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venerdì 31 gennaio 2014

Premio a chi vince, non per vincere, sennò si chiama gara truccata.

Il premio di maggioranza si dà, se proprio si vuole, a chi raggiunge il 50% per fargli raggiungere il 55%, o comunque rafforzare la vittoria (non per dare la maggioranza a chi non ce l'ha).


Il ballottaggio si fa se nessuno supera il 50%, allora è necessario (se l'obiettivo è che qualcuno abbia la maggioranza dei seggi) il ballottaggio.


Tutto il resto è truffa.



Non ho detto fuffa, ma truffa, truffa, truffaaaa.


Acerbo, Scelba, Calderoli, Renzi...

Acerbo, Scelba, Calderoli, Renzi.
Un consiglio al giovane sindaco: si sottragga a questi accostamenti, la compagnia non farebbe onore nemmeno a un capitano di ventura e un ripensamento verrebbe apprezzato dagli storici.
Fra i quattro, unico antifascista esplicito fu Scelba, ma destro e repressore di ogni dissenso, Acerbo invece fascista sin dalla marcia su Roma e esperto d'agricoltura, Calderoli dentista razzista si sposò con rito celtico, Renzi boy scout di Rignano con vocazione al comando. Insomma, gente seria e affidabile quando si parla di pluralismo e rappresentanza.

Girano già delle anteprime del nuovo art. 49 Cost. (in maiuscolo le aggiunte):
"Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti GRANDI per concorrere con metodo ALEATORIO a permettere aI SEGRETARI di determinare la politica nazionale"

A qualcuno toccherà aggiornare i manuali di politica, almeno le voci "inciucio" e "trasformismo" e "legge truffa" ecc. includendovi, con tutti gli onori, le gesta di Matteo Renzi da Rignano che nel 2014 riuscì a rinforzare la destra, resuscitare Berlusconi, ammazzare la sinistra, distruggere il PD, ecc.


Di seguito alcuni commenti di questa fine gennaio 2014 quando alla Camera, dopo lo sbrigativo via libera della Commissione affari costituzionali, è stato sommariamente discusso e votato il testo di legge nato dall'accordo Renzi-Berlusconi.

Luigi Ferrajoli 
http://www.costituzionalismo.it/notizie/631/

Massimo Villone
http://www.costituzionalismo.it/notizie/629/

Convegno di Roma, 21 gennaio 2014, e appello dei giuristi contro la proposta Renzi-Berlusconi
(Azzariti, Bilancia, Ferrajoli, Ferrara, Gallo, Pace...)
http://www.libera.tv/videos/5593/legge-elettorale---gaetano-azzariti---intervento

lunedì 27 gennaio 2014

Golpe

Matteo Renzi, 27 gennaio 2014:
"Questi costituzionalisti sono quasi tutti di ideologia molto spinta sulla sinistra radicale".
"Se si affossa questa possibilità di riforme - ha detto - diventa davvero delicato immaginare uno spazio di speranza per questa legislatura".

Queste sono minacce, non riforme.

Berlusconi e Renzi sono d'accordo non solo sulla legge-truffa, ma anche nel considerare di "estrema sinistra" principi di una qualunque costituzione liberaldemocratica, non solo della nostra.
 

Nel dettaglio: portare il premio di maggioranza al 38% è ridicolo, comunque Berlusconi ha detto di no e non si farà, è lui che comanda e Renzi è arcicontento.
 

Un premio di maggioranza dovrebbe andare a chi raggiunga il 50% per rafforzare la maggioranza, non al 35 o 38%: questo sarebbe un premio alla minoranza che determinerebbe la maggioranza. 

Nel 1953 si gridò al colpo di stato per l'approvazione della legge truffa, ma avrebbe dato il premio appunto alla DC che era in odore di raggiungere il 50%: avrebbe ottenuto il 65% dei seggi in parlamento, avrebbe reso ininfluente l'opposizione ed avrebbe potuto anche cambiare la Costituzione.
 

Golpisti. Nel 1953 si chiamavano così i democristiani di Scelba, oggi che ci è preso che li chiamiamo riformisti?
http://www.repubblica.it/politica/2014/01/27/news/renzi_riforma_elettorale-77036426/?ref=HREA-1

domenica 26 gennaio 2014

Appello di giuristi e costituzionalisti: non approvate l'Italicum, è peggiore del Porcellum


La pro­po­sta di riforma elet­to­rale depo­si­tata alla Camera a seguito dell’accordo tra il segre­ta­rio del Par­tito Demo­cra­tico Mat­teo Renzi e il lea­der di Forza Ita­lia Sil­vio Ber­lu­sconi con­si­ste sostan­zial­mente, con pochi cor­ret­tivi, in una rifor­mu­la­zione della vec­chia legge elet­to­rale – il cosid­detto “Por­cel­lum” – e pre­senta per­ciò vizi ana­lo­ghi a quelli che di que­sta hanno moti­vato la dichia­ra­zione di inco­sti­tu­zio­na­lità ad opera della recente sen­tenza della Corte costi­tu­zio­nale n.1 del 2014.

Que­sti vizi, afferma la sen­tenza, erano essen­zial­mente due.

Il primo con­si­steva nella lesione dell’uguaglianza del voto e della rap­pre­sen­tanza poli­tica deter­mi­nata, in con­tra­sto con gli arti­coli 1, 3, 48 e 67 della Costi­tu­zione, dall’enorme pre­mio di mag­gio­ranza – il 55% per cento dei seggi della Camera – asse­gnato, pur in assenza di una soglia minima di suf­fragi, alla lista che avesse rag­giunto la mag­gio­ranza rela­tiva. La pro­po­sta di riforma intro­duce una soglia minima, ma sta­bi­len­dola nella misura del 35% dei votanti e attri­buendo alla lista che la rag­giunge il pre­mio del 53% dei seggi rende insop­por­ta­bil­mente vistosa la lesione dell’uguaglianza dei voti e del prin­ci­pio di rap­pre­sen­tanza lamen­tata dalla Corte: il voto del 35% degli elet­tori, tra­du­cen­dosi nel 53% dei seggi, ver­rebbe infatti a valere più del dop­pio del voto del restante 65% degli elet­tori deter­mi­nando, secondo le parole della Corte, “un’alterazione pro­fonda della com­po­si­zione della rap­pre­sen­tanza demo­cra­tica sulla quale si fonda l’intera archi­tet­tura dell’ordinamento costi­tu­zio­nale vigente” e com­pro­met­tendo la “fun­zione rap­pre­sen­ta­tiva dell’Assemblea”. Senza con­tare che, in pre­senza di tre schie­ra­menti poli­tici cia­scuno dei quali può rag­giun­gere la soglia del 35%, le ele­zioni si tra­sfor­me­reb­bero in una roulette.

Il secondo pro­filo di ille­git­ti­mità della vec­chia legge con­si­steva nella man­cata pre­vi­sione delle pre­fe­renze, la quale, afferma la sen­tenza, ren­deva il voto “sostan­zial­mente indi­retto” e pri­vava i cit­ta­dini del diritto di “inci­dere sull’elezione dei pro­pri rap­pre­sen­tanti”. Que­sto mede­simo vizio è pre­sente anche nell’attuale pro­po­sta di riforma, nella quale pari­menti sono escluse le pre­fe­renze, pur pre­ve­den­dosi liste assai più corte. La desi­gna­zione dei rap­pre­sen­tanti è per­ciò nuo­va­mente ricon­se­gnata alle segre­te­rie dei par­titi. Viene così ripri­sti­nato lo scan­dalo del “Par­la­mento di nomi­nati”; e poi­ché le nomine, ove non avven­gano attra­verso con­sul­ta­zioni pri­ma­rie impo­ste a tutti e tas­sa­ti­va­mente rego­late dalla legge, saranno decise dai ver­tici dei par­titi, le ele­zioni rischie­ranno di tra­sfor­marsi in una com­pe­ti­zione tra capi e infine nell’investitura popo­lare del capo vincente.

C’è poi un altro fat­tore che aggrava i due vizi sud­detti, com­pro­met­tendo ulte­rior­mente l’uguaglianza del voto e la rap­pre­sen­ta­ti­vità del sistema poli­tico, ben più di quanto non fac­cia la stessa legge appena dichia­rata inco­sti­tu­zio­nale. La pro­po­sta di riforma pre­vede un innal­za­mento a più del dop­pio delle soglie di sbar­ra­mento: men­tre la vec­chia legge, per que­sta parte tut­tora in vigore, richiede per l’accesso alla rap­pre­sen­tanza par­la­men­tare almeno il 2% alle liste coa­liz­zate e almeno il 4% a quelle non coa­liz­zate, l’attuale pro­po­sta richiede il 5% alle liste coa­liz­zate, l’8% alle liste non coa­liz­zate e il 12% alle coa­li­zioni.

Tutto que­sto com­por­terà la pro­ba­bile scom­parsa dal Par­la­mento di tutte le forze minori, di cen­tro, di sini­stra e di destra e la rap­pre­sen­tanza delle sole tre forze mag­giori affi­data a gruppi par­la­men­tari com­po­sti inte­ra­mente da per­sone fedeli ai loro capi.

Insomma que­sta pro­po­sta di riforma con­si­ste in una rie­di­zione del por­cel­lum, che da essa è sotto taluni aspetti – la fis­sa­zione di una quota minima per il pre­mio di mag­gio­ranza e le liste corte – miglio­rato, ma sotto altri – le soglie di sbar­ra­mento, enor­me­mente più alte – peg­gio­rato. L’abilità del segre­ta­rio del Par­tito demo­cra­tico è con­si­stita, in breve, nell’essere riu­scito a far accet­tare alla destra più o meno la vec­chia legge elet­to­rale da essa stessa varata nel 2005 e oggi dichia­rata incostituzionale.

Di fronte all’incredibile pervicacia con cui il sistema politico sta tentando di riprodurre con poche varianti lo stesso sistema elettorale che la Corte ha appena annullato perché in contrasto con tutti i principi della democrazia rappresentativa, i sottoscritti esprimono il loro sconcerto e la loro protesta.

Con­tro la pre­tesa che l’accordo da cui è nata la pro­po­sta non sia emen­da­bile in Par­la­mento, ricor­dano il divieto del man­dato impe­ra­tivo sta­bi­lito dall’art.67 della Costi­tu­zione e la respon­sa­bi­lità poli­tica che, su una que­stione deci­siva per il futuro della nostra demo­cra­zia, cia­scun par­la­men­tare si assu­merà con il voto. E segna­lano la con­creta pos­si­bi­lità – nella spe­ranza che una simile pro­spet­tiva possa ricon­durre alla ragione le mag­giori forze poli­ti­che – che una simile rie­di­zione pale­se­mente ille­git­tima della vec­chia legge possa pro­vo­care in tempi più o meno lun­ghi una nuova pro­nun­cia di ille­git­ti­mità da parte della Corte costi­tu­zio­nale e, ancor prima, un rin­vio della legge alle Camere da parte del Pre­si­dente della Repub­blica onde sol­le­ci­tare, in base all’art.74 Cost., una nuova deli­be­ra­zione, con un mes­sag­gio moti­vato dai mede­simi vizi con­te­stati al Por­cel­lum dalla sen­tenza della Corte costi­tu­zio­nale. Con con­se­guente, ulte­riore discre­dito del nostro già scre­di­tato ceto politico.

Primi fir­ma­tari:Gae­tano Azza­riti, Mauro Bar­be­ris, Miche­lan­gelo Bovero, Erne­sto Bet­ti­nelli, Fran­ce­sco Bilan­cia, Lorenza Car­las­sare, Paolo Caretti, Gio­vanni Cocco, Clau­dio De Fio­res, Mario Dogliani, Gianni Fer­rara, Luigi Fer­ra­joli, Angela Musu­meci, Ales­san­dro Pace, Ste­fano Rodotà, Luigi Ven­tura, Mas­simo Vil­lone, Ermanno Vitale.

Pie