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giovedì 12 settembre 2019

Due 11 settembre: pacifismo, socialismo e democrazia, laicità.

L'11.9.2001 vidi la folla alla tivù di un bar, guardai e rimasi a bocca aperta.
Fossi stato un po' più grande l'11.9.1973 sarei invece rimasto a pugni chiusi dalla rabbia, non avrei più dimenticato il socialismo democratico spento nel sangue dalla destra americana.

Il primo evento, tremila morti, enorme e assurdo, è un atto di terrorismo fanatico e nihilista. Il secondo insegna la necessità della ribellione, il peso delle responsabilità, la superiorità morale della democrazia e del socialismo sui regimi militari reazionari. Gli Usa sostennero nel '73 il golpe di Pinochet (che massacrò migliaia di oppositori) e il suo regime fino alla fine, scatenarono invece un'infinita guerra nel 2001 contro l'Afghanistan provocando centinaia di migliaia di morti. Ancora non si sono ritirati, da ultimo trattavano coi talebani.

L'11 settembre dovremmo farlo giornata contro la guerra e per la laicità e la democrazia, ecco. Per il senso del limite, della finitezza dell'esperienza umana.

martedì 3 settembre 2019

Diretta o mediata: conflitto o alleanza? Il giorno della piattaforma Rousseau

Votate come vi pare, ma a che gioco giocate?
Lo statuto del M5S consente al capo politico di sottoporre scelte al parere degli iscritti al sito Rousseau. Nel voto in corso oggi 3 settembre si tratta di esprimersi a favore o contro la formazione di "un governo" di alleanza fra il Movimento e il PD e a guida di Giuseppe Conte.

La preoccupazione di molti è sul possibile conflitto fra la scelta del gruppo parlamentare e dei dirigenti del movimento, già espressa nelle trattative e negli incontri con Mattarella, e il risultato della consultazione degli iscritti. E sul fatto che gli iscritti sono pochi e il funzionamento della piattaforma di voto Rousseau non dà garanzie di riservatezza e fedeltà (già due volte l'Autorità di garanzia ha mosso critiche e multato il gestore, la società di Casaleggio e soci).

Non ci sono invece dubbi sul fatto che lo statuto del M5S sia legittimo, in questa previsione (il capo politico potrebbe anche far rivotare chiedendo che si raggiunga la maggioranza assoluta degli iscritti per avere un risultato vincolante), e che non ci sia un conflitto giuridico in quanto il valore del voto è solo interno al movimento - e inciderebbe quindi sulle cariche e sui rapporti interni del movimento - e non incide quindi sui poteri del Presidente della Repubblica di designare il Presidente del Consiglio e sul Parlamento di votare la fiducia al governo, anche contro la decisione degli iscritti alla piattaforma Rousseau.
Un'eventuale azione giudiziaria di un iscritto al M5S o alla piattaforma potrebbe mirare ad annullare decisioni dei vertici che nel non tener conto della volontà espressa dalla piattaforma Rousseau conterrebbero una violazione dello statuto censurabile.

Ci sono precedenti pronunce su tali conflitti che evitano di valutare se uno statuto sia conforme o meno a principi di democraticità interna (e facendo ciò risolverebbero anche il problema della portata dell'art. 49 Cost.), ma applicano regole generali dell'ordinamento giuridico confrontandole con quanto scritto negli statuti. Il conflitto fra vertici e consultazione è probabile.

Il tribunale civile di Genova, Giudice Braccialini, su azione di una candidata a sindaco, in una pronuncia cautelare del 10.4.2017 scrive "la cifra democratica del Movimento 5 Stelle è costituita dal fatto che le sue regole statutarie si preoccupano di raggiungere un punto di equilibrio tra il momento assemblear/movimentista (incarnato dal secondo comma dell'art. 4 del Non Statuto e realizzato con originali forme telematiche) e l'istanza dirigista che viene riconosciuta ed associata a figura di particolare carisma e peso politico per il Movimento, come Beppe Grillo, il quale in seno a tale organizzazione politica cumula in modo non seriamente contestabile la qualità di "capo politico", come da Regolamento; e di "Garante del Movimento", come da Codice Etico".

