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giovedì 18 febbraio 2016

Olivolì Olivolà

Non da oggi il PD promuove politiche neoliberiste disgraziatissime, ormai in ogni campo.
In sostanza esaudisce le richieste di Confindustria, Commissione Europea e JP Morgan azzerando la temuta portata democratico-rappresentativa e quindi destabilizzante delle istituzioni repubblicane, cancella i diritti dei lavoratori, privatizza e svende e deregolamenta a favore del libero capitale, finanziario anzitutto.
Sono politiche ingiuste, oltreché fallimentari, che favoriscono chi si è già arricchito abbastanza in questi anni di disapplicazione di principi fondamentali di politica economica redistributiva e di fisco equo e ad aliquote progressive.
Gli era rimasto, al PD, qualche sprazzo di tendenza liberal (progressista) in campo di diritti civili e uguaglianza formale.
Sta facendo retromarcia anche in questi campi.
E trova il modo, ad esempio, di dare la colpa al M5S sul ddl Cirinnà (colpe vere, ma il ddl è del PD e le incertezze sono evidentemente lì, prima che nel M5S) e ad altri stati UE sulle politiche dell'immigrazione e sulla politica estera.
Non distraiamoci.
La destra vincente, anche perché travestita da sinistra, è purtroppo rappresentata dal Partito Democratico. E' una destra regressiva quasi su tutto. Dispiace per i tanti parlamentari e militanti per bene, persone colte o volenterose, talvolta addirittura colte, avvedute e volenterose, che ancora cercano di salvare l'idea di un partito della sinistra moderata che possa far fare qualche progresso al Paese. Temo che sia una partita persa.
Le occasioni per far saltare questa finzione si presenteranno, ma a forza di aspettare il prossimo treno si rischia di far chiudere altre stazioni.
Il prossimo fine settimana ne parte un altro e molti amici che erano del PD ne faranno parte. Spero che altri decidano di lasciare la caserma occupata da Renzi, non per dargliela vinta, ma perché solo da fuori potranno vincerlo.

lunedì 21 dicembre 2015

Governabilità forzata per una politica piccola piccola

In Italia, secondo i sondaggi, PD e M5S sono sul 30% dei consensi, altri due partiti di destra (frase volutamente ambigua) sommati danno il 25%. Spiccioli a sinistra e altri. Una legge elettorale come la spagnola farebbe probabilmente salire la lega e il piddì, ma nessuno otterrebbe ovviamente la maggioranza da solo. 

La soluzione "Renzi", di cui l'autore si vanta presuntuosamente guardando a modo suo i risultati spagnoli (senza contare che vuol distinguersi da un successo, non da un fallimento: la Spagna ieri ha superato il bipartitismo postfranchista che aveva ingessato la politica spagnola), è quella di falsare il risultato, dando il premio a chi arriva primo, pur restando minoranza: così è fatto l'Italicum, legge fatta per gabbare la Consulta e che si dichiara proporzionale e con collegi piccoli (stretti stretti, direbbe Nilla Pizzi che di spagnola s'intendeva) e con le preferenze, in realtà non è più proporzionale, ma è una lotteria grazie al premio; i collegi piccoli sono un'illusione, visto che il peso dei partiti è determinato dal collegio unico nazionale (e poi il risultato è stravolto dal premio, ovviamente); e le preferenze sono pure un'illusione, essendo bloccati (nominati, quindi) i capilista. Da non dire in giro che i collegi, essendo piccoli, sono tanti. Ed essendo bloccati, sono tanti piccoli collegi bloccati. E quindi tanti capilista nominati.

Questa soluzione da un lato uccide la rappresentanza, il diritto di voto, ma a favore di cosa? Della governabilità? Ma noddavvero! A favore del governo, del potere, che è altra cosa. Si registra già oggi la tendenza dei due "poli" tradizionali a governare insieme (senza elezioni, ma Renzi ne soffre, poveretto) per escludere i terzi intrusi e per non fare nessuna politica incisiva, sia perché centrodx e centrosx condividono le scelte neoliberiste (e Renzi da due anni le segue strenuamente, pur dichiarandosi ad esse alternativo), sia perché, pur di garantirsi la vittoria, i contendenti corrono al centro e trascurano ogni aut-aut, ogni riforma seria che non sia le ormai digerite privatizzazioni e deregolamentazioni osannate dai poteri forti, dai tecnici, odierni oracoli che oltre ad annunciare la crisi, la portano. 

