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martedì 14 ottobre 2025

Elezioni regionali: in Toscana vince il centrosinistra, bene! Ma avrebbe vinto anche col proporzionale, è lora di tornare alla democrazia..

 La legge elettorale toscana ha espresso il meglio di sé (dell'orrore che è) quanto al premio di maggioranza: è infatti assegnato stavolta a chi come la coalizione per Giani una maggioranza già l'ha conquistata nelle urne, rafforzandolo. E ciò avviene senza esagerare, cioè senza togliere troppi seggi alle opposizioni. Si tratta di dare il 60% e quindi 24 seggi a chi ha raggiunto almeno il 45% dei voti, dice la legge, ma Giani ha raggiunto il 54% (21,6 seggi) e gli tocca il 60% (24 seggi più il suo), pensate che se avesse preso il 40% (16 seggi) il premio gli avrebbe dato ben 7 seggi.

Non voglio sminuire la distorsione, solo sottolineare che con un risultato netto i seggi sottratti all'opposizione si contengono (2,4, forse 3) e il "premio" è a una maggioranza, non a una minoranza.

Restano fuori due liste minori della coalizione di destra.

L'unica lista fuori dal bipolarismo, T.Rossa, prende il 4,5%, un bel risultato che però è sotto lo sbarramento al 5%, francamente non credo che possa passare la candidata presidente Antonella Bundu perché il seggio è assegnato al candidato presidente solo se alla sua lista di sostegno spetterebbe un seggio.

Qui si vede bene come togliere seggi alle opposizioni in nome della governabilità sia una distorsione antidemocratica, contro la rappresentatività del consiglio: la maggioranza col premio in vigore conta su 25 seggi, gliene basterebbero 20 più il presidente, un premio tollerabile sarebbe il 55% (22 seggi, 23 col presidente). 

Comunque la forma di governo presidenziale si aggiunge a questo sistema elettorale e fa delle regioni, della Toscana in particolare, un modello verticistico e oligarchico in cui i consigli non contano quasi nulla, con tutto il rispetto per i consiglieri eletti oggi e nei vent'anni passati, e del presidente un capo intoccabile, se si ha caro il posto.

L'elezione diretta del presidente della giunta e il vincolo di permanenza col consiglio regionale (per cui se il presidente decade si scioglie il consiglio: simul stabunt, simul cadent) hanno dimostrato, in vent'anni, oltre a un drammatico calo dell'affluenza al voto, la marginalizzazione del consiglio e il predominio assoluto del capo della giunta; ciò è aggravato dalla legge elettorale a doppio turno che assegna il 57,5% dei seggi in consiglio a chi arrivi primo con almeno il 40% dei voti (togliendo seggi alle opposizioni) rendendo il ballottaggio solo eventuale e assegnando la maggioranza assoluta a una minoranza! 

A Costituzione invariata, come ha statuito più volte la Corte costituzionale, sarebbe però consentito modificare lo statuto regionale per introdurre l'elezione del presidente della giunta da parte del consiglio regionale, da eleggere con una nuova legge elettorale proporzionale in modo da rappresentare meglio minoranze e territori e restituendo centralità e libertà all'assemblea regionale.




giovedì 25 settembre 2025

Repressione colonialista a Gaza: il risultato di conquista dopo sterminio e deportazione potrà mai essere accettato?

Detto sinceramente: se Israele avesse avuto la forza di NON REAGIRE al feroce attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 adesso i morti sarebbero gli stessi, giovani e comunque civili innocenti, e la sua reputazione sarebbe alle stelle. Non dico che si potesse pretendere questa inerzia, ma sarebbe stata saggia e non solo un porgere l'altra guancia. 

Quello del 7 ottobre 2023 non era un atto di guerra, ma piuttosto di terrorismo, non era un'invasione di Israele da parte di Hamas, avrebbe richiesto operazioni di polizia che Israele è in grado di condurre meglio di qualunque altro stato, reazioni mirate, arresti, non so cos'altro, una reazione anche violenta e cruenta, ma contenuta e senza "troppe" vittime civili. Se Israele avesse evitato la reazione militare feroce e senza fine che tuttora infligge a Gaza, adesso meriterebbe il sostegno esplicito del mondo intero e sotto processo sarebbe Hamas, non Israele. Invece questo massacro senza fine e unidirezionale che ha la sola residua giustificazione dei pochi ostaggi ancora vivi e trattenuti merita, purtroppo, l'esecrazione di chiunque abbia un minimo di equilibrio e di umanità. Certo, senza arrivare a giustificare fenomeni di razzismo, di antisemitismo, o di negazione del diritto di Israele a esistere, dopo quasi ottant'anni di contrastata (ma anche invadente) esistenza (questi eccessi, che anziché gli israeliani pro-Netanyahu, o il governo, attaccano gli ebrei, sono limitati ma esistono, ma l'accusa di compierli è l'unica estrema difesa morale dei difensori dell'aggressione a Gaza). Ma è inevitabile esprimere tutto il disprezzo per questo governo di assassini e corrotti che ha messo un'ipoteca sanguinosa sul futuro, sta impedendo un futuro di pace con gli arabi. 