Oggi che "capo politico" è un altro, Luigi Di Maio, i problemi aumentano.
Il problema non è di poco conto: nel caso di Genova la candidata cacciata vinse l'azione giudiziaria e avrebbe potuto presentarsi come "vera" candidata M5S (la cosa si risolse invece perché scelse di candidarsi sotto altra lista). Nel caso della scelta per Palazzo Chigi un'azione di iscritti al movimento che denunciassero la violazione dello statuto potrebbe portare alla sospensione o all'annullamento della delibera del "capo politico" Di Maio che non tenesse conto del risultato della consultazione?
Sempre il Tribunale di Genova (riportato anche in Roberto Bin, Onestà onestà, 2017, Lacostituzione.info) prende atto che è proprio il M5S che "vuole essere testimone della possibilità di realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partiti senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli utenti della Rete il ruolo di governo e indirizzo normalmente attribuito a pochi".

Ovviamente nelle regole costituzionali, scritte e non, non è previsto alcun effetto della decisione di un capo politico e della violazione o meno dello statuto di un partito sul procedimento di designazione, presentazione e votazione di un governo da parte del parlamento. Ma le conseguenze politiche sul M5S e sulle relazioni politiche globali sarebbero dirompenti.
Credo che sia saggio continuare a difendere l'indipendenza delle due sfere, istituzionale e associativa o partitica, anche a difesa del divieto del vincolo di mandato dei rappresentanti politici (art. 67 cost.). Ma una maggior chiarezza e plausibilità degli statuti dei partiti che concorrono alla determinazione delle cariche e delle politiche nazionali e locali è auspicabile.

E la via che sembra naturale è l'attuazione del dettato dell'art. 49 cost. sull'interpretazione del quale c'è già un'ampia letteratura.
Intanto si deve registrare che la legittima aspirazione ad introdurre meccanismi di democrazia diretta sia nei procedimenti deliberativi istituzionali, sia in quelli partitici (cose da tener distinte con tenacia), trova strade diverse, non sempre compatibili con il valore, i tempi e le procedure della democrazia rappresentativa. Difendere questa, anche nelle forme evolute che ad esempio un rafforzamento e ampliamento dell'istituto del referendum potrebbe portare, non deve esser letta come battaglia di retroguardia o elitarista, ma come difesa del più limpido e sperimentato metodo di partecipazione alla vita collettiva che conosciamo.

sabato 29 giugno 2019

Non abbiamo bisogno di Salvini

Quali obiettivi di sicurezza e controllo dei traffici di migranti abbiamo? Di questo non si dibatte, si sa solo che gli ultimi ministri dell'interno, Minniti e Salvini, hanno voluto bloccare gli 'sbarchi' che si contavano in poche decine  di migliaia e ora poche migliaia di persone l'anno che in gran parte vanno all'estero. Del resto degli stranieri non si parla perché non si vuol ammettere che l'Italia, la sua stanca anagrafe, il suo welfare, le sue imprese, le sue famiglie ne hanno bisogno. Dei regolari e, spesso, anche dei pochi irregolari che ammontano a circa 500 milla.

Ma un Paese che ha bisogno di stranieri non ha bisogno di Salvini. Trump ha subito rivolte di grandi aziende quando ha minacciato di bloccare l'ingresso in USA di lavoratori da alcuni paesi.

E allora Salvini rigira con cinico opportunismo il coltello nella piaga degli insignificanti, seppur drammatici, sbarchi. E invoca oggi contro la comandante della nave della Ong Sea Watch il codice della navigazione che punisce la resistenza contro nave da guerra nazionale; in altre occasioni le procure hanno invocato il testo unico sull'immigrazione che punisce chi favorisce l'immigrazione clandestina; per entrambe  le condotte sembra applicabile la scriminante dell'art. 54 c.p. che tutela chi abbia agito per salvare sé o altri da un pericolo grave alla persona (cui fa riferimento espresso l’art. 12 del d.lgs. 286 del 1998). E le convenzioni internazionali in materia impongono la prima accoglienza, salvo poi mandare altrove o respingere chi non abbia il diritto di restare.

Inoltre l'intenzione di consegnare i migranti alle autorità italiane e il ruolo della Ong di soccorso, non di organizzazione della migrazione, sembrano escludere alcuna clandestinità e illiceità. Le procure, o i Gip, di solito archiviano.

