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mercoledì 30 maggio 2018

Trattati europei e democrazia costituzionale

"Penso che si debba cambiare direzione, e che questa debba tornare a essere quella indicata dalla nostra Costituzione. È questo il vincolo interno inderogabile che dobbiamo anteporre, o meglio sostituire, al vincolo esterno rappresentato dai Trattati europei e a ciò che esso ha portato con sé: un anacronistico revival dello Stato minimo e del laissez faire, appena riverniciato di “modernità” tecnocratica".
Vladimiro Giacché
https://www.sinistrainrete.info/europa/5001-vladimiro-giacche-trattati-europei-e-democrazia-costituzionale.html

martedì 29 maggio 2018

L'uomo del Colle può dire no? E perché?

Penso che sia da criticare la scelta di Mattarella, ma anche la richiesta di impeachment e, al contempo, le assurde motivazioni finanziarie del rifiuto della nomina di Savona.

I recenti passaggi hanno stravolto il significato dell'intervento del PdR e della prassi delle consultazioni e della (prevista) fiducia. Anteporre all'incarico un contorto contratto di natura privatistica, anticipare che il nome di un ministro era condizione per il sostegno al governo Conte da parte della Lega, sono state esibizione di forza e finta trasparenza ad uso elettorale che hanno compresso l'autonomia del PdR nella scelta del PdC. 

Conte si presentava come esecutore che pertanto non avrebbe avuto autonomia nell'individuare i nomi dei ministri da proporre a Mattarella. Pensare che Mattarella non avrebbe avuto nemmeno qualche autonomia nella nomina dei ministri, vuol dire pensare che questo governo sarebbe nato con un azzeramento della figura del PdR con lo strapotere ricattatorio dei partiti. Mattarella si è rifiutato di fare questo. Non ha fondato il rifiuto su questo, ma su motivi cge ritengo inaccettabili, ma penso che questo sia l'effetto sui rapporti fra le istituzioni coinvolte. Il risveglio di Mattarella è anche tardivo, avrebbe semmai dovuto porre dei limiti alla manfrina che si stava ordendo, ma non era facile: Contratto e Comitato di conciliazione si potevano leggere come irrilevanti strumenti di una querelle fra partiti, senza rilievo istituzionale.

Oggi il dibattito si sviluppa fra chi chiede la messa in stato d'accusa del presidente, chi lo difende contro gli eversori, chi invoca il rispetto del voto. Si tratta di una tenzone rischiosa. Credo che sia utile ribadire la natura della nostra repubblica per ridimensionare i poteri del PdR, con giusto risalto del ruolo del parlamento; ma non si deve azzerare il presidente, è una delle istituzioni di garanzia, di bilanciamento anche, critichiamo le imposizioni dell'UE, le servili forzature di Napolitano ieri, di Mattarella oggi, ma bisogna distinguersi dalla becera esaltazione della volontà popolare senza limiti, senza mediazioni.

L'urgenza, piuttosto, è dare contenuti socialisti alla critica alle politiche monetariste europee, ai trattati che strozzano l'occupazione in funzione della stabilità dei prezzi. No al recupero di sovranità in funzione di un malinteso orgoglio nazionale che le destre utilizzerebbero per mettere dazi e cacciare i migranti, ma no alla cessione di sovranità che non sia in favore di organismi sovranazionali regolati da una costituzione democratica che abbia nella cooperazione globale e nella difesa dei diritti umani, anzitutto i diritti sociali, il primato inderogabile.

Lo spread fra cosa?

Le vie d'uscita c'erano, non hanno voluto imboccarle, né Mattarella, né i due Contraenti. Nessuno sconto a questi due opportunisti.

Ci infiliamo così, con una scelta grave, politicamente criticabile del PdR (ma non è certo attentato alla costituzione) in nome della stabilità dei mercati, in una fase in cui i populismi ringhieranno ancora di più, spero solo che sopravviva un po' di fiducia nelle istituzioni. E che si facciano strada proposte politiche più serie.