Quando guardo un documentario sulle vittime dell'Olocausto ho la stessa apprensione che avevo prima, certo, ma mi sento in colpa per non conoscere almeno qualcuno dei volti, dei nomi delle 60.000 vittime palestinesi di questi  giorni di nuovo, terribile, massacro, così come m'ero abituato a conoscere i volti, i nomi, i sogni interrotti, le storie che ci ha meritoriamente consegnato l'incessante lavoro sulla memoria meticolosamente svolto dai sopravvissuti all'Olocausto.

Annoto che i primi di novembre 2023 la vendetta si era già compiuta, si erano già superati i 1200 morti palestinesi a fronte dei 1200 morti denunciati il 7 ottobre 2023. Ma già a fine novembre 2023, pochi giorni dopo, i morti palestinesi erano già 10 volte tanto gli ebrei israeliani uccisi il 7 ottobre, 10 volte tanto. L'eccidio delle fosse Ardeatine (una vendetta in tempo di guerra di mosse da 33 vittime naziste e fece 335 vittime italiane, non solo resistenti, ma civili, militari, ebrei, detenuti comuni. Ora, a fine settembre 2025, a quasi due anni dall'inizio del genocidio, del massacro con intenzioni e tecnica genocidaria, siamo a oltre 50 volte i morti da una parte rispetto al lato degli aggressori. 

Le condizioni di sostanziale occupazione territoriale di ogni spazio, ben oltre il territorio assegnato nel 1948 e ormai anche oltre l'occupazione realizzata con la guerra dei Sei giorni nel 1967 con la sostanziale cancellazione della Cisgiordania e la trasformazione di Gaza in un territorio sotto assedio privato di ogni rifornimento e bombardato e con una sostanziale deportazione forzata verso il Sud, rendono impossibile qualsiasi confronto con altre guerre di aggressione e rimandano piuttosto ai peggiori episodi di repressione delle resistenze alla colonizzazione.

sabato 13 settembre 2025

Colonialismo israeliano e diritti umani: le nostre complicità, la nostra memoria

 C'è qualcosa di molto più vicino a noi e imbarazzante che assomiglia all'assedio, alla vendetta e al disprezzo per esseri umani considerati non solo responsabili, ma inferiori, sacrificabili, trasferibili, affamabili, sterminabili per progetti di dominio e governo di una colonia, di un territorio di proprietà come Israele considera la terra su cui ha iniziato a espandersi. C'è qualcosa che non è il ripetersi del "male assoluto" del nazismo che produsse l'Olocausto. Ed è il colonialismo. Il colonialismo italiano. Liberale e poi fascista. Che ha occupato, combattuto, depredato popolazioni intere in Africa, prima Eritrea e Somalia, poi Libia ed Etiopia. 


Netanyahu non assomiglia affatto a Hitler: lui vuole una democrazia di ebrei che espelle i non ebrei, non vuole una dittatura qualunque, ha costruito uno stato confessionale e vuol zittire la magistratura. Sta distruggendo un regime che già era di sostanziale apartheid, la legge fondamentale del 2018 e la riforma della giustizia sono una fuga dalla democrazia, ma non mira al totalitarismo, solo che per mantenersi al potere oggi fa guerre e forzature golpiste, per mantenere la minoranza ebraica al potere domani sta sterminando gli arabi e stravolge il regime semidemocratico che c'era. 