Ma una probabile assoluzione della comandante della Sea Watch non cancellerà il clamore che le varie vicende avranno intanto avuto e Salvini le provoca e gestisce in modo da avere la sua fetta di fetido consenso, non il 100%, gli basta un terzo, o poco più, quota che in qualunque dilemma ha l'opinione meno solida o meno fortunata, ed è contento.

lunedì 27 maggio 2019

Regionalismo differenziato: un disegno reazionario e incostituzionale

 - comunicato dell'associazione nazionale dei Giuristi Democratici - 20.5.2019

Nell'assenza —perseguita scientemente dai promotori— di un dibattito pubblico, ma anche solo di un'informazione pur sommaria al riguardo, reputiamo indispensabile denunciare questa pericolosa proposta. Spezzare l'unità sul tema fiscale, su tutte le norme che riguardano l'istruzione (nonostante gli accordi raggiunti fra sindacati e Governo di cui non si può che dubitare, per il parallelo e incompatibile accordo con le Regioni) e sugli altri diritti sociali, per tacere delle altre materie che sarebbero trasferite, vuol dire dissestare buona parte dell'impianto costituzionale; per di più, tramite una legge ordinaria.
Il disegno reazionario e incostituzionale del regionalismo differenziato.

La minacciata approvazione del "regionalismo differenziato", un'interpretazione estremista, ma comunque prevedibile, dell'art. 116 Cost., terzo comma, come modificato nel 2001, deve essere letta in tutta la sua portata eversiva e perciò contrastata senza incertezze.

Le note vicende che hanno preparato le attuali pretese delle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna sono partite dalle Leggi 15 e 16 del 2014 della Regione Veneto, con cui si indicevano referendum propositivi su altrettante proposte di legge nazionale che la Corte costituzionale, con sentenza n. 118/2015, respinse in buona parte per diretto contrasto con la Costituzione; ma anche il solo referendum ammesso e poi tenutosi nel 2017, assieme a uno analogo nella Regione Lombardia, hanno forti implicazioni costituzionali e avrebbero dovuto essere dichiarati inammissibili, nel solco dei precedenti della Consulta, fra cui le sentenze 365/2007 e 470/1992.

Dopo la prevedibile vittoria dei Sì ai due referendum lombardo-veneti scatta l'allarme: il 29 novembre 2017 Giuseppe Pisauro, sentito in Parlamento per l'Ufficio parlamentare di bilancio sui progetti di regionalismo differenziato, afferma che il trasferimento di competenze ed il trattenimento dell'80% dei tributi raccolti in Regione sono insostenibili per la finanza pubblica. Infatti non è replicabile l'oneroso modello delle Regioni a statuto speciale, ed i propositi di Veneto e Lombardia sono anche più radicali e di rottura dell'unità della Repubblica. Eppure le intese con le tre Regioni saranno poi approvate dal Governo Gentiloni il 28.2.2018, a camere sciolte ed a pochi giorni dal loro rinnovo e, quindi, con i poteri dell'esecutivo ridotti alla sola "ordinaria amministrazione" che non si può ritenere comprenda anche il potere di sottoscrivere intese, sia pure preliminari, di questa portata.

Si è dato così l'avvio a un procedimento che potrebbe portare all'approvazione di intese Stato-Regioni che attuerebbero l'art. 116, co. 3o Cost., dando corpo al sogno della Lega di mantenere sul "territorio (del Nord) il cosiddetto "residuo fiscale”. Dietro questo pseudo-istituto leghista si nasconde la rottura dell'uguaglianza delle cittadine e dei cittadini, del principio di solidarietà redistributiva e di equità che sta alla base dell'imposizione tributaria disegnata dall'art. 53 Cost.; vi si vuol sostituire la redistribuzione entro lo stesso territorio della quasi totalità del prelievo fiscale. Un proposito inaccettabile in uno stato unitario, seppur decentrato, perché le imposte gravano sugli individui in base alla loro capacità contributiva e sono informate al criterio della progressività (sia pur distorto da evasione e prevalere delle imposte indirette, ecc.); se si restituiscono servizi inerenti ai diritti civili e sociali non in base alle necessità di ciascuno ovunque si trovi, ma su base territoriale, si divide lo stato in aree reddituali e si realizza una secessione iniqua, su criteri di merito del tutto infondati e pretestuosi e a Costituzione formalmente invariata.

