Di male in peggio. In Italia non si fanno rivoluzioni, ma solo controriforme (ovvero: o Grillo o democrazia)
Ammettiamo che la destra nuova, quella nata
negli anni '90, con Fiuggi e Arcore, è stata ed è dichiaratamente
anticostituzionale ed ha aggravato le tendenze autoritarie delle
democrazie dominate dai mass-media. Ammettiamo anche che la sinistra da
trent'anni ha lavorato a stravolgere la democrazia dando l'esempio,
partendo dall'esaltazione culturale e legislativa dell'esecutivo,
approvando leggi elettorali che
mortificavano il ruolo degli elettori e delle assemblee elettive,
favorendo la personalizzazione della politica, ecc.
Ora arrivano i
nuovi, dai tratti qualunquisti che gridano contro la partitocrazia, ma
cosa hanno proposto sinora, oltre ad un condivisibile disprezzo per il
malaffare e la corruzione che foraggia inetti? Un esaltato e maniacale
assalto ai costi della politica, quasi insignificanti rispetto alle
dimensioni e all'urgenza della crisi economica. Un governo che affronti
appunto la crisi economica con ottica diversa dall'austerità di Monti
rischia di fallire in nome di purezze d'intenti anticastali.
Ma il
segno più preoccupante lo hanno dato in questi mesi Grillo e Casaleggio
(non tanto gli eletti del M5S, quindi) preludendo ad una vera e propria
involuzione autoritaria. E l'elenco dei "contributi" della setta M5S alla democrazia si allunga:
- organizzazione dittatoriale del partito
- primarie improvvisate su social network
- avversità al mandato non imperativo
- avversità al voto segreto
- derisione di ogni altra parte politica
- sostegno solo di un governo proprio, col 100% dei consensi
- disprezzo delle istituzioni
- disprezzo di ogni organo di informazione e di ogni opinione, salvo il
megafono impugnato dal leader e gli hadit del profeta Beppe Muhammad
Grillo
- gli incontri di trattativa politica in diretta streaming, e
non è trasparenza, è vanteria (di intransigenza e fanatismo) e
sudditanza (al controllore massimo Grillo)
Forse quello che
davvero manca nelle teste di Grillo e Casaleggio, ma temo anche in
quelle di alcuni loro sostenitori, è cultura democratica e laicità. Alla
luce di queste risorse essenziali di una comunità le loro posizioni
risulterebbero subito ridicole e insostenibili, come lo sono quelle di
ogni setta di fanatici con cui non si può mai ragionare, ma che bisogna
solo ascoltare.
Ci sarà già chi dice che chiamare setta un movimento che vuole scardinare la partitocrazia denuncia già la malafede e la supponenza dell'accusatore, ma è facile rispondere che l'effetto destabilizzante in sé non è che benvenuto, quello che dispiace e addirittura inquieta è il fatto che milioni di persone riescano a muoversi con gli stessi impulsi e modalità delle coppie di predicatori che annunciano l'avvento, con la stessa stolida sicumera dei predicatori che hanno scoperto la verità e se ne fanno latori, e soprattutto si occupano - mentre l'Italia sta fallendo - della moralizzazione degli abitanti di un parlamento senza più poteri come se fosse il tema centrale e vitale e attuale solo perché qualche profeta infallibile così disse anni fa e guai a chi lo nega.
Tempi duri.
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