Cerca nel blog

mercoledì 11 ottobre 2017

Un parlamento strozzato come un porcellum - fiducia e discussione della nuova legge elettorale

Legge Acerbo (1923), Legge truffa (1953), Italicum (2015). Tutte approvate su pressione del governo, tutte con la fiducia. E ora il Renzellum, o Rosatellum che dir si voglia.

Porre la fiducia sulla legge elettorale (procedimento che consente di far cadere gli emendamenti e limitare i tempi di voto, oltre che impegnare i parlamentari sul sostegno o meno all'esecutivo) deve ritenersi contrario alla costituzione, art. 72, IV comma, che impone per i disegni di legge "in materia costituzionale ed elettorale" che si segua il procedimento ordinario, quindi quello del I comma: in aula, articolo per articolo.

La stessa presidente Boldrini già autorizzò la fiducia per l'approvazione dell'Italicum nel 2015, ora replica l'autorizzazione per questo ddl di pessima fattura che avrà, se approvato, oltre ai vizi di cui molto si parla (liste bloccate e vincolate al candidato dell'uninominale e trucchi vari confezionati a vantaggio di alcuni gruppi con l'esito anzitutto di determinare un parlamento di nominati e fortemente selettivo verso le formazioni minori o che non accettano le alleanze), anche il vizio di procedimento di esser stato votato con la fiducia. Questi parlamentari della maggioranza, eletti nel 2013 con il Porcellum dichiarato incostituzionale a gennaio 2014, possono ancora produrre qualcosa di meno infame, ma temo che non ne avranno il coraggio.

Nel 2015 l'argomento della presidente Boldrini che pose, richiesta dal governo, la fiducia, fu l'art. 116 del regolamento della camera che, ci insegna Felice Besostri, non parla di legge elettorale, ma perché pare ovvio che parli solo di quei ddl su cui si può porre la fiducia.

Il tema mi sembra essenziale perché il disegno costituzionale del procedimento di discussione e votazione delle leggi è uno dei nodi centrali della democrazia che coinvolge i principi della sovranità popolare, della rappresentatività delle istituzioni, del rispetto delle minoranze, della separazione dei poteri, nodo che deve avere confini certi, non disegnati con timidezza da parte degli organi di garanzia. Ritengo che l'art. 72 che parla di "procedura normale" ordinario al quarto comma richieda che i disegni di legge in materia costituzionale, elettorale, ecc. debbano seguire "il" procedimento ordinario di cui al I comma, non semplicemente la procedura di votazione in aula che in maniera sintetica si descrive nel quarto comma.

I precedenti di corte costituzionale sono contrari a questa lettura (si vedano le sentenze n. 9/1959, 391/1995, non la 35/2017 sull'Italicum perché l'eccezione relativa si fermò dinanzi alla valutazione dei giudici a quo di manifesta infondatezza e la corte ritenne di non poterlo sollevare autonomamente dopo che le ordinanze non l'avevano fatto).  Ma quelle pronunce ripropongono principi e ragionamenti maturati soprattutto sul rispetto del procedimento in materia di conversione di decreti legge e di questione di fiducia.

Ritenere soddisfatto l'art. 72, quarto comma, per il solo aver garantito l'esame in sede referente e l'approvazione in aula mi sembra poco. Si esclude in tal modo che la votazione e discussione articolo per articolo sia la vera "procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera". Provo a proporre solo un piccolo argomento letterale: se il costituente avesse voluto limitarsi a chiedere quello che scrive, esame e approvazione in aula, per escludere quindi solo la commissione in sede deliberante, perché avrebbe dovuto creare un istituto (procedura normale) che poi descrive nel dettaglio? L'autolimitazione della corte, che in sostanza non vuol entrare a valutare i regolamenti parlamentari, così vanifica la chiara indicazione di una "procedura normale" che garantisce discussione, trasparenza, partecipazione delle opposizioni.

E questo risulta pianamente dalla diffusa interpretazione dell'art. 72 Cost. Anche di recente in materia si trova Trib. di Messina, ordinanza di rimessione alla C.Cost. (che poi ha deciso censurando su altri presupposti parte dell'Italicum, sent. 35/2017), che afferma che "la prima questione sollevata concerne l'asserita violazione dell'art. 72, comma 1 e 4, Cost. (secondo cui la procedura normale - da adottare per le leggi elettorali - prevede che il disegno di legge sia esaminato in commissione e poi dalla Camera o dal senato, che l'approva articolo per articolo), posto che il d.d.l. unificato A.C. 3-B-Bis è stato approvato senza la preventiva votazione delle commissioni in sede referente e dopo che il governo aveva posto la questione di fiducia, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, sugli artt. 1, 2 e 4, con voto finale di fiducia il 4 maggio 2015, con unica votazione a scrutinio palese cumulativamente per tutti e tre gli articoli in questione".
E si conclude, con pronuncia che non risolve affatto il problema, se non in quel giudizio, che "dai documenti prodotti dai ricorrenti (...) non risulta dimostrata la dedotta violazione della procedura ordinaria prescritta per le leggi elettorali dall'art. 72 Cost. , non emergendo per tabulas che, a seguito della proposizione dal parte del Governo della questione di fiducia, sia stata omessa la votazione articolo per articolo, previo esame in commissione. Peraltro, gli ulteriori profili prospettati (come quelli inerenti il c.d. Lodo lotti del 1980, attinente alle disposizioni regolamentari della Camera) non appaiono rilevanti per la questione in esame."
Quindi la "procedura ordinaria" del IV comma è qualcosa di più di votare in aula, secondo il giudice siciliano.

Da non trascurare che finirà sotto la fiducia anche la delega al governo di disegnare i collegi elettorali, quindi una parte di ddl riguarda non solo la legge elettorale, ma è fatto con lo strumento della delega e il IV comma dell'art. 72 chiede che sia rispettata la "procedura ordinaria" per ddl in materia costituzionale, elettorale, di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.

Altra questione è quella del rispetto dei regolamenti parlamentari: se la violazione è solo del regolamento, non si determina un errore di procedura che possa esser fatto valere fuori dall'aula, ma solo al suo interno, con gli strumenti propri dell'organo. Ebbene, entrano in ballo gli articoli 116 e 49 del regolamento della camera, il primo impedisce all'esecutivo di chiedere la questione di fiducia ex art. 94 Cost. su disegni di legge per i quali è previsto il voto segreto; e fra questi l'art. 49 menziona i ddl in materia elettorale. La disposizione è chiara, anche se c'è chi sostiene, come nel 2015 la presidente Boldrini, che il limite varrebbe quando si tratta dei casi di tutela di situazioni sensibili in cui il regolamento prevede il diritto di chiedere la votazione a scrutinio segreto, quindi solo quando si vota su persone.


Nessun commento:

Posta un commento