Il testo delle intese dettagliate che sono già state raggiunte è stato pubblicato sul web da roars.it, ma il Governo ne ha smentito la fondatezza. Nelle intese generali —piene di furbe omissioni— sinora approvate dalle parti, comunque, l'art. 4 prevede una riserva per ciascuna Regione di tributi erariali maturati sul territorio, seppur senza indicare la proporzione; il Veneto (nel ddl bocciato dalla Corte costituzionale) chiedeva l'80% (in un altro ddl si parla del 90%): nessuno stato, nemmeno federale, può reggere con un grado simile di sottrazione di risorse. Inoltre, una solo parziale attuazione del Titolo V della nostra Carta fondamentale ci consegna anche una generale indeterminatezza dei costi e fabbisogni da un lato, e dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) dall'altro —indicatore, questo, peraltro riferibile all'art. 117, lett. m Cost., da criticare perché consente la differenziazione delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali fra Regione e Regione, anche se ora appare come un argine alla derogabilità verso il basso. Si è peraltro già previsto che le risorse saranno fissate da una "commissione paritetica" formata da rappresentanti del Governo centrale e delle Regioni, con completo esautoramento del Parlamento su un tema essenziale: difficile pensare che un governo a traino leghista possa contenere le spinte egoiste delle Regioni.

L'iter che abbiamo dinanzi, come confermato di recente dalla ministra per la Coesione sociale ed il Mezzogiorno Barbara Lezzi, è questo: il Parlamento voterà una pre-intesa con contenuti e indirizzi generali, su tale base il Governo contratterà l'intesa in termini più dettagliati con le Regioni, quindi la sottoporrà al Parlamento il quale potrà solo approvare o respingere, non emendare il testo (tale vincolo discende dalla necessità dell'intesa prevista dall'art. 116, co. 3o Cost.: ma è contestabile un azzeramento di ogni prerogativa dello Stato); il voto dovrà avvenire a maggioranza assoluta. Le disposizioni di dettaglio sarebbero quindi fuori dalla discussione ed approvazione parlamentare, e nemmeno adottate con decreti legislativi su delega parlamentare, ma con meri Dpcm, norme secondarie, regolamenti, sottratti così anche al vaglio della Corte costituzionale. Le intese varranno per 10 anni, solo dopo potranno esser modificate secondo lo stesso iter, motivo per cui alcuni ritengono che sia ammissibile solo l'iniziativa regionale, non parlamentare o governativa (iniziativa quindi approvata dalla maggioranza di un Consiglio regionale): si tratta di una sostanziale immodificabilità.

Tale attuazione in senso autonomista dell'art. 116, co. 3o Cost. avrebbe effetti su tutto il Titolo V, in quanto nelle intese si prevede la trasformazione di buona parte delle competenze concorrenti (art. 117, co. 3o) in competenze esclusive delle Regioni contraenti; e la sottrazione allo Stato anche delle tre materie sue esclusive previste dal 2o comma dell'art. 117. Ma l'effetto non è solo di diritto amministrativo, di competenze: incide direttamente sulla "costituzione economica", ossia sul prelievo fiscale, sul principio di uguaglianza, su quello di solidarietà e sui diritti sociali.

E non è nemmeno solo una questione di compatibilità finanziaria e di sottrazione di risorse, bensì di vero e proprio attacco all'unità morale e culturale del Paese, atteso che spezzare l'unità sul tema fiscale, su tutte le norme che riguardano l'istruzione (nonostante gli accordi raggiunti fra sindacati e Governo di cui non si può che dubitare, per il parallelo e incompatibile accordo con le Regioni) e sugli altri diritti sociali, per tacere delle altre materie che sarebbero trasferite, vuol dire dissestare buona parte dell'impianto costituzionale; per di più, tramite una legge ordinaria.
Con la seconda "leggerezza" in tema da parte del centrosinistra, dopo la modifica del Titolo V nel 2001, si è messo nelle mani della Lega questo potente strumento eversivo. In parlamento le intese potrebbero trovare l'opposizione del Movimento 5 stelle, ma l'appoggio di Forza Italia e Fratelli d'Italia; non sappiamo come si comporterà il Partito democratico. Il rischio di approvazione è concreto ed è urgente informare al meglio —e responsabilizzare— anche i Consigli regionali e i parlamentari.

