchiere).

Pessimo agli Esteri Di Maio, si è autoimposto e non sa cosa fare.

Bene all'Interno Lamorgese e alla Giustizia Marta Cartabia, un salto di due classi.

Lavoro Andrea Orlando – PD, pure bene.

Ambiente – Transizione Ecologica – Recovery Plan Roberto Cingolani – un fisico bravo, ma era con Colao...

Istruzione  Patrizio Bianchi – prof di economia che ha scritto cose condivisibili sull'istruzione 

Università e ricerca Cristina Messa – rettrice della Bicocca... boh

Salute Roberto Speranza – LeU bene, serio e di sani principi.

Affari regionali e autonomie

Maria Stella Gelmini – FI pessima.

Rapporti con il Parlamento

Federico D’Incà – M5S confermato 

Pubblica Amministrazione Renato Brunetta: persecutore dei dipendenti pubblici. 

Un bel governo moderato, a tratti dignitoso, ma estremista neoliberista nei ministeri economici. Bravo Renzi, missione compiuta.

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