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martedì 24 ottobre 2017

Chiamata alle larghe intese: il Rosatellum come arma impropria

DDL Rosato - o rosatellum: il ddl 2941 del Senato che sta procedendo la sua scandalosa corsa a colpi di fiducia imposti dal governo, con la ministra Finocchiaro sempre in prima fila, eppure Gentiloni lo aveva esplicitamente escluso dal programma quando chiese la fiducia alle Camere. Il testo - di non facile lettura per essere l'ennesima modifica al TU del 1957 - si può scaricare qui
ddl Rosato in PDF

Il sistema proposto non sembra un grande passo avanti rispetto ai sistemi in vigore dopo le sentenze della Corte costituzionale n. 1/2014 (che abrogò premio e liste bloccate della legge del 2005, il Porcellum) e n. 35/2017 (che ha abrogato parte dell'Italicum, la legge renziana che nel 2015 soccorse subito a reagire all'intollerabile intromissione della consulta negli affari della politica delle larghe intese del Nazareno: il ballottaggio, lasciando in vigore il premio al primo e unico turno per la Camera; e il diritto di scelta del capolista che risulti eletto su più collegi, risulterebbe eletto nel collegio estratto a sorte): anzitutto perché le differenze tra i due sistemi in vigore si riducono ad uno "eventuale" (che si attiva solo alla Camera se una lista raggiungesse il 40% dei voti) ed uno "eventuale" e non decisivo (le soglie di sbarramento al senato sono ben più alte, ma basterebbe presentare coalizioni o liste aggregate in grado di superarli.

In breve annoto qualche critica al Rosatellum, considerazioni ormai diffuse, per arrivare alla conclusione che non abbiamo bisogno dei suoi meccanismi, anzi, come molti vanno dicendo, gli effetti indesiderati si sommerebbero a quelli abusivi e maliziosamente ricercati dai proponenti:

- apparentemente è un sistema proporzionale per 2/3 e uninominale per 1/3 con sbarramento al 3%, bellissimo, direi!

- in realtà, essendoci una sola scheda (per la camera, un'altra per il senato) ed essendo vietato il voto disgiunto, il voto va sempre al candidato dell'uninominale (di coalizione o della singola lista non coalizzata) e l'elettore lo sa e si concentrerà su quello (succede così, ad es., anche in Germania, dove ci sono due distinti voti uninominale e propozionale, eppure gli elettori, al 60%, pensano di trovarsi di fronte a un sistema all'inglese);

- le liste del proporzionale sono brevi, ma non come in Spagna, bensì all'italiana: il risultato proporzionale è dato dal collegio unico nazionale (regionale al senato), quindi la scelta del candidato non c'è; inoltre ogni candidato può candidarsi nella stessa lista in ben 5 circoscrizioni diverse e 1 collegio uninominale;

- il risultato è che il 100% dei candidati (dell'uninominale e del listino bloccato) è scelta dai partiti, l'elettore sceglie solo il partito; se non sceglie il partito, ma vota solo il candidato del collegio uninominale, il suo risultato andrà distribuito fra le liste coalizzate secondo le scelte degli altri elettori del collegio: tale voto è direttamente valido per conseguire il collegio uninominale, ma è conteggiato anche per determinare la quota proporzionale, raddoppiando di fatto l'effetto del voto di chi contribuisce ad eleggere il candidato dell'uninominale (cfr. Spadacini, Manifesto del 20.10.2017)

- lo sbarramento del 3% diventa dell'1% in coalizione (che nel complesso deve raccogliere almeno il 10%), un invito alla frammentazione disponibile.

A parte altri dettagli, il risultato è un sistema che accetta la situazione esistente, non si preoccupa di determinare maggioranze che non esistono (con premi o ballottaggi), e che quindi ha due obiettivi evidenti: ottenere la fedeltà degli eletti di ciascuna lista (ma le coalizioni saranno aperte, libero ciascuno di saltare da un gruppo a un altro, più del solito); e scoraggiare chi vuol correre da solo; e un obiettivo velato: sarà necessaria l'alleanza tra schieramenti fittiziamente contrapposti. Soccombe chi, piccolo, non si allea prima.

Eppure Renzi raccoglierà voti contro Berlusconi e contro Grillo, Salvini contro Renzi, ecc. Ma Renzi vuole fare alleanze a destra, perché questa legge sacrifica proprio i partiti alla sinistra del Pd che non vorranno allearsi. Creare un sistema che facilita anzitutto la destra, pur di rendere indispensabili alleanze tra poli contrapposti (fittiziamente, ripeto, ma tali sono), piuttosto che (avversativo) tra partiti affini è segno della trasformazione del Pd. Gli altri partiti di destra non otterrebbero da soli la maggioranza (sulla "stupidità" di questa legge v. Floridia sul Manifesto del 24.10.2017).

Nella situazione odierna, obiettivamente "ingovernabile" (per non parlare delle responsabilità), sarebbe preferibile lasciare che si formi un parlamento il più possibile rappresentativo dell'elettorato e lasciare che lì si aggreghi una maggioranza governativa tra tutti i soggetti affini. Non credo abbia senso obiettare che alcuni partiti dichiarano di non volersi alleare, sia perché a certe condizioni (di forza e di programma) potrebbero farlo, sia perché la loro rappresentanza è condizionata dal sistema elettorale e da come è percepito dall'elettore.

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