Per analisi più approfondite rinviamo alle fondamentali e perspicaci analisi di Massimo Villone, sul web e sui quotidiani "Il Manifesto" e "La Repubblica" in particolare al libro "in divenire" Italia, divisa e diseguale, Editoriale scientifica, 2019 (scaricabile gratuitamente da www.editorialescientifica.com) e a Marco Esposito, Zero al Sud, Rubbettino, 2018; con attenzione soprattutto ai profili economici, rimandiamo a Gianfranco Viesti, Verso la secessione dei ricchi?, Laterza, 2019 (scaricabile gratuitamente da www.laterza.it) e al suo più aggiornato articolo online su roars.it: https://www.roars.it/online/la-bufala-pro-regionalismo-la-spesa-media-al-nord-e-mediamente-piu-bassa-e-i-livelli-di-servizio-migliori/.

20 maggio 2019
ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIURISTI DEMOCRATICI

sabato 18 maggio 2019

Regionalismo: sotto il velo populista, la peggiore destra anticostituzionale

a minacciata approvazione del "regionalismo differenziato", un'interpretazione estremista, ma comunque prevedibile, dell'art. 116 Cost., terzo comma, come modificato nel 2001, deve essere letta in tutta la sua portata eversiva e perciò contrastata senza incertezze.
Le note vicende che hanno preparato le attuali pretese delle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna sono partite dalle Leggi 15 e 16 del 2014 della Regione Veneto, con cui si indicevano referendum propositivi su altrettante proposte di legge nazionale che la Corte costituzionale, con sentenza n. 118/2015, respinse in buona parte per diretto contrasto con la Costituzione; ma anche il solo referendum ammesso e poi tenutosi nel 2017, assieme a uno analogo nella Regione Lombardia, hanno forti implicazioni costituzionali e avrebbero dovuto essere dichiarati inammissibili, nel solco dei precedenti della Consulta, fra cui le sentenze 365/2007 e 470/1992.

Dopo la prevedibile vittoria dei Sì ai due referendum lombardo-veneti scatta l'allarme: il 29 novembre 2017 Giuseppe Pisauro, sentito in Parlamento per l'Ufficio parlamentare di bilancio sui progetti di regionalismo differenziato, afferma che il trasferimento di competenze ed il trattenimento dell'80% dei tributi raccolti in Regione sono insostenibili per la finanza pubblica. Infatti non è replicabile l'oneroso modello delle Regioni a statuto speciale, ed i propositi di Veneto e Lombardia sono anche più radicali e di rottura dell'unità della Repubblica. Eppure le intese con le tre Regioni saranno poi approvate dal Governo Gentiloni il 28.2.2018, a camere sciolte ed a pochi giorni dal loro rinnovo e, quindi, con i poteri dell'esecutivo ridotti alla sola "ordinaria amministrazione" che non si può ritenere comprenda anche il potere di sottoscrivere intese, sia pure preliminari, di questa portata.

Si è dato così l'avvio a un procedimento che potrebbe portare all'approvazione di intese Stato-Regioni che attuerebbero l'art. 116, co. 3o Cost., dando corpo al sogno della Lega di mantenere sul "territorio (del Nord) il cosiddetto "residuo fiscale”. Dietro questo pseudo-istituto leghista si nasconde la rottura dell'uguaglianza delle cittadine e dei cittadini, del principio di solidarietà redistributiva e di equità che sta alla base dell'imposizione tributaria disegnata dall'art. 53 Cost.; vi si vuol sostituire la redistribuzione entro lo stesso territorio della quasi totalità del prelievo fiscale. Un proposito inaccettabile in uno stato unitario, seppur decentrato, perché le imposte gravano sugli individui in base alla loro capacità contributiva e sono informate al criterio della progressività (sia pur distorto da evasione e prevalere delle imposte indirette, ecc.); se si restituiscono servizi inerenti ai diritti civili e sociali non in base alle necessità di ciascuno ovunque si trovi, ma su base territoriale, si divide lo stato in aree reddituali e si realizza una secessione iniqua, su criteri di merito del tutto infondati e pretestuosi e a Costituzione formalmente invariata.

