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mercoledì 29 luglio 2020

Emergenza, "stato di emergenza", costituzione

La dichiarazione d'emergenza del 31.1.2020 seguì l'emergenza globale dichiarata dall'OMS, scadrebbe il 31 luglio, il governo intende prorogarla fino al 15 ottobre. Si tratta quindi di confermare i poteri di ordinanza, soprattutto, di cui agli articoli 24 e 25 del D.Lgs. n. 1 del 2018: poteri che consentono di operare in deroga all'ordinamento, ma nel rispetto dei principi fondamentali ("in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e  con  le  modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza e nel  rispetto dei  principi  generali  dell'ordinamento  giuridico  e  delle  norme dell'Unione europea" dice l'art. 25).

Ci sono i presupposti? Più che di presupposti dell'emergenza, concetto vago e troppo ampio, ovviamente l'emergenza pandemica non è più del grado del marzo 2020, ma è più grave di quello che si registrava al 31 gennaio quando si temeva solo lo scoppio di focolai in Italia: allora si voleva avere gli strumenti per intervenire tempestivamente in caso di necessità; piuttosto bisogna allora chiederci, più in concreto e dopo l'esperienza dell'emergenza, se ci sono i presupposti per adottare o confermare provvedimenti che, senza l'emergenza, sarebbero vietati dalla legislazione ordinaria. Il presidente Conte ha fatto un elenco nel suo intervento al Senato: "l’allestimento e la gestione delle strutture temporanee per l’assistenza alle persone risultate positive; l’impiego del Volontariato di protezione civile; il reclutamento e la gestione di task force di personale sanitario a supporto delle strutture regionali e - attenzione - degli istituti penitenziari; la prosecuzione dell’attività relativa al numero verde 1500 per l’assistenza alla popolazione; il pagamento dilazionato delle pensioni presso gli Uffici postali per evitare assembramenti; l’attribuzione all’Istituto superiore di sanità della sorveglianza epidemiologica; l’attivazione del sistema CROSS, forse non ne riconosciamo comunemente l’importanza, CROSS sta per “Centrale operativa remota di soccorso sanitario”, in caso di mancanza di posti letto nei reparti di terapia intensiva in una Regione ... quella che consente di noleggiare navi per la sorveglianza sanitaria dei migranti."
E cesserebbero tutte le attività e le cariche legate al funzionamento della protezione civile in stato d'emergenza. E dovrebbero essere riviste tutte le misure che scadono con il cessare dello stato d'emergenza.

Tutte misure che hanno, visto il felice e importante calo di malati gravi e contagiati in genere, una minore ragion d'essere, ma sono comunque non "limitazioni" ai cittadini, ma strumenti d'intervento che si attivano in caso di necessità. 
Tutti i provvedimenti che invece limitano gli assembramenti e spostamenti (soprattutto distanziamento sociale e viaggi all'estero) sono invece adottati da diversi Decreti Legge e conseguenti Dpcm che nell'emergenza hanno una premessa di fatto, ma non una giustificazione normativa. Ovviamente limitare la libertà di circolazione e riunione, nelle varie forme immaginabili, per tutelare la salute è legittimo, se invece la salute non fosse minacciata dall'assembramento, sarebbe illegittima la limitazione. 

Sulla legittimità dello stato d'emergenza, quindi, ritengo che il discorso sia facile da fare e senza coinvolgere la costituzione e i principi dell'ordinamento. Fra l'altro nella risoluzione votata in senato c'è l'impegno del governo ad adottare eventuali limitazioni di libertà fondamentali con norma primaria, non con Dpcm (e su questo gli sbreghi ad inizio epidemia ci furono).

Resta però un piano che non vedo affrontato: quello della legittimità del T.U. sulla protezione civile che dà poteri di intervento in deroga forti e con termini molto ampi, e sullo specifico uso che se ne fa. Le discussioni ai tempi delle emergenze berlusconiane (G8, terremoto dell'Aquila, festeggiamenti del 150° dell'unità d'Italia, ecc.) giustamente mettevano in risalto (la normativa precedente al 2018 era simile) il vuoto di diritto conseguente all'attribuzione di poteri speciali alla Protezione civile che così poteva decidere e affidare lavori, progetti, modifiche e deroghe, forniture, assunzioni di amici e parenti. 

Ma non è questo oggi il tema, nessuno lo solleva, si grida al furto di libertà. E allora il bersaglio deve essere un altro, non la proroga, ma le singole norme di distanziamento sociale.

Perché come dice "Vujadln Boskov" "confondere #statodiemergenza con dittatura è come scambiare parastinchi per giubbotto antiproiettile"

venerdì 17 luglio 2020

Le autostrade degli italiani

L'intesa con la concessionaria Autostrade per l'Italia pare l'esito migliore prevedibile di questa impasse: sia la revoca sia la decadenza (i cui motivi vanno dimostrati e fanno nascere enormi contenziosi) avrebbero esposto a enormi indennizzi per l'anticipata interruzione della concessione che scade nel 2038! Sono 18 anni di pedaggi mancati, dovuti anche in caso di revoca senza contestazioni, art. 9 e 9 bis della convenzione (per avere un'idea un conteggio degli incassi 2001-2017 dava 43 miliardi di euro, quindi siamo sui 50 mld almeno per un periodo superiore e con gli aumenti che sono sopravvenuti da cui vanno detratti i costi di gestione prevedibili per lo stesso periodo).
Sono 2854 km di autostrade. Lo stato spenderà per diventare azionista di maggioranza, ma incasserà i pedaggi. Restano invariate le responsabilità per danni causati dal crollo del ponte Morandi che fra l'altro sono sotto giudizio.
Se dopo il ridimensionamento di Benetton lo stato e il risparmio privato di CDP resteranno prevalenti nella gestione della principale rete autostradale si potrà avviare un indirizzo nell'interesse pubblico, invece che privato, credo che questa sia la sfida maggiore.
Da più parti giungono critiche per la mancata revoca, ma le trovo pretestuose. Fra le critiche più ragionate quelle di Paolo Maddalena - http://temi.repubblica.it/micromega-online/autostrade-il-governo-inganna-gli-italiani-e-favorisce-gli-speculatori/ - secondo il quale l'ingresso di Cdp in Aspi senza ripubblicizzare - dopo la privatizzazione del 1999 - la gestione accollerebbe debiti allo stato e favorirebbe l'ingresso di speculatori anche stranieri.
Dovrebbe infatti affiancarsi alla Cdp dei fondi stranieri, l’australiano Macquaire e lo statunitense Blackstone. Cdp annuncia di voler privilegiare operatori italiani evitando così che al ridimensionamento di Benetton segua l’ingresso di soggetti stranieri con analoghi obiettivi di lucro. Si fanno i nomi di F2i, Poste Vita, Cassa forense, Inarcassa, Unipol e Generali.
Esiti possibili e da tenere in considerazione. Senz'altro però controllare Aspi, quando sarà realizzata, è una condizione per esercitare interessi collettivi. 
Inoltre la convenzione in vigore sarà modificabile, quando le parti del contratto saranno il Ministero dell'economia con Cdp (se manterrà una quota maggioritaria o determinante) e Anas che è sì una spa, ma a capitale pubblico.