Netanyahu assomiglia piuttosto a Italo Balbo, assomiglia soprattutto a Rodolfo Graziani, fascista della prima ora e poi ministro della RSI, uno degli eroi dell'ambiente culturale di Giorgia Meloni, assieme a Giorgio Almirante. Ma Bibi assomiglia anche un po' al campione dell'industria prima liberale e poi fascista Giuseppe Volpi conte di Misurata, ideatore della Mostra di Venezia cui è dedicata la Coppa, già governatore della Tripolitania che fu il primo a chiedere al campione di liberalismo Amendola più poteri per sedare la resistenza in Libia e trasferire terre agli italiani. E ancora al nostro silenzio, o ai tardivi risvegli del vigliacco Occidente, assomiglia la doppia morale che ha dominato durante tutta l'Età dell'Imperialismo. Quella per cui difendevamo vite e proprietà in patria e si approvavano confische, deportazioni e impiccagioni per chi quelle vite e quelle terre difendeva nelle colonie. Il genocidio di Gaza non è nazismo, è l'Italia di qualche anno fa che Giorgia Meloni difende, nelle riunioni private, l'Italia a cui La Russa e Lollobrigida si ispirano. 


Tutti comportamenti messi fuori legge durante e dopo la decolonizzazione, considerati crimini contro l'umanità, crimini di aggressione e perseguiti dalle Corti dell'Aja e per cui l'ONU dovrebbe mobilitarsi. Ora si è svegliato anche Adriano Sofri, gli sembra che sia passato troppo tempo e la vendetta verso il 7 ottobre non sia più giustificabile. Noi, con il nostro male non assoluto dovremmo fare i conti in modo un po' più tempestivo, non dopo due anni: sono ottant'anni che quelle condotte sono fuorilegge e siamo ancora qui a baloccarci su quanto siano esecrabili, se "eccessi di difesa" o "crimini", se "massacro" o "genocidio". 

E intanto il nostro governo non smentisce la sua natura ed è complice silenzioso, rispetta l'alleato Netanyahu perché ci vede ancora, in un fuori tempo incomprensibile e infantile, il suprematismo, il razzismo, l'opportunismo, il bellicismo senza freni che ispirarono quella feccia ignobile che è stato il fascismo e i suoi silenziosi complici.


Qui non sono "gli ebrei" che bombardano stati nemici, Libano, Siria, Iran, Qatar, Yemen, affamano e massacrano una provincia assediata come Gaza uccidendo direttamente più di 60mila persone, centinaia di migliaia moriranno di stenti e malattie..., sparano su navi con aiuti umanitari come la Sumud Flotilla e occupano militarmente ed espropriano territori in Cisgiordania, no, è un governo golpista, terrorista e colonialista. Gli ebrei e gli israeliani meritano tutta l'attenzione e tutela che riconosciamo a ogni cultura e confessione e a ogni nazione. Ma non possiamo collaborare con un governo colonialista e criminale. Anche i crimini di genocidio e aggressione prevedono responsabilità per i complici. 

lunedì 23 settembre 2024

Israele si vendica senza misura e cade nella trappola suicida di Hamas

L'attacco di Israele a Beirut è terrorismo, o crimine di guerra, fate voi. 39 morti e 3.000 feriti il primo giorno, poi centinaia. Il primo inedito attacco con i "cercapersone" provoca 400 colpiti agli occhi, 300 dei quali hanno perso la vista. La gran parte del resto dei feriti, colpita all’addome, ai genitali e alle mani, si trovava in contesti civili e non militari e questo ascriverebbe gli attacchi al rango di crimini di guerra, d’accordo con la convenzione di Ginevra del 1949. L'attacco prosegue a sud: giovedì notte 70 missili in 20 minuti lanciati dall’esercito israeliano. 

Il Libano è un'esperienza, certo non granché riuscita, di convivenza fra culture, etnie e religioni diverse. Per brevi periodi il governo condiviso ha funzionato (in uno stato confessionale, ma nel particolarissimo modo in cui solo il Libano è organizzato, con il riparto del potere fra le varie confessioni), poi è stato turbato, ad esempio dal prevalere di musulmani nella popolazione con pretese di diversi equilibri di potere, dalla nascita di gruppi terroristi legati all'Iran, ecc. Ma il "modello" israeliano non è certo migliore, un'occupazione di tipo coloniale che nasce con modalità non più bizzarre di altre determinazioni coloniali e sulla grande e urgente spinta della necessità di trovare una terra e un pur inadeguato risarcimento ai sopravvissuti dell'Olocausto, è divenuto intollerabile già dal 1967, genera giustificazioni ad azioni di gruppi terroristici, ma ormai è uno stato segregazionista e integralista, seppure con importanti resistenze al suo interno che si potrebbero affermare in futuro, ma con quale disponibilità al dialogo da parte palestinese? 