Il testo delle intese dettagliate che sono già state raggiunte è stato pubblicato sul web da roars.it, ma il Governo ne ha smentito la fondatezza. Nelle intese generali —piene di furbe omissioni— sinora approvate dalle parti, comunque, l'art. 4 prevede una riserva per ciascuna Regione di tributi erariali maturati sul territorio, seppur senza indicare la proporzione; il Veneto (nel ddl bocciato dalla Corte costituzionale) chiedeva l'80% (in un altro ddl si parla del 90%): nessuno stato, nemmeno federale, può reggere con un grado simile di sottrazione di risorse. Inoltre, una solo parziale attuazione del Titolo V della nostra Carta fondamentale ci consegna anche una generale indeterminatezza dei costi e fabbisogni da un lato, e dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) dall'altro —indicatore, questo, peraltro riferibile all'art. 117, lett. m Cost., da criticare perché consente la differenziazione delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali fra Regione e Regione, anche se ora appare come un argine alla derogabilità verso il basso. Si è peraltro già previsto che le risorse saranno fissate da una "commissione paritetica" formata da rappresentanti del Governo centrale e delle Regioni, con completo esautoramento del Parlamento su un tema essenziale: difficile pensare che un governo a traino leghista possa contenere le spinte egoiste delle Regioni.

L'iter che abbiamo dinanzi, come confermato di recente dalla ministra per la Coesione sociale ed il Mezzogiorno Barbara Lezzi, è questo: il Parlamento voterà una pre-intesa con contenuti e indirizzi generali, su tale base il Governo contratterà l'intesa in termini più dettagliati con le Regioni, quindi la sottoporrà al Parlamento il quale potrà solo approvare o respingere, non emendare il testo (tale vincolo discende dalla necessità dell'intesa prevista dall'art. 116, co. 3o Cost.: ma è contestabile un azzeramento di ogni prerogativa dello Stato); il voto dovrà avvenire a maggioranza assoluta. Le disposizioni di dettaglio sarebbero quindi fuori dalla discussione ed approvazione parlamentare, e nemmeno adottate con decreti legislativi su delega parlamentare, ma con meri Dpcm, norme secondarie, regolamenti, sottratti così anche al vaglio della Corte costituzionale. Le intese varranno per 10 anni, solo dopo potranno esser modificate secondo lo stesso iter, motivo per cui alcuni ritengono che sia ammissibile solo l'iniziativa regionale, non parlamentare o governativa (iniziativa quindi approvata dalla maggioranza di un Consiglio regionale): si tratta di una sostanziale immodificabilità.

Tale attuazione in senso autonomista dell'art. 116, co. 3o Cost. avrebbe effetti su tutto il Titolo V, in quanto nelle intese si prevede la trasformazione di buona parte delle competenze concorrenti (art. 117, co. 3o) in competenze esclusive delle Regioni contraenti; e la sottrazione allo Stato anche delle tre materie sue esclusive previste dal 2o comma dell'art. 117. Ma l'effetto non è solo di diritto amministrativo, di competenze: incide direttamente sulla "costituzione economica", ossia sul prelievo fiscale, sul principio di uguaglianza, su quello di solidarietà e sui diritti sociali.

E non è nemmeno solo una questione di compatibilità finanziaria e di sottrazione di risorse, bensì di vero e proprio attacco all'unità morale e culturale del Paese, atteso che spezzare l'unità sul tema fiscale, su tutte le norme che riguardano l'istruzione (nonostante gli accordi raggiunti fra sindacati e Governo di cui non si può che dubitare, per il parallelo e incompatibile accordo con le Regioni) e sugli altri diritti sociali, per tacere delle altre materie che sarebbero trasferite, vuol dire dissestare buona parte dell'impianto costituzionale; per di più, tramite una legge ordinaria.
Con la seconda "leggerezza" in tema da parte del centrosinistra, dopo la modifica del Titolo V nel 2001, si è messo nelle mani della Lega questo potente strumento eversivo. In parlamento le intese potrebbero trovare l'opposizione del Movimento 5 stelle, ma l'appoggio di Forza Italia e Fratelli d'Italia; non sappiamo come si comporterà il Partito democratico. Il rischio di approvazione è concreto ed è urgente informare al meglio —e responsabilizzare— anche i Consigli regionali e i parlamentari.

