Di seguito ho provato ad evidenziare - confrontando la tutela data dal nostro ordinamento ai lavoratori assunti con contratti stipulati prima del 7 marzo 2015, a sinistra, e dal 7 marzo in poi, a destra - come il "contratto a tutele crescenti" preconizzato dalla legge di delega n. 183/2014 (c.d. Jobs Act) e attuato, fra l'altro con evidente eccesso di delega dal D.Lgs. 23/2015, sia semplicemente un intervento normativo per ridurre il costo del lavoro attraverso la decontribuzione delle assunzioni e la libera recedibilità del datore di lavoro, a fronte di un costo davvero esiguo che, dal lato del lavoratore, rappresenta una drastica riduzione delle tutele. Entrambi aiuti alle imprese che gravano il primo sulla generalità dei contributenti, il secondo sui singoli lavoratori.
La tutela reale (la reintegrazione nel posto di lavoro) diviene una chimera (in particolare il licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa merita la reintegra solo se il datore di lavoro si inventa un fatto inesistente e il giudice lo accerta).
La tutela obbligatoria è ridotta a due mensilità senza contributi, sale di due mensilità ogni anno di anzianità; addirittura per le aziende infra i 15 dipendenti licenziare senza causa non può costare più di sei mensilità e la progressione per anzianità è di solo una mensilità ogni anno di servizio: tutele lentamente crescenti.
Da notare che con il nuovo regime cambiano anche le qualificazioni giuridiche: non si tratta più di "risarcire" chi ha subito un comportamento illegittimo del datore di lavoro: il giudice si limiterà ad accertare l'estinzione del rapporto a seguito del (pur illegittimo) licenziamento e gli darà quindi efficacia sin dal momento della comminazione, per poi non risarcire, ma semplicemente indennizzare il lavoratore. Con valori ben inferiori a qualunque parametro di reale indennizzo secondo i criteri ordinari delle obbligazioni contrattuali (art. 1223 - 1453 c.c.).
Facilmente si può prevedere che quando cesseranno le decontribuzioni per mancanza di fondi le imprese si rivolgeranno al contratto a termine reso "acausale" per tre anni (si mette il termine a qualunque assunzione, senza dover motivare) dal "decreto Poletti" (DL 34/2014).
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