Il massacro interminabile a Gaza, 40.000 persone uccise equivalgono a più di un milione di morti su scala italiana, procede assieme alla repressione in Cisgiordania. Se si tratta di una vendetta, la sua ferocia e sproporzione rispetto al pur enorme attacco di Hamas del 7 ottobre scorso trasforma Israele da stato democratico, seppur bellicoso, poi stato coloniale e da ultimo confessionale, in stato terrorista.

Hai voglia a dire che non si possono confondere le responsabilità di un governo con quelle di un popolo: il timore più serio e attuale, oltre al rammarico per le vittime, dovrebbe essere che ciascun popolo - israeliano e palestinese - finisca per perdere per contrappasso, agli occhi dell'opinione pubblica schierata, il diritto ad avere un territorio e all'autodeterminazione. Altro che due popoli e due stati, nessun popolo e nessun diritto in una guerra permanente. 

L'inerzia occidentale è insopportabile, è criminale trattare Netanyahu come se non fosse un terrorista o un criminale di guerra.

Trent'anni di normativa sull'immigrazione (e di ingratitudine)

L'immigrazione nella normativa italiana degli ultimi trent'anni: un mio pezzo scritto per il Grandevetro, uscito poi sul sito dei Giuristi Democratici in versione un po' ampliata, con qualche nota. 
Buona lettura:

 https://giuristidemocratici.it/Immigrazione_Asilo/post/20240905202633




giovedì 29 febbraio 2024

Deus ex machina. (Ovvero: ci vuole uno che cali dall'alto e detti la soluzione della questione israeliana)

 La lettera del 28 febbraio di Enrico Fink al comune di Firenze e alle sue rappresentanze istituzionali dopo il convegno di sabato 24 contiene molte importanti riflessioni che ad una prima lettura mi creano perplessità, quasi fastidio, ma poi la stima che ho della persona, ma anche il rispetto per la comunità che rappresenta mi inducono a riflettere. Ho ascoltato in varie forme e diverse occasioni parole di insofferenza verso lo stato d'Israele che arrivano fino al desiderio di ridurne, delimitarne la presenza e l'autorità per lasciar spazio ai palestinesi. Ci sono delle intollerabili ingiustizie, illegittimità che dal 1948, o almeno dal 1967 non sono state sanate e su cui si aggiungono soprusi, sottrazioni, radicalizzazioni del conflitto estreme e non risarcibili. 

Il drammatico rincorrersi della condizione di vittime e carnefici nell'arco di quasi un secolo non è estraneo alle affermazioni sotto accusa e alla reazione infastidita, o almeno allarmata, che creano. Da osservatore fortunato, per nulla coinvolto né nel dramma palestinese, fatto di sangue e rinnovata incertezza per la propria sorte, né in quello ebreo, fatto di dolorosa costrizione a interrogarsi di nuovo sulla propria condizione di esuli indesiderati e accusati, mi chiedo se ci sia possibilità di dialogo. Forse non posso chiedere a chi è invece coinvolto, ingiustamente accusato da una parte o dall'altra, di comprendere l'avversario, o l'accusatore, le ferite recenti e vive come quelle remote e rinnovate da terribili accuse fatte senza distinguere stato da popolo e fede da guerra premono troppo e impediscono di dialogare, troppe sono le premesse e le ammissioni chieste all'interlocutore e avversario. Ma come posso pretendere che oggi un palestinese che ha visto uccidere bambini, donne e compagni abbia parole misurate, di pace e comprensione? E come posso pensare che sia pacato e comprensivo un ebreo che vede mettere in discussione non gli atti del governo Netanyahu, ma l'esistenza di quella terra che ha dato rifugio a un popolo scacciato dalla follia nazista che è stata di larga parte d'Europa? Bisogna farsi guidare da altri sentimenti, riconoscere qualche autorità superiore, estranea al conflitto, che possa mediare. Dobbiamo sì ascoltare le parti in conflitto, chiedere l'interruzione immediata dell'aggressione militare che è indubbiamente unidirezionale, ma l'urgenza non è nel dar ragione ai palestinesi o agli israeliani, l'urgenza è uscire dalla logica della vendetta immediata espressa dalle vittime di un conflitto che dura da oltre cinquant'anni e delegare a un'autorità superiore l'individuazione di soluzioni che consentano di disegnare un futuro sostenibile, ipotizzabile, per quei popoli e quelle terre. Se qualche giorno di tregua sarà assicurato dal piano di rilascio dei prigionieri in mano ad Hamas bisognerebbe che fosse utilizzato per questo, per delegare, spostare in altre mani il potere di risolvere il conflitto. La reputazione di Israele - e ovviamente quella spero più solida degli ebrei - secondo me dipende da questa capacità di delega, di arretramento, così come da questo dipende la sopravvivenza come nazione, e non come sparse vittime di un massacro, dei palestinesi. Spero che ci si provi.