Vista la prova delle grandi alleanze (sia quelle montiane, sia quelle renziane, sia ancora quelle suggerite dalla necessità di garantirsi la vittoria al I turno o al ballottaggio con l'Italicum, la legge anti-grillo) credo che avremmo leggi o riforme ben più sensate se fossimo in una situazione di "ingovernabilità" con il PD che, anziché fare quel che gli pare, dovesse convincere l'alleato della bontà di una riforma.

martedì 24 novembre 2015

Ricorsi contro l'Italicum di Renzi: presentato anche a Firenze oggi, 24 novembre 2015

Il ricorso contro la legge elettorale "Italicum", n. 52/2015, è stato presentato oggi, 24 novembre, anche al Tribunale di Firenze nell'ambito di venticinque ricorsi presentati in tutta Italia (nelle sedi di Corte d'Appello) iniziativa condivisa da costituzionalisti, associazioni, movimenti e partiti riuniti nel Coordinamentodemocraziacostituzionale.net , preparati in buona parte dei casi dall'avv. Felice C. Besostri. Sono ricorrenti a Firenze:
Francesco Baicchi
Alfonso Bonafede
Sandra Bonsanti
Marcella Bresci
Tommaso Fattori
Mauro Fuso
Daniela Lastri
Alessandro Leoni
Tomaso Montanari
Ubaldo Nannucci
Marisa Nicchi
Cinzia Fernanda Niccolai
Alessia Petraglia
Giovanni Rebecchi
Luca Rovai
Enrico Solito
Stefano Stefani
Rolando Tarchi
Salvatore Benito Tassinari
assistiti dagli avvocati Luca Biagi Mozzoni, Eleonora Fornai, Lorenza Maione, Corrado Mauceri, Fabrizio Matrone, Roberto Passini, Daniela Perrone, Francesco Piccione, Paolo Solimeno.

http://www.toscanamedianews.it/video/firenze-il-ricorso-contro-litalicum

http://www.toscanamedianews.it/firenze-il-ricorso-contro-litalicum.htm

http://www.gonews.it/2015/11/24/italicum-presentato-al-tribunale-di-firenze-il-ricorso-contro-la-legge-elettorale/

http://www.firenzetoday.it/cronaca/firenze-ricorso-legge-elettorale-24-novembre-2015.html



martedì 17 novembre 2015

Un'altra guerra sbagliata.

Un'altra guerra sbagliata. La Francia che canta "aux armes citoyens" dichiara guerra a uno Stato Islamico che non aspettava altro per legittimarsi agli occhi dei suoi malcapitati sudditi, bersaglio innocente di bombardamenti francesi, vedranno i terroristi come loro difensori. Ora sarà una partita Occidente vs. Stato Islamico. Hanno già vinto loro promossi in serie A.
Su Le Monde Diplomatique si ricorda che fino a prima degli attentati di Parigi "il governo francese si è schierato apertamente nella guerra civile, ha spinto fino all'estremo la propria posizione, facendo pervenire delle armi destinate a una non ben definita opposizione moderata, armi che sono presto finite negli arsenali jihadisti". 
Finalmente il 4 ottobre la svolta: la Francia si schiera contro lo Stato islamico, ma capire chi è il nemico non basta a risolvere la situazione, su Limesonline.com si legge: "Dopo il lutto e la condanna della barbarie per gli attentati del 13 novembre, ricordiamoci che il vero protagonista del conflitto che stiamo vivendo non è l’Occidente ma il mondo islamico. Le nostre priorità: rimanere in Medio Oriente e spegnere la guerra di Siria."

Errori mortali

La facilona rìa
la falciò 'n aria,
Oriana Fallaci

lunedì 16 novembre 2015

Occidente, spot per lo Stato Islamico, non avversario.