E invece ecco che subito dopo aver silurato il governo (fascio-stellino, sia chiaro, non lo rimpiango) si verifica che con l'incarico a Cottarelli, fortemente voluto dal presidente Mattarella, lo spread sale fino a 300 punti. Ma cos'è lo spread?  È il differenziale tra il rendimento dei BTP italiani e quelli tedeschi, 260 punti vuol dire che quelli italiani rendono in interessi mettiamo 1% + 2,6 %, totale 3,6%. Sui miliardi di debito è un bel costo in più. All'emissione i titoli di stato italiani rendono pochissimo (v. qui, siamo allo 0,5 http://www.dt.tesoro.it/it/debito_pubblico/dati_statistici/principali_tassi_di_interesse/ ), fa tutto la speculazione dei mercati. Si guarda allo spread fra tassi d'interesse, ma come mai spread non significa, per l'uomo comune che forma il proprio lessico sui messaggi più insistiti, differenza tra le ricchezze delle masse e delle élite? O tra gli stipendi di operai italiani e tedeschi? O tra le bilance commerciali dei due paesi? Se gli "andamenti" degli "spread" sono così importanti, perché non guardiamo come sono cambiati altri valori economici da quando sono in vigore i trattati UE, l'Euro, da quando è iniziata la crisi del 2008, da quando si sono scatenate le guerre contro Iraq, Afghanistan, Libia? Tanto poi il debito pubblico è incolmabile nel breve periodo e a stringere la cinghia diventa fuori portata anche nel lungo, perché ci impoveriamo (cala il PIL) e non potremo pagare mai. Ah, a proposito: la flat tax è già in vigore e Cottarelli la alzerà, si chiama Iva e, direbbe Anatole France, colpisce il povero e il ricco allo stesso modo quando fanno la spesa.

giovedì 12 aprile 2018

Guerra, ordinaria amministrazione?

Con Gentiloni in guerra?
Dalla base di Sigonella già partono aerei in preparazione dell'attacco Usa alla Siria. Una palese violazione della nostra costituzione, art. 11, e di quanto resta del diritto internazionale.

Un governo che non ha la fiducia del nuovo parlamento dovrebbe limitarsi alla ordinaria amministrazione e quindi attenersi al diritto vigente, a partire dalla Carta delle Nazioni Unite, non perseguire eversioni provocate dagli Usa, compiendo un atto politico che genera responsabilità e richiede perciò pieni poteri.

Il parlamento dovrebbe comunque discutere la situazione attuale e negare qualsiasi coinvolgimento nell'attacco alla Siria da parte di USA, GB e Francia.

domenica 18 marzo 2018

Ammazzate Moro, abbia inizio il saccheggio neoliberista!

Anniversario ineludibile, il rapimento di Aldo Moro e l'uccisione di ben cinque uomini della sua scorta. Ma non fermiamoci a sfrucugliare materiale vecchio di un vecchio caso giudiziario, o a intervistare i brigatisti alla ricerca di "chi sparò al segretario della DC": ma cosa ce ne frega di sapere chi sparò? La vicenda umana sia delle vittime, sia dei carnefici, è importante, certo, da non smettere mai di interrogarla per interrogarci.

Ma rischia di essere troppo insistita l'attenzione alle vicende private degli individui, quando più che mai il fatto ha una rilevanza culturale e politica per l'intera nazione: degli idioti complottisti armati uccisero un democristiano di sinistra che avrebbe portato al governo socialisti e comunisti.
Erano idioti davvero, violenti e ottusi come tutti i complottisti, almeno avessero dato segnali di profondità interiore, o di cinismo estremo, eroico (girano in teatro versioni diverse, romantica e cinica, del Raskolnikov di Delitto e castigo)...
Importante è secondo me riflettere sul gran favore che le BR fecero alle destre, agli USA, a come avremmo affrontato la fine dell'età dell'oro dell'attuazione della costituzione e del boom economico e l'affermazione di Reagan (1981-1989) e Thatcher (1979-1990) e del neoliberismo.
Negli anni che seguirono ricoprirono la carica di presidente del consiglio - a capo di varie edizioni di centrosinistra in cui il PCI era sempre escluso - Andreotti, Andreotti, Cossiga, Forlani, Spadolini, Fanfani, Craxi, Fanfani, Goria, De Mita, Andreotti, Amato, Ciampi, Berlusconi.
Si passò dal consociativismo interrotto a governi di destra travestiti da centrosinistra, per tuffarsi poi dopo 15 anni nell'avventura europea favorita da Amato e Ciampi.
Gli anni dal 1945 al 1978 sono cruciali per la storia d'Italia, nessuno li indaga a dovere, ci si sfinisce sul fascismo, sulle amanti del duce, sui crimini dei neri, ma anche no, e dei rossi, ah, anche loro, e poi... zap... anni di piombo, rapimento di Aldo Moro. E poco dopo senza nemmeno raccontarcelo, via con le privatizzazioni, il congelamento della costituzione, la libera concorrenza, la fine della scala mobile, le liberalizzazioni, l'elezione diretta dei sindaci, fino al fiscal kompact.
Se potessimo avere una saudade collettiva, in Italia, dovrebbe essere per la socialdemocrazia che non abbiamo avuto e per il neoliberismo che ci siamo sorbiti senza mai discutere le alternative...

domenica 25 febbraio 2018

Rosatellum: facciamoci una croce

4 marzo 2018: votare stavolta è facilissimo, tanto è ristretto il diritto di voto: fate una crocetta sul simbolo della lista che vi garba.

