di Paolo Solimeno - 8.4.2012
La discussione politica di questi giorni ruota intorno all’organizzazione interna dei partiti e tocca temi che girano negli stessi paraggi: politica e partiti, organizzazione interna dei partiti, loro democraticità e trasparenza, finanziamento dei partiti, corruzione o uso privato di fondi destinati ad una collettività non controllabile, rapporto fra cittadini e istituzioni, forme della democrazia rappresentativa e ruolo della democrazia partecipativa.
Vedo nella proposta per un nuovo soggetto politico delle analisi non sempre originali, ma fondate e condivisibili, dei difetti dei partiti e del sistema democratico istituzionale, in specie vi leggo:
- istanza di riappropriazione di poteri e accessibilità delle istituzioni in favore della cittadinanza
- necessità di riforma del soggetto partito
- necessità di parità di genere in ogni luogo, istituzioni, vita civile e soggetti politici
- recupero di analisi e prospettive del miglior federalismo
- del pari una critica al mercantilismo dell’UE
- attenzione allo sviluppo di tutela e accessibilità dei beni comuni
e la conclusione è che l’insieme di queste istanze non trova risposta adeguata nell’attuale sistema rappresentativo che il documento assume come non riformabile. Qualcosa di questa analisi è precisata e sviluppata da un interessante intervento di Alberto Lucarelli1, ma fondare un nuovo diritto pubblico incentrato sui beni comuni, su una diversa relazione fra cittadini e cosa pubblica, non mi sembra proprio che risolva il nodo dell’organizzazione del consenso e della costruzione della rappresentanza.
Tornando al tema dei partiti appare un po’ semplicistico da un lato ritenere che i costituenti pensassero con l’art. 49 di imporre un “metodo democratico” non solo nella competizione (non violenta e rispettosa del pluralismo proprio della democrazia), ma anche nell’organizzazione interna, quindi come contenuto di un diritto degli iscritti; e che la mancata attuazione avrebbe creato un ircocervo, libero come un’associazione non riconosciuta, ricco come chi svolge funzione pubblica foraggiata dall’erario: lettura che vale solo per parte dei costituenti, mentre in sostanza dovremmo ammettere che prevalse la preoccupazione non antidemocratica, ma comunque di libertà dei partiti da controlli esterni (della magistratura).
Attuiamo l’art. 49 Cost., sono da sempre convinto che sia una strada da percorrere con urgenza e consiglio di leggere Dossetti e Calamandrei in merito e più di recente Ferrajoli. Ma non illudiamoci che con quella riforma si ottenga una rinascita morale e partecipativa.
Si registra la necessità di adeguare, anche per adempiere a norme ormai vigenti, il sistema rappresentativo introducendo elementi di democrazia partecipativa. Bene.
Una notazione provocatoria: nelle varie città italiane gli irriformabili partiti (della sinistra) sono anzitutto poco partecipati, il fatto che gli iscritti siano sostanzialmente tutti titolari di cariche interne di partito o di ruoli istituzionali rende minoranza non tutelabile efficacemente l’iscritto semplice che lotta per contare, per far vivere i propri diritti. E rende poi, in generale, la democrazia che si fondi sui partiti una finzione. Un’oligarchia. Ma se un partito della sinistra non funziona e a livello locale ha duecento o mille iscritti, possibile che la società civile non possa determinarsi a iscriversi in massa e ribaltare i rapporti, facendo prevalere l’iscritto sul funzionario? Le virtù di chi sta fuori potranno mai esercitarsi dentro, tentare di riempire quel che, prima che un vizio, è un vuoto?
