Lo scivolamento verso destra delle
società organizzate intorno a sistemi formalmente democratici, ma in
cui la formazione delle opinioni è falsata per la profonda ignoranza
generale, ma in specie delle dinamiche politico economiche, e per la
parzialità e manipolazione dell'informazione è fatale.
Destra vuol
dire risposte demagogiche e politiche liberiste e di
deregolamentazione, vuol dire favore e non contrasto e correzione
delle dinamiche di concentrazione del potere e della ricchezza.
Attuare politiche di destra vuol dire fare l'opposto di quanto la
maggioranza consapevole chiederebbe, nel proprio interesse, nell'interesse della collettività.
L'astensione è già un segnale
di consapevolezza, purtroppo: solo in parte si rinuncia a capire o si
resta semplicemente delusi dalla contraddittorietà tra promesse e
azioni concrete, in gran parte si constata che le dinamiche della
rappresentanza democratica sono così falsate, distorte, da rendere
inutile il voto ai soggetti del cambiamento rivoluzionario, inteso
come redistributivo ed egualitario.
La deriva autoritaria -
antidemocratica, antirappresentativa, oligarchica - non è solo la
creazione di uno strumento docile di comando, la garanzia di poter
governare a dispetto del consenso e del dibattito, è anche la
risposta demagogica che promette governabilità ed efficacia e vince
suo malgrado costringendosi a darsi strutture antidemocratiche,
nonostante che il consenso sia ormai domato e potrebbe concedere
rappresentanza di volontà libere perché comunque conformi,
accondiscendenti.
Destarsi da questa ossidazione e
putrefazione della spinta evolutiva della democrazia, riscattare le
potenzialità del pluralismo e della dialettica democratica, è un dovere
morale, un'esigenza spirituale che può giustificare impegni
straordinari di moltitudini non insignificanti, ma disperse, incapaci
di riunirsi in un'unica impresa perché abituate alla diffidenza e al
libero pensiero e prive di organizzazioni autorevoli in cui investire
tempo e volontà.
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