Ogni voto diverso è consiglio del demonio.

Infatti, sotto il vigore malefico della Legge n. 165/2017, approvata con più voti di fiducia da un parlamento intimorito dai ministri di Renzi:

- se fate una croce, in caso di coalizione, solo sul nome del candidato del collegio uninominale, il vostro voto vale anche come se l'aveste espresso anche per le liste (bloccate, ovviamente) collegate, in ragione del voto che hanno espresso gli altri elettori del collegio (follia pura);

- se fate una croce per un candidato dell'uninominale di una coalizione e per una lista non collegata a quello (voto disgiunto) il vostro voto è nullo;

- se fate una croce solo sullo spazio di una lista in coalizione, il vostro voto va automaticamente al candidato uninominale della coalizione. Se questo vincerà, bingo! il vostro voto varrà il doppio perché verrà conteggiato sia per quel seggio uninominale, sia per il riparto dei seggi proporzionali, senza "scorporo"

- chiunque votiate, non sapete chi verrà eletto col vostro voto, perché: il vostro candidato può essere candidato in un collegio uninominale e 5 plurinominali, poi in caso di vittoria in più collegi, passerà solo in uno, decadrà negli altri

- la decadenza del plurieletto manda in vacca la parità di genere, che è vincolante solo come presentazione, non come risultato

- siccome molti collegi determinano l'elezione di anche 8 candidati, ma le liste propozionali sono da 2 a 4 nomi, se una lista ottiene un buon ristato, può richiedere di pescare candidati da listini vicini, anche di altre liste collegate.

Comunque tranquilli, il presidente dell'Ufficio elettorale centrale può nominare uno o più esperti per i lavori di attribuzione dei seggi; e sulla scheda ci sono le istruzioni.


A chi volesse prendere sul serio la normativa consiglio:
- F. SGRÒ, Prime considerazioni sulla legge n. 165 del 2017: questioni nodali e specificità del nuovo sistema elettorale italiano, in Osservatorio costituzionale, 3/2017, 6 dicembre 2017;
- N. LUPO, Verso un’auspicabile stabilizzazione della legislazione elettorale italiana. Alcuni spunti sulla legge n. 165 del 2017.

venerdì 1 dicembre 2017

Mezzogiorno di sangue a Vicenza

Gran bravo macellaio di Vicenza alle 11 si lamenta ad alta voce del calo degli affari mentre Untizio Accaso entra nella bottega e gli chiede: "lei ha una lingua di maiale?" Alché il macellaio offeso lo uccide. Signora Spiritosa commenta "Lingua tagliente" e viene pure lei uccisa dal macellaio che entro mezzogiorno si uccide.

martedì 24 ottobre 2017

Chiamata alle larghe intese: il Rosatellum come arma impropria

DDL Rosato - o rosatellum: il ddl 2941 del Senato che sta procedendo la sua scandalosa corsa a colpi di fiducia imposti dal governo, con la ministra Finocchiaro sempre in prima fila, eppure Gentiloni lo aveva esplicitamente escluso dal programma quando chiese la fiducia alle Camere. Il testo - di non facile lettura per essere l'ennesima modifica al TU del 1957 - si può scaricare qui
ddl Rosato in PDF

Il sistema proposto non sembra un grande passo avanti rispetto ai sistemi in vigore dopo le sentenze della Corte costituzionale n. 1/2014 (che abrogò premio e liste bloccate della legge del 2005, il Porcellum) e n. 35/2017 (che ha abrogato parte dell'Italicum, la legge renziana che nel 2015 soccorse subito a reagire all'intollerabile intromissione della consulta negli affari della politica delle larghe intese del Nazareno: il ballottaggio, lasciando in vigore il premio al primo e unico turno per la Camera; e il diritto di scelta del capolista che risulti eletto su più collegi, risulterebbe eletto nel collegio estratto a sorte): anzitutto perché le differenze tra i due sistemi in vigore si riducono ad uno "eventuale" (che si attiva solo alla Camera se una lista raggiungesse il 40% dei voti) ed uno "eventuale" e non decisivo (le soglie di sbarramento al senato sono ben più alte, ma basterebbe presentare coalizioni o liste aggregate in grado di superarli.