Per analisi più approfondite rinviamo alle fondamentali e perspicaci analisi di Massimo Villone, sul web e sui quotidiani "Il Manifesto" e "La Repubblica" in particolare al libro "in divenire" Italia, divisa e diseguale, Editoriale scientifica, 2019 (scaricabile gratuitamente da www.editorialescientifica.com) e a Marco Esposito, Zero al Sud, Rubbettino, 2018; con attenzione soprattutto ai profili economici, rimandiamo a Gianfranco Viesti, Verso la secessione dei ricchi?, Laterza, 2019 (scaricabile gratuitamente da www.laterza.it) e al suo più aggiornato articolo online su roars.it: https://www.roars.it/online/la-bufala-pro-regionalismo-la-spesa-media-al-nord-e-mediamente-piu-bassa-e-i-livelli-di-servizio-migliori/.

20 maggio 2019
ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIURISTI DEMOCRATICI

lunedì 5 novembre 2018

Sei un nazista!

Credo che fascismo e nazismo debbano essere accettati necessariamente come stereotipi, riferimenti storici per individuare, rispettivamente, i caratteri di una dittatura e di un razzismo violento. E questo anche se si dovesse trovare, nel passato o nel futuro, qualcosa di malauguratamente peggiore, con una forza simbolica ancora più estrema, perché  quei sistemi hanno impresso nella cultura umana, senza altri aggettivi, un segno incancellabile per la sua novità. È ben vero che gli spagnoli in Sud America hanno steeminato popoli interi, che i turchi hanno massacrato gli armeni, ma l'umanità si è accorta della volontà di pianificare e attuare un progetto di sterminio quando ha combattuto e processato il nazismo e quello è, nella storia dell'uomo, il ricordo formativo irripetibile su cui abbiamo formato la nostra capacità di valutazione e di reazione, come l'individuo lo fa con le ritenzioni primarie che via via si depositano nella sua coscienza formandola.

mercoledì 17 ottobre 2018

Non aprire quel banner

Ero nato francamente per vivere
(sai com'è, parrebbe normale)
poi si è aperto un link da ridere
e sono ancora qui, sto male
a sperar di recuperar lo streaming
dal cloud (per favore, senza upgrade)

Assistito non paziente

- lei non ha interesse ad agire, mi dispiace
- avvocato, mai stato depresso, come si permette, poi?...
- ma no, scusi, intendevo dire che il suo ricorso sarebbe probabilmente bocciato dal giudice
- mah, che banda: lei psicologo e il giudice professore... chiedo solo che chiuda quell'officina meccanica, ne avrò diritto!
- non credo, mi spiace...
- come?
- perché perderebbe
- eh?!
- perché lei è SORDO, CAPITO?
- ah, anche otorino, adesso, che banda...

lunedì 8 ottobre 2018

Mancano le palanche, ma tolgono le panche

Dove siederà questa stanca umanità
fiaccata dai divieti, le schiene chine
a Pisa, a Firenze, o in altra città,
se non ci sono abbastanza panchine?


 http://www.comune.pisa.it/it/default/24202/Contrasto-alla-malamovida-al-degrado-e-agli-accampamenti-abusivi.html

mercoledì 30 maggio 2018

Trattati europei e democrazia costituzionale

"Penso che si debba cambiare direzione, e che questa debba tornare a essere quella indicata dalla nostra Costituzione. È questo il vincolo interno inderogabile che dobbiamo anteporre, o meglio sostituire, al vincolo esterno rappresentato dai Trattati europei e a ciò che esso ha portato con sé: un anacronistico revival dello Stato minimo e del laissez faire, appena riverniciato di “modernità” tecnocratica".
Vladimiro Giacché
https://www.sinistrainrete.info/europa/5001-vladimiro-giacche-trattati-europei-e-democrazia-costituzionale.html