mercoledì 24 gennaio 2024

Secessione e Costituzione

 L'#autonomiadifferenziata approvata al senato è un attacco frontale a funzioni essenziali, istruzione e salute anzitutto, al principio di uguaglianza, all'equità fiscale.


Non guardiamo solo il ddl #Calderoli, ci sono già le "intese" con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna che scavalcano il parlamento (saranno modificabili solo su iniziativa delle regioni, lo stato non potrà toccarle). Gentiloni le ha approvate nel 2018, sì, e il nuovo Titolo V è del centrosinistra del 2001, ma guardiamo alla sostanza: lo sfascio.

Approvare i LEP non è una garanzia di equità, anzi: vuol dire solo consentire le disuguaglianze, prestazioni più basse dove ci sono redditi più bassi. Come si potranno garantire poi col vincolo dell'equilibrio di bilancio dell'art. 81? Come regge la repubblica se, come previsto dalle prime intese e denunciato dalla ragioneria dello stato, Svimez ecc., 80 o 90% dei tributi resterà dove è raccolto?

Le intese ex art. 116 3° comma cost. rompono il principio di solidarietà, art. 2, 3 e 53, che vuole le imposte più alte a chi ha capacità contributiva maggiore per garantire servizi a chi ha meno. Creare "gabbie" fiscali entro le quali si trattiene la quasi totalità del gettito della regione è ingiusto, ma anche insostenibile per le finanze nazionali.

Poi se tutte le competenze legislative diventano regionali, salvo esercito e giustizia per intendersi) siamo non solo al fallimento, ma alla secessione a costituzione invariata, quindi la conflittualità sociale e istituzionale sarà drammatica. Non si può stare a guardare.

Qui la registrazione di un incontro del 18.1 a Palazzo Vecchio con Marina Boscaino e Domenico Gallo:

https://www.facebook.com/hashtag/autonomiadifferenziata?__eep__=6&__cft__


giovedì 21 dicembre 2023

Mes chini!

Patto di stabilità che costerà 5 miliardi l'anno fino al 2027 di tagli per ridurre il deficit e tagli ulteriori per ridurre il debito. Certo se poi i soldi si usano per cuneo fiscale e riduzione dell'IRPEF per i redditi più alti, meglio non averli. Da criticare anche che non siano conteggiati nell'indebitamento gli investimenti per ambiente e armamenti, cioè i due mantra del nostro tempo: il primo una copertura verde acritica di spese che vanno ad arricchire i ricchi, il secondo un suicidio dell'Europa che con il massacro ucraino scava la fossa della propria sudditanza economica dagli Usa.

MES: non ratificare le modifiche mi pare una scelta di propaganda a costo zero, visto che la vera partita era il patto di stabilità. Il Mes, con le novità da ratificare delle misure precauzionali e della tutela per le crisi bancarie, era semmai migliorato. Quel che andava criticato e smontato (impossibile perché insito nei trattati) era il rapporto tra uso del fondo e vincoli di ristrutturazione radicale del paese sotto la vigilanza dell'UE. 

Il trattato del 2021 non ratificato dell'Italia introduce un giudizio di sostenibilità del prestito che però ci toccherebbe solo in caso di attivazione; e sui versamenti aggiuntivi che Borghi e altri paventano si consideri che già oggi dovremmo versare 125 miliardi e invece ne abbiamo versati solo 14, quindi non c'è alcun onere aggiuntivo reale.

Il no imposto dalla maggioranza governativa esprime quindi una propaganda preelettorale. E da "sinistra" non si fa che balbettare che il Mes andava ratificato e che il duo franco-tedesco ha tenuto al margine l'Italia. Ma quale UE si ha in testa? Su cosa mai si farà campagna elettorale?

giovedì 2 novembre 2023

Potere senza consenso: è il premierato che vuole l'estrema destra al governo

Un primo commento al Ddl costituzionale Meloni - Marini secondo il testo noto al 2.11.2023

Paolo Solimeno


Il nucleo della modifica che circola sono i nuovi articoli 92 e 94 modificati radicalmente dagli articoli 3 e 4 della riforma. Vediamo.