In breve annoto qualche critica al Rosatellum, considerazioni ormai diffuse, per arrivare alla conclusione che non abbiamo bisogno dei suoi meccanismi, anzi, come molti vanno dicendo, gli effetti indesiderati si sommerebbero a quelli abusivi e maliziosamente ricercati dai proponenti:

- apparentemente è un sistema proporzionale per 2/3 e uninominale per 1/3 con sbarramento al 3%, bellissimo, direi!

- in realtà, essendoci una sola scheda (per la camera, un'altra per il senato) ed essendo vietato il voto disgiunto, il voto va sempre al candidato dell'uninominale (di coalizione o della singola lista non coalizzata) e l'elettore lo sa e si concentrerà su quello (succede così, ad es., anche in Germania, dove ci sono due distinti voti uninominale e propozionale, eppure gli elettori, al 60%, pensano di trovarsi di fronte a un sistema all'inglese);

- le liste del proporzionale sono brevi, ma non come in Spagna, bensì all'italiana: il risultato proporzionale è dato dal collegio unico nazionale (regionale al senato), quindi la scelta del candidato non c'è; inoltre ogni candidato può candidarsi nella stessa lista in ben 5 circoscrizioni diverse e 1 collegio uninominale;

- il risultato è che il 100% dei candidati (dell'uninominale e del listino bloccato) è scelta dai partiti, l'elettore sceglie solo il partito; se non sceglie il partito, ma vota solo il candidato del collegio uninominale, il suo risultato andrà distribuito fra le liste coalizzate secondo le scelte degli altri elettori del collegio: tale voto è direttamente valido per conseguire il collegio uninominale, ma è conteggiato anche per determinare la quota proporzionale, raddoppiando di fatto l'effetto del voto di chi contribuisce ad eleggere il candidato dell'uninominale (cfr. Spadacini, Manifesto del 20.10.2017)

- lo sbarramento del 3% diventa dell'1% in coalizione (che nel complesso deve raccogliere almeno il 10%), un invito alla frammentazione disponibile.

A parte altri dettagli, il risultato è un sistema che accetta la situazione esistente, non si preoccupa di determinare maggioranze che non esistono (con premi o ballottaggi), e che quindi ha due obiettivi evidenti: ottenere la fedeltà degli eletti di ciascuna lista (ma le coalizioni saranno aperte, libero ciascuno di saltare da un gruppo a un altro, più del solito); e scoraggiare chi vuol correre da solo; e un obiettivo velato: sarà necessaria l'alleanza tra schieramenti fittiziamente contrapposti. Soccombe chi, piccolo, non si allea prima.

Eppure Renzi raccoglierà voti contro Berlusconi e contro Grillo, Salvini contro Renzi, ecc. Ma Renzi vuole fare alleanze a destra, perché questa legge sacrifica proprio i partiti alla sinistra del Pd che non vorranno allearsi. Creare un sistema che facilita anzitutto la destra, pur di rendere indispensabili alleanze tra poli contrapposti (fittiziamente, ripeto, ma tali sono), piuttosto che (avversativo) tra partiti affini è segno della trasformazione del Pd. Gli altri partiti di destra non otterrebbero da soli la maggioranza (sulla "stupidità" di questa legge v. Floridia sul Manifesto del 24.10.2017).

Nella situazione odierna, obiettivamente "ingovernabile" (per non parlare delle responsabilità), sarebbe preferibile lasciare che si formi un parlamento il più possibile rappresentativo dell'elettorato e lasciare che lì si aggreghi una maggioranza governativa tra tutti i soggetti affini. Non credo abbia senso obiettare che alcuni partiti dichiarano di non volersi alleare, sia perché a certe condizioni (di forza e di programma) potrebbero farlo, sia perché la loro rappresentanza è condizionata dal sistema elettorale e da come è percepito dall'elettore.

mercoledì 11 ottobre 2017

Un parlamento strozzato come un porcellum - fiducia e discussione della nuova legge elettorale

Legge Acerbo (1923), Legge truffa (1953), Italicum (2015). Tutte approvate su pressione del governo, tutte con la fiducia. E ora il Renzellum, o Rosatellum che dir si voglia.

Porre la fiducia sulla legge elettorale (procedimento che consente di far cadere gli emendamenti e limitare i tempi di voto, oltre che impegnare i parlamentari sul sostegno o meno all'esecutivo) deve ritenersi contrario alla costituzione, art. 72, IV comma, che impone per i disegni di legge "in materia costituzionale ed elettorale" che si segua il procedimento ordinario, quindi quello del I comma: in aula, articolo per articolo.

La stessa presidente Boldrini già autorizzò la fiducia per l'approvazione dell'Italicum nel 2015, ora replica l'autorizzazione per questo ddl di pessima fattura che avrà, se approvato, oltre ai vizi di cui molto si parla (liste bloccate e vincolate al candidato dell'uninominale e trucchi vari confezionati a vantaggio di alcuni gruppi con l'esito anzitutto di determinare un parlamento di nominati e fortemente selettivo verso le formazioni minori o che non accettano le alleanze), anche il vizio di procedimento di esser stato votato con la fiducia. Questi parlamentari della maggioranza, eletti nel 2013 con il Porcellum dichiarato incostituzionale a gennaio 2014, possono ancora produrre qualcosa di meno infame, ma temo che non ne avranno il coraggio.

Nel 2015 l'argomento della presidente Boldrini che pose, richiesta dal governo, la fiducia, fu l'art. 116 del regolamento della camera che, ci insegna Felice Besostri, non parla di legge elettorale, ma perché pare ovvio che parli solo di quei ddl su cui si può porre la fiducia.

Il tema mi sembra essenziale perché il disegno costituzionale del procedimento di discussione e votazione delle leggi è uno dei nodi centrali della democrazia che coinvolge i principi della sovranità popolare, della rappresentatività delle istituzioni, del rispetto delle minoranze, della separazione dei poteri, nodo che deve avere confini certi, non disegnati con timidezza da parte degli organi di garanzia. Ritengo che l'art. 72 che parla di "procedura normale" ordinario al quarto comma richieda che i disegni di legge in materia costituzionale, elettorale, ecc. debbano seguire "il" procedimento ordinario di cui al I comma, non semplicemente la procedura di votazione in aula che in maniera sintetica si descrive nel quarto comma.

I precedenti di corte costituzionale sono contrari a questa lettura (si vedano le sentenze n. 9/1959, 391/1995, non la 35/2017 sull'Italicum perché l'eccezione relativa si fermò dinanzi alla valutazione dei giudici a quo di manifesta infondatezza e la corte ritenne di non poterlo sollevare autonomamente dopo che le ordinanze non l'avevano fatto).  Ma quelle pronunce ripropongono principi e ragionamenti maturati soprattutto sul rispetto del procedimento in materia di conversione di decreti legge e di questione di fiducia.

Ritenere soddisfatto l'art. 72, quarto comma, per il solo aver garantito l'esame in sede referente e l'approvazione in aula mi sembra poco. Si esclude in tal modo che la votazione e discussione articolo per articolo sia la vera "procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera". Provo a proporre solo un piccolo argomento letterale: se il costituente avesse voluto limitarsi a chiedere quello che scrive, esame e approvazione in aula, per escludere quindi solo la commissione in sede deliberante, perché avrebbe dovuto creare un istituto (procedura normale) che poi descrive nel dettaglio? L'autolimitazione della corte, che in sostanza non vuol entrare a valutare i regolamenti parlamentari, così vanifica la chiara indicazione di una "procedura normale" che garantisce discussione, trasparenza, partecipazione delle opposizioni.

E questo risulta pianamente dalla diffusa interpretazione dell'art. 72 Cost. Anche di recente in materia si trova Trib. di Messina, ordinanza di rimessione alla C.Cost. (che poi ha deciso censurando su altri presupposti parte dell'Italicum, sent. 35/2017), che afferma che "la prima questione sollevata concerne l'asserita violazione dell'art. 72, comma 1 e 4, Cost. (secondo cui la procedura normale - da adottare per le leggi elettorali - prevede che il disegno di legge sia esaminato in commissione e poi dalla Camera o dal senato, che l'approva articolo per articolo), posto che il d.d.l. unificato A.C. 3-B-Bis è stato approvato senza la preventiva votazione delle commissioni in sede referente e dopo che il governo aveva posto la questione di fiducia, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, sugli artt. 1, 2 e 4, con voto finale di fiducia il 4 maggio 2015, con unica votazione a scrutinio palese cumulativamente per tutti e tre gli articoli in questione".
E si conclude, con pronuncia che non risolve affatto il problema, se non in quel giudizio, che "dai documenti prodotti dai ricorrenti (...) non risulta dimostrata la dedotta violazione della procedura ordinaria prescritta per le leggi elettorali dall'art. 72 Cost. , non emergendo per tabulas che, a seguito della proposizione dal parte del Governo della questione di fiducia, sia stata omessa la votazione articolo per articolo, previo esame in commissione. Peraltro, gli ulteriori profili prospettati (come quelli inerenti il c.d. Lodo lotti del 1980, attinente alle disposizioni regolamentari della Camera) non appaiono rilevanti per la questione in esame."
Quindi la "procedura ordinaria" del IV comma è qualcosa di più di votare in aula, secondo il giudice siciliano.

Da non trascurare che finirà sotto la fiducia anche la delega al governo di disegnare i collegi elettorali, quindi una parte di ddl riguarda non solo la legge elettorale, ma è fatto con lo strumento della delega e il IV comma dell'art. 72 chiede che sia rispettata la "procedura ordinaria" per ddl in materia costituzionale, elettorale, di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.

Altra questione è quella del rispetto dei regolamenti parlamentari: se la violazione è solo del regolamento, non si determina un errore di procedura che possa esser fatto valere fuori dall'aula, ma solo al suo interno, con gli strumenti propri dell'organo. Ebbene, entrano in ballo gli articoli 116 e 49 del regolamento della camera, il primo impedisce all'esecutivo di chiedere la questione di fiducia ex art. 94 Cost. su disegni di legge per i quali è previsto il voto segreto; e fra questi l'art. 49 menziona i ddl in materia elettorale. La disposizione è chiara, anche se c'è chi sostiene, come nel 2015 la presidente Boldrini, che il limite varrebbe quando si tratta dei casi di tutela di situazioni sensibili in cui il regolamento prevede il diritto di chiedere la votazione a scrutinio segreto, quindi solo quando si vota su persone.


sabato 20 maggio 2017

Rieccoli.

E rieccoli con il Rosatellum: non c'entra nulla né con il Mattarellum né con il sistema tedesco. Sarebbe piuttosto un sistema maggioritario corretto con le liste bloccate.

Un'unica scheda, vi si trovano i candidati del collegio uninominale e le liste proporzionali collegate, metà dei seggi della Camera sarebbe coperta da chi arriva primo nel singolo collegio (303 circoscrizioni uninominali), l'altra metà secondo il riparto proporzionale del voto di lista bloccata. Non è previsto lo scorporo, che era nel Mattarellum una correzione proporzionalista che impediva alla lista di usare per l'attribuzione della quota di seggi del proporzionale i voti ottenuti nel voto uninominale. Al senato stessa cosa (150 collegi di lista piccoli e 150 eletti col proporz.). Sbarramento al 5%.

Quindi avremo la composizione di Camera e Senato interamente decisa da chi compone le liste e i candidati dei collegi uninominali, si potrà scegliere solo fra i contendenti nel collegio. Il risultato proporzionale sarà corretto fortemente dal risultato uninominale, infatti: 1. non è consentito il voto disgiunto; 2. è consentito candidarsi sia nell'uninominale che nella lista proporzionale, anche in più collegi (ma non in più collegi uninominali).
 

Nel sistema tedesco avviene l'opposto: l'intero risultato della composizione del Bundestag è dato dal risultato del voto proporzionale (il "secondo voto"), e il risultato dei "primi voti" che determinano i vincitori dei collegi uninominali è sottratto al risultato del proporzionale, quindi serve solo per scegliere la persona, non per determinare la composizione dell'assemblea, pertanto non ha un effetto maggioritario, ma semmai personalizzante. Infatti il sistema tedesco è comunemente definito proporzionale. Corretto dallo sbarramento, dal divieto costituzionale di partiti estremisti, collegati a ideologie totalitarie, dall'effetto maggioritario che può avere la candidatura del collegio uninominale, ma pur sempre proporzionale.

La Corte costituzionale non ha dato indicazioni dirette su quale legge sia conforme ai principi costituzionali, però nelle sentenze 1/2014 e 35/2017 ha censurato distorsioni eccessive della rappresentatività del sistema e meccanismi che non consentivano la scelta del candidato, come le liste bloccate. 

E il risultato del referendum del 4 dicembre scorso ha sonoramente bocciato un pacchetto maggioritario che in più, come effetto preminente, cancellava l'elettività del senato. 

Credo che questo Rosatellum sia un tradimento di quelle indicazioni.