Una seconda notazione: creare un “nuovo spazio pubblico allargato”, dove i bisogni dei cittadini sono accolti e rispettati senza cancellare la democrazia rappresentativa, perché dovrebbe porsi in conflitto con l’attività di un partito democratico e riformato secondo i giusti principi enunciati dal manifesto?2 Sono ormai due decenni che gli analisti più lucidi affermano che la fase in cui la democrazia sociale disegnata dalla Costituzione repubblicana ha avuto maggior vigore, più piena realizzazione, è quella in cui i tre partiti maggiori (PCI, DC, PSI) assommavano insieme 4,5 milioni di iscritti (anni ‘50-’60). Non c’è nostalgia di quel modello, nemmeno è auspicabile ripeterne gli errori e i limiti di democraticità dei soggetti principali, ma certo la pochezza della partecipazione dei soggetti attuali3 induce a ritenere che siano insostenibili gli attuali partiti sia come fondamento unico della democrazia delegata, sia come fonte di legittimazione delle candidature a cariche istituzionali. Ebbene, pensare non di riempirli, ma di scavalcarli affiancandovi un soggetto che non si capisce quale struttura avrà, rischia di essere l’ennesima avventura senza sbocco; salvo che riesca a fungere da polo attrattivo vero, scardinando SEL e Rif. Com. e IDV, ma la scommessa sembra per ora un puro azzardo; più verosimile che si producano liste per ora alle elezioni amministrative; poi alle politiche. Torno alla provocazione, condividendo l’ansia di intervenire su un blocco della politica che nuoce alla società: letti i numeri dei militanti dei partiti della sinistra suddetti sembrerebbe più a portata dei volenterosi promotori del “soggetto nuovo” una coordinata contaminazione degli stessi partiti che porti al loro interno voglia di trasparenza, vitalità, iniziativa politica, certo non prima di aver chiarito quale visione dei rapporti sociali ed economici ci sia dietro quell’iniziativa. Ma non vogliamo credere che solo questi ottimi compagni posseggano la sensibilità e l’ardimento necessari a costruire soggetti politici strumenti di efficace partecipazione; crediamo anzi, per esperienza diretta, che altre persone di sinistra abbiano tentato di farlo ed abbiano fallito o vi abbiano rinunciato; che in sostanza questa strada sia già stata percorsa e fatichi ad aver successo. Dubito pertanto che ci serva, purtroppo, sia l’ennesimo soggetto politico dalle buone intenzioni, sia l’ennesimo attacco alla politica rappresentativa privo di reale e circostanziata descrizione di quale alternativa si propone.
Una terza notazione: l’appello alle passioni mi appare, almeno in parte, un riferimento ad una categoria che precede e segue le questioni procedurali della democrazia rappresentativa e partecipativa. Riguarda non le regole di funzionamento della democrazia e dei soggetti che vi agiscono, ma la qualità emotiva e relazionale, umana direi, dei cittadini impegnati. E’ un elemento essenziale, direi l’unico importante. Ammettiamo pure che la maggior parte dei cittadini ne siano provvisti in modo inadeguato, anzitutto i cittadini che fanno politica: che facciamo? Educhiamo le masse? Procediamo all’evangelizzazione? Non voglio deridere quest’anelito, lo condivido sinceramente, ma o chiediamo regole, o chiediamo bontà d’animo.
Le regole (l’attuazione dell’art. 49, la vera parità di genere, l’art. 51, il controllo sull’uso dei finanziamenti pubblici) servono a circoscrivere gli abusi, o anche solo il prevalere di un carattere prevaricatore, arrivista, sul remissivo, sull’inclusivo, sul generoso. Ma servono anche a rendere il gioco politico regolato, giusto, prevedibile nella forma, conforme nella sostanza al risultato del libero e regolato confronto fra volontà dei titolari dei diritti politici. E soprattutto servono a garantire che l’esercizio della sovranità popolare - non in senso demagogico, ma davvero nei limiti dell’ordinamento costituzionale pluralista e democratico - avvenga attraverso procedure che garantiscano i diritti dei singoli nell’ambito di associazioni rispettose dei principi generali dell’ordinamento civile e della Costituzione. La difficile ricerca di metodi di funzionamento e controlli e garanzie non può arrestarsi dinanzi alla richiesta di fondare un soggetto politico nuovo, anzi: dobbiamo capire da subito che il problema resta intatto ed il nuovo soggetto nasce con le stesse difficoltà, per quanto buone siano le intenzioni.
1. Articolo sul Manifesto del 6 aprile 2012 - “Se la democrazia è plurale i partiti non bastano”
2. interessante l’analisi di quanto la magistratura possa già oggi controllare l’attività dei partiti a tutela dei diritti degli iscritti in http://www.filodiritto.com/index.php?azi…
3. Si contano 600.000 iscritti al PD nel 2010, 45.000 gli iscritti a SEL sempre a fine 2010; 95.000 gli iscritti all’IDV (fonte: wikipedia.it)
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