Art. 1: abroga l'art. 59 cost. che dava al PdR il potere di nomina dei senatori a vita


Art. 2: modifica l'art. 88 abrogando il potere del Pdr i sciogliere anche una sola camera.


Art. 3: introduce l'elezione diretta del presidente del consiglio dei ministri da parte degli elettori prevedendo in costituzione dei caratteri stringenti del meccanismo elettorale che non potranno essere modificati con legge ordinaria. Si prevederebbe nel nuovo art. 92:

  • il voto per parlamentari e presidente del consiglio va espresso in una sola scheda

  • la legge elettorale deve rispettare i principi di "rappresentatività e governabilità": mentre la rappresentatività è un principio costituzionale, la "governabilità" non era in costituzione ed è stato anzi espressamente escluso dalla giurisprudenza della corte costituzionale che, specie nella sentenza n. 1/2014 che dichiarò incostituzionale il "Porcellum", l'ha considerato obiettivo legittimo, ma subordinato alla rappresentatività

  • il premio di maggioranza che la legge elettorale deve prevedere assegna il 55 % dei seggi in ciascuna camera alle liste collegate al Presidente del consiglio eletto: quindi il voto unico determina sicuramente una elezione del governo e una maggioranza parlamentare, qualunque sia il risultato. Questa distorsione della volontà espressa dagli elettori è già stata ritenuta contraria alla costituzione, in particolare al principio di uguaglianza del voto, alla rappresentatività dell'istituzione parlamentare e al pluralismo

  • il potere del Presidente della repubblica di nominare il PdC è ridotto a pura formalità perché è indicato che l'incarico va necessariamente al PdC "eletto"


Art. 4: il nuovo art. 94 prevederebbe che il PdR sciolga le camere se il PdC non ottiene la fiducia per la seconda volta. Inoltre in caso di cessazione dalla carica del PdC il PdR può dare l'incarico ad un parlamentare a lui collegato.


La mancanza di altre modifiche alla costituzione non deve tranquillizzare in quanto lo stravolgimento dell'assetto istituzionale è più grave proprio perché non si vogliono introdurre correttivi, contropoteri conseguenti al radicale rafforzamento del Presidente del Consiglio. Questo diventa l'unico potere effettivo dello stato dotato di legittimazione popolare in quanto:

  • egli può determinare lo scioglimento delle camere attraverso le sue dimissioni

  • l'elezione di un nuovo presidente del consiglio può essere solo di lista a lui collegata alle elezioni e per attuare il suo programma

  • ogni disegno di legge governativo ha la garanzia di una maggioranza ampia e docile in entrambe le camere

  • la maggioranza governativa ha a disposizione anche la maggioranza per eleggere il PdR, a partire dalla terza votazione (art. 83, invariato)

  • analogo effetto si potrà avere anche sull'elezione di un terzo dei membri della corte costituzionale


L'effetto innovativo più rilevante della modifica proposta è pertanto sul ruolo del parlamento che diventa semplice luogo di esecuzione dell'indirizzo governativo visto che una maggioranza certa discende non tanto da un voto proporzionale, anche se di maggioranza relativa, ma dalla stessa scelta effettuata sulla stessa scheda per la votazione del PdC. Si produce una forte personalizzazione delle votazioni. La formazione delle liste collegate al PdC dipenderanno dalle scelte di questi e dei capi delle liste che lo appoggiano. 


La distorsione del voto ad opera del premio può essere minima, o estrema, in mancanza di soglia: non menzionarla in costituzione può dare l'effetto di rendere conforme a costituzione una legge elettorale che non la preveda. Con una pluralità di candidati il meccanismo potrà dare il 55% dei parlamentari e la guida del governo a liste che rappresentano una minoranza anche esigua di elettori. L'effetto non è solo premiale: l'aumento di parlamentari al primo arrivato li toglie ai perdenti. Questo effetto si aggiunge alla soglia naturale dovuta alla recente riduzione del numero dei parlamentari. Un effetto non trascurabile sarà sulla figura del PdC che potrà essere il capo di una forza politica ampiamente minoritaria.


