Accordo raggiunto sul MES: si parla di prestito incondizionato per spese sanitarie entro il 2% del Pil del paese (per noi sono circa 36 mld) da restituire entro 10 anni.
Bene, ma non basta, dice Conte: e sono pienamente d'accordo.
Ma non solo: sul MES bisogna vigilare perché è previsto che dopo queste rassicurazioni dalla Commissione Europea (chiacchiere) ci sia entro giugno un voto del Consiglio dei governatori del Mes, necessario per il trattato istitutivo dello stesso.
Ma attenzione, perché sarebbe pur sempre l'approvazione formale, sì, di uno strumento in contrasto con il Trattato istitutivo del Mes, o comunque una decisione a trattato invariato, quindi soggetto a impugnazione visto che è preso a maggioranza, se ci fosse anche un solo dissenziente (art. 37 comma 3: "Se un membro del MES contesta la decisione di cui al paragrafo 2, la controversia è sottoposta alla Corte di giustizia dell’Unione europea. La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea è vincolante per le parti in causa, che adottano le necessarie misure per conformarvisi entro il periodo stabilito dalla Corte.")
Oltre all'impugnazione della decisione per dissenso, c'è il rischio che un appiglio esterno invalidi la decisione del Consiglio dei governatori del Mes anche se presa all'unanimità e risiede nella necessità del creditore di garantirsi la restituzione, come si ammette anche nell'accordo di ieri. E inoltre c'è pur sempre il noto divieto si autorizzazione degli scoperti di conto dell'art. 123 del TUE ed il regolamento 472/2013 dell'UE, come ci ricorda il prof. Mangia: "l’art. 2, III comma del Reg 472:
“Se uno Stato membro beneficia di assistenza finanziaria a titolo precauzionale da uno o più altri Stati membri o paesi terzi, dal MESF, dal MES, dal FESF o da un'altra istituzione finanziaria pertinente, quale l'FMI, la Commissione sottopone a sorveglianza rafforzata detto Stato membro”.
Quindi anche un prestito del Mes muove la sorveglianza delle altre istituzioni UE, essendo la concatenazione voluta e indissolubile, pena il dissenso dei più rigidi paesi del Nord Europa.
Non solo: anche un contenzioso su quella che si dice essere "l'unica condizione al prestito", ovvero il fatto che esso è vincolato ad un utilizzo per la sanità, aprirebbe il rischio all'intrusione delle istituzioni europee nella politica fiscale ed economica italiana, e potrebbe risiedere nell'ampiezza da attribuire alla destinazione sanitaria (se faccio un ospedale per malattie generiche per garantirmi di poterne destinare un altro ai malati di Covid violo la condizione? Se aumento i fondi Inail per il Covid malattia professionale?).
Un ultimo sospetto, o esortazione, è esposta da Mangia, in Diritto Bancario, lo scorso 30 aprile: "In realtà, per sospendere o derogare il Reg. 472 non ci vorrebbe molto tempo, al di là di quello già sprecato. Tanto più che l’art 119 TFUE prevede la possibilità di Regolamenti delegati. E, allora perché non seguire subito la strada maestra, anziché proporre forzature pericolose, che nulla hanno a che fare con la certezza delle situazioni sostanziali coinvolte nella curiosa querelle sulla fattibilità di un MES cd. Light? Se l’obiettivo è davvero questo, non si capisce perché non battere questa strada, e non passare dal MES Light (a condizionalità sanitaria) al MES Zero, in deroga a tutto quanto detto finora".
In realtà non ci sarebbe il consenso necessario a modifiche di questo tipo, sia perché toglierebbero il timone dalle mani dei rigoristi (il che in fondo non è poi l'obiettivo prioritario di un serio e responsabile "riformatore" dell'unione europea); sia perché non c'è alcuna intenzione nei Paesi del Nord Europa (compresa la Francia, almeno) di passare stabilmente ad assetti federalisti e solidaristici, o comunque non liberisti, ma di sostegno a politiche pubbliche di individuazione di obiettivi di sviluppo nell'interesse collettivo e di redistribuzione delle risorse per contrastare il progressivo arricchimento delle fasce più abbienti del continente.
L'intelaiatura ordoliberista dei Trattati UE e della zeppa del Mes è tale che senza modifiche dei trattati non ci possano essere garanzie di mancanza di condizioni. Sono parole, magari anche buone intenzioni, ma se vogliamo dare un giudizio serio dobbiamo mettere in guardia dall'adesione a questo tipo di strumenti e puntare su altro. Non consiglierei mai un debitore di una banca di fidarsi di una telefonata del direttore che dice di saltare pure la rata di giugno, se non dietro modifica firmata del contratto di mutuo. Un consiglio da giuristi, democratici o meno, prima di finire davanti alla Corte di Giustizia UE, dovrebbe essere cauto e meno cialtrone dell'informazione maggioritaria, per non dire unanime.
Metto un link alla notizia Ansa di ieri 8 maggio e al già citato articolo di Mangia cui devo gran parte degli spunti normativi critici accennati qui sopra, anche se è di qualche giorno fa:
https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2020/05/08/mes-fonti-ue-eurogruppo-vicino-ad-accordo-_4b98c347-7e91-4325-ac01-4bc2315587ef.html
https://www.dirittobancario.it/editoriali/alessandro-mangia/del-mes-delle-sue-condizionalita-e-delle-discipline-deroga-cosa-succede-quando-il-diritto
Conviene scrivere una lettera a Gentiloni, una a Dombrovskis e una a Gualtieri.
RispondiEliminapenso che abbiano già considerato ogni possibile obiezione. Il difetto di ogni analisi è che parte da pregiudizi politici, mentre i trattati sono sporco diritto, sono contratti. E poi ci si trova davanti ad articoli scritti con perfidia, non a lettere affettuose.
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