Hollande continua a dire di essere in guerra. Perché? Credo sia un errore sia un attacco militare tradizionale, sia la astratta, incongrua, accettazione di una "guerra" col terrorismo.
I terroristi di Parigi e di Beirut e di altre carneficine perpetrate soprattutto in Siria sarebbero emissari dello Stato Islamico installatosi appunto in Siria e Iraq. La religione islamica di corrente salafita predicata e il proclamato Jihad, lo sforzo per affermare la fede, sono sovrastrutture: lì si va avanti con i proventi del petrolio e tecnologia occidentale e amministrando in modo decente zone mal gestite dai governi locali corrotti.
Le vittime europee sembrano essere strumento di propaganda per rafforzare il controllo della popolazione in loco, in Siria, in Iraq. Non si può accettare l'idea che l'Europa o l'Occidente siano in guerra con uno Stato Islamico che ha la sua ragion d'essere nel controllo di un pezzo d'Iraq e di un pezzo di Siria e nel conflitto tra sunniti e sciiti.
Una guerra contro quei territori rafforza l'idea che l'Occidente è nemico di quei popoli, da chiunque siano amministrati, e moltiplica l'effetto voluto degli attentati elevando i carnefici di Parigi nientemeno che ad antagonisti dell'Occidente infedele: nessun bombardamento, forse nemmeno un intervento di terra che non possiamo permetterci perché qui la vita vale di più, per ora, può garantire di colpire solo i terroristi o i militari dell'Is, quindi va evitato.
Piuttosto bisognerebbe, credo, aiutare con maggior convinzione i curdi e sostenere le autorità locali antagoniste dell'Is per evitare un'ulteriore espansione di consenso dell'amministrazione dello stato terrorista.
E bisogna forse accettare, poi, l'idea che un attentato terrorista si potrà fare anche dopo aver buttato una boma atomica su Raqqa, se passo col rosso gridando "Allah akbar" e fo fuori uno che passa col verde ho già gabbato l'état d'urgence del caro Hollande.

giovedì 5 novembre 2015

Le tutele apparenti: la truffa neoliberista del Jobs Act

Di seguito ho provato ad evidenziare - confrontando la tutela data dal nostro ordinamento ai lavoratori assunti con contratti stipulati prima del 7 marzo 2015, a sinistra, e dal 7 marzo in poi, a destra - come il "contratto a tutele crescenti" preconizzato dalla legge di delega n. 183/2014 (c.d. Jobs Act) e attuato, fra l'altro con evidente eccesso di delega dal D.Lgs. 23/2015, sia semplicemente un intervento normativo per ridurre il costo del lavoro attraverso la decontribuzione delle assunzioni e la libera recedibilità del datore di lavoro, a fronte di un costo davvero esiguo che, dal lato del lavoratore, rappresenta una drastica riduzione delle tutele. Entrambi aiuti alle imprese che gravano il primo sulla generalità dei contributenti, il secondo sui singoli lavoratori.
La tutela reale (la reintegrazione nel posto di lavoro) diviene una chimera (in particolare il licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa merita la reintegra solo se il datore di lavoro si inventa un fatto inesistente e il giudice lo accerta). 
La tutela obbligatoria è ridotta a due mensilità senza contributi, sale di due mensilità ogni anno di anzianità; addirittura per le aziende infra i 15 dipendenti licenziare senza causa non può costare più di sei mensilità e la progressione per anzianità è di solo una mensilità ogni anno di servizio: tutele lentamente crescenti. 
Da notare che con il nuovo regime cambiano anche le qualificazioni giuridiche: non si tratta più di "risarcire" chi ha subito un comportamento illegittimo del datore di lavoro: il giudice si limiterà ad accertare l'estinzione del rapporto a seguito del (pur illegittimo) licenziamento e gli darà quindi efficacia sin dal momento della comminazione, per poi non risarcire, ma semplicemente indennizzare il lavoratore. Con valori ben inferiori a qualunque parametro di reale indennizzo secondo i criteri ordinari delle obbligazioni contrattuali (art. 1223 - 1453 c.c.).
Facilmente si può prevedere che quando cesseranno le decontribuzioni per mancanza di fondi le imprese si rivolgeranno al contratto a termine reso "acausale" per tre anni (si mette il termine a qualunque assunzione, senza dover motivare) dal "decreto Poletti" (DL 34/2014).


giovedì 1 ottobre 2015

Parcheggi abusivi, applausi abusivi, maggioranze abusive

Questo parlamento non è legittimato a fare NULLA, essendo stato eletto con legge incostituzionale (ricordate il Porcellum?), invece sta facendo di tutto, tra cui questa modifica di TUTTA la Seconda parte della Costituzione.