La legge elettorale dovrà garantire rappresentatività e governabilità: l'equilibrio fra i due principi contrapposti non è deciso da questo nuovo articolo 92, ma l'indicazione a favore della "governabilità" è chiara in quanto è indicato il risultato premiale e non è indicata la soglia di accesso sotto la quale il premio non scatta; anzi di più: siccome l'effetto è necessariamente quello di produrre una maggioranza in parlamento a sostegno del governo, l'introduzione di una soglia è implicitamente esclusa dalla nuova costituzione perché il suo mancato raggiungimento impedirebbe la formazione certa di una maggioranza governativa e imporrebbe lo scioglimento delle camere dopo due soli voti negativi della fiducia.


La separazione dei poteri legislativo ed esecutivo è sostanzialmente annullata con il potere di determinazione dovuto al sicuro sostegno alle iniziative governative da parte di una maggioranza parlamentare solida e con il potere di ricatto dato al presidente del consiglio che dimettendosi può determinare un quasi certo scioglimento delle camere. Questo meccanismo del "simul stabunt simul cadent" è già noto alle regioni, dominate da sistemi presidenziali in cui i consigli regionali sono privi di poteri effettivi ed approvano senza alcun potere interdittivo o contrattuale ogni proposta delle giunte guidate da presidenti eletti direttamente. Il potere delle minoranze parlamentari sarà davvero irrisorio: già ridotte dal taglio dei parlamentari, saranno ancor più ridotte per il travaso di seggi in favore delle liste collegate col presidente del consiglio; inoltre la maggioranza governativa sarà compatta e rispettosa del governo. L'approvazione dei ddl governativi e la conversione dei decreti legge sarà ancor più rapida e sicura di adesso.


A proposito di separazione dei poteri non dimentichiamo come ha reagito il governo dinanzi alla diffusa disapplicazione di un decreto ministeriale da parte di diversi giudici di varie sedi (Catania, Milano, Firenze, ecc.) per ritenuto contrasto con norme costituzionali e internazionali: si profila una riduzione dell'autonomia e indipendenza anche del potere giudiziario, specie del suo ruolo di interprete della legge nel rispetto della gerarchia delle fonti.


Insomma, con la modifica, sostanzialmente, di soli due articoli della costitituzione, il 92 e il 94, avremo un sistema oligarchico e personalizzato tutto incentrato sul "capo" del governo, con una drastica riduzione sia del ruolo di mediazione, persuasione e garanzia costituzionale del presidente della repubblica, sia del ruolo di rappresentanza, discussione trasparente e mediazione del conflitto culturale e sociale del parlamento. 


L'utilità di questo disegno si spiega facilmente con gli elementi critici esposti: l'estrema destra al governo (come già Renzi e Berlusconi, certo) vuole molto potere senza dover avere il consenso. E vuole potere di una (probabile) minoranza contro la maggioranza (altrimenti chiederebbe una soglia del 50% per accedere al premio). E lo vuole anche contro la propria stessa maggioranza parlamentare, altrimenti darebbe libertà al parlamento rispetto al governo. Per questo il professor Marini gli ha disegnato un sistema che garantisce loro di governare contro l'interesse del popolo. La "governabilità" che si vuol introdurre in costituzione è infatti un attributo del governato, non del governante.

venerdì 27 ottobre 2023

La cancellazione di Gaza e il terrore prossimo

 Un massacro dopo l'altro. Terre contese e perse. I bombardamenti di queste ore e l'incursione sembrano preparare l'invasione di terra. Sarà mai possibile una pace giusta dopo queste migliaia di morti? (sono morti più minori palestinesi in queste tre settimane che minori ucraini in un anno e mezzo).  

E quanti giovani palestinesi in questi giorni stanno facendo la "scelta" del terrorismo, come i (pochi) giovani del 1943 in Italia fecero la scelta della resistenza? Io se fossi a Gaza stanotte invocherei pace o vendetta? Ovviamente invoco il cessate il fuoco, trattative... ma sono sul divano a Firenze, non sotto i bombardamenti a Gaza.

E che immagine ci stiamo formando dello stato d'Israele che va avanti unito con un gabinetto di guerra? Hamas non gioca sulla reputazione propria, ma cinicamente sulla vergogna in cui la provocazione enorme getta l'avversario. E quanti israeliani stanno giustificando la reazione armata accettandola come fatale, e non perché la desiderino, e cercando di gestire il peso storico di questo gesto?