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mercoledì 29 aprile 2020

Coronavirus: libertà e diritto alla salute. E diritto di critica.

Gli avvocati sono quelli che protestano di più per le inenarrabili restrizioni del lockdown, ma siamo fra i pochi che non hanno mai chiuso, oltre ai medici. L'eroismo lo mettiamo nel fare il catalogo delle libertà violate (facciamo anche molto altro, ma l'autoironia richiede questo paragone), dimenticando per un momento solo che è compito della repubblica tutelare la salute di ciascuno.

Le libertà certo possono essere compresse solo con la legge in ragione di un pericolo grave per la salute e per un tempo ragionevole ed è giusto chiedere alla maggioranza di smetterla con i Dpcm e con i droni in spiaggia e che faccia il massimo per aiutare chi non ha reddito per sopravvivere.

Ma il diritto alla salute è un fondamentale diritto sociale: assieme all'istruzione, alla previdenza sociale e alla giustizia rappresenta il cuore della repubblica. Per il futuro dovremo vigilare perché ogni libertà si riespanda al massimo livello, senza serbar traccia delle attuali pesanti restrizioni. Ma dovremo anche ricordarci che gli ospedali erano in affanno perché chi oggi difende le libertà di circolazione e d'impresa per trent'anni ha diffamato e smantellato la sanità pubblica.

Chi invoca la riapertura delle scuole consente che in edifici fatiscenti e aule piccole stiano compresse decine di studenti: e come fanno a tenere la distanza? E i docenti giovani e meno a rischio dove sono, se non si assumono?

E poi critichiamo certamente un eccessivo protagonismo del presidente del consiglio, tra dirette tivù e dpcm, senz'altro!, ma taccia chi da trent'anni propone deformazioni della costituzione per avere più "governabilità" rafforzando l'esecutivo, non si agiti tanto chi ha messo la fiducia sulle votazioni per leggi elettorali vergognose e tagli alla sanità e ai diritti dei lavoratori, chi ha governato sempre con voti di fiducia e decreti legge senza alcuna urgenza.

Sennò che s'invecchia a fare?

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