Avrebbe dovuto approvare una nuova legge elettorale secondo le indicazioni della sentenza n. 1/2014 della Corte costituzionale (invece ha approvato l'Italicum che è peggio del Porcellum) e poi essere sciolto da un presidente della repubblica che fosse solo un po' più rispettoso del proprio ruolo. Ci vorrebbe l'esercito, per fermarli, altro che emendamenti.

I giornali si baloccano con il conflitto in atto come se fosse la solita scaramuccia, invece dovremmo chiamarlo COLPO DI STATO (scusate le maiuscole, ma qui non c'è il grassetto, c'è solo Grasso):
La Stampa: “Il governo evita i voti segreti e corre sulla riforma del Senato”, “Il presidente Grasso cassa quasi seicento emendamenti e blinda l'articolo due. Poi arriva anche il blitz del Pd anti-imboscate. Opposizioni furiose: 'Una vergogna'”. La Repubblica: “Ancora scontro al Senato. La maggioranza tiene ma è bufera su Grasso”, “Primi sì alla legge, oggi l'articolo 2. Il presidente: modifiche solo al comma 5. Il rischio scrutini segreti”. etc. ...

Per capire dove inizia questo deleterio mito della governabilità a cui si sottomette la democrazia parlamentare bisognerebbe andare indietro di qualche decennio, fino a Craxi, ma Renzi non sa nemmeno chi era Craxi, invece è un diretto discendente di quel Walter Veltroni che voleva fare "il sindaco d'Italia": così nel giugno 2007 gli rispondeva un pungente Giovanni Sartori:

Domande al nuovo leader
È proprio vero che la paura fa novanta. Il governo Prodi sbanda e inciampa ogni giorno; i sondaggi sono infausti; e in Senato è come se non esistesse, non riesce a legiferare. L'Ulivo ha ragione di essere spaventato. E così d'un tratto si è svegliato. Ha capito che il balletto dei cavalli (o ronzini) di razza che da vent'anni si bloccano l'un l'altro — la somma di impotenze dalle quali è emerso Prodi — deve finire. Pena una pessima partenza il nuovo partito, il Pd, non può nascere senza un nuovo leader che sia davvero tale.

Prodi ha escogitato un partito per rinforzarsi in sella. Paradossalmente ha costruito una macchina che lo disarciona. E così, d'un tratto, Veltroni è diventato il candidato di tutti. Quantomeno a parole. Ma facciamo come se l'ultima parola sia stata detta. Veltroni vola nei sondaggi ed ha fatto bene come sindaco di Roma. Pertanto sta negoziando da posizioni di forza e chiede sin d'ora il sostegno dei suoi sulle riforme elettorali e istituzionali che ha in mente. Ma, appunto, cosa ha in mente? È bene chiederselo subito visto che in passato (quando Veltroni era segretario dei Ds e non fece bene) sbagliò, per esempio, sul sistema elettorale. Il problema è che in media gli attribuiscono idee contraddittorie. Leggo che Veltroni intende proporsi come «sindaco d'Italia» (è lo slogan di Mario Segni), ma leggo altrove che è per il sistema semipresidenziale francese. Sono due formule diversissime. La prima è caratterizzata dalla elezione popolare diretta del capo del governo, la seconda dalla elezione diretta del capo dello Stato. Non posso credere che Veltroni le confonda. Forse le confondono i giornalisti.

L'altro giorno sentivo su una televisione «ammiraglia» che lo scarto tra voti e seggi era dovuto, nelle elezioni francesi, al premio di maggioranza. Ma la Francia non ha premio di maggioranza. Del pari ogni tanto leggo che dal referendum Guzzetta sul sistema elettorale nascerebbe un sistema bipartitico. Assolutamente no (anche se sono per il referendum, non lo vendo raccontando balle). Non è detto, allora, che chi fa confusione sia Veltroni. Però un sospettuccio, e nemmeno tanto piccolo, lo covo. L'elezione diretta del premier fu inventata in Israele con l'intento di contrastare la frammentazione partitica dovuta a un proporzionalismo che è il più proporzionale al mondo. Israele si è gia rimangiato dopo tre elezioni questo esperimento, che è risultato disastroso. Ma in Italia l'idea piace. Piacque a D'Alema (per sé) ai tempi della Bicamerale, sotto sotto piace (per sé) a Prodi, e piace anche da tempo (per sé) a Veltroni. Che l'esperimento sia fallito nell'unico Paese che l'ha tentato risulta del tutto indifferente ai nostri aspiranti premier. E ai suddetti non importa un fico che per una lunghissima maggioranza di costituzionalisti la formula del «sindaco d'Italia » sia ingannevole e impraticabile.

Non so se Veltroni abbia davvero detto che lui non si impelagherà in «astruse discussioni sulle riforme», perché gli basta sapere che «premierato significa un governo che può decidere». Ma proprio no. Le strutture di governo che danno governabilità sono parecchie: presidenzialismo, semi-presidenzialismo, premierato inglese, cancellierato tedesco. Pertanto chi non distingue pasticcia. E non vorrei che Veltroni ci introduca in una notte hegeliana nella quale tutte le vacche sono nere, e cioè sembrano uguali.
Giovanni Sartori

martedì 29 settembre 2015

Diesel d'annata

povera Volkswagen: ora a Quattroruote, numero di ottobre, fanno i bravi, loro sapevano da sempre che i motori a gasolio inquinano e che i test sulle emissioni condotti per le omologazioni nelle varie normative Euro 4, 5 e 6 sono tutti truccati. 

Però qualche mese fa deridevano come fosse una donna dell'età della pietra la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, che intende vietare dal 2020 l'ingresso di auto con motore diesel, sistema - non sa la fanatica sindaca - che negli ultimi anni sarebbe diventato nientemeno che "un filtro" che emette dagli scarichi portentosi aria più pulita di quella che entra negli iniettori. 

In attesa di informazioni più serie, anche dalla stampa specializzata, e del raffreddamento delle redazioni, ci toccherà studiare chimica e, probabilmente, indirizzarci su auto a metano o elettriche per salvare, se non l'aria, almeno la coscienza.

Un impegno straordinario / 2

Stavo cercando di dare un seguito al proposito di "un impegno straordinario" che avevo provato a sollevare a febbraio scorso

http://paolosolimeno.blogspot.it/2015/02/un-impegno-straordinario-1.html

e mi soccorre Luciano Gallino, in coda a un bell'intervento in cui descrive gli obiettivi politici generali da assumere con urgenza, il "compito" che ci attende. E così conclude, tanto puntuale e stringente da indurmi, rubandolo, a chiamarlo "Un impegno straordinario / 2":

"Allo scopo di far emergere dal paese, che da più di un segno appare in grado di farlo, una nuova classe dirigente all’altezza del compito, occorrono i voti. Per moltiplicare i voti necessari occorre che il maggior numero possibile di elettori comprenda qual è l’enormità della posta in gioco, in Italia come nella UE, e la relativa urgenza. E se è vero che l’opinione politica si forma per la massima parte sotto l’irradiazione dei media, è di lì che bisogna partire. Supponendo che la traccia proposta sopra sia qualcosa di assimilabile a uno schema di programma politico a largo raggio, bisognerebbe quindi avviare una campagna di comunicazione estesa, incessante, capillare, volta a mostrare che la rappresentazione che il governo e i media fanno di quanto avviene è una deformazione della realtà, e poco importa se non è intenzionale. Insistendo su pochi punti essenziali, siano essi quelli qui indicati o altri – purché siano pochi e di peso analogo. Lo scopo è semplice: ottenere che alle prossime elezioni parecchi milioni di cittadini votino per una società migliore di quella verso cui stiamo rotolando, a causa dei nostri governi passati e presenti, non meno che della deriva programmata della UE verso una oligarchia ottusa quanto brutale."

Questo l'articolo completo:
http://www.syloslabini.info/online/europa-la-crisi-e-strutturale-la-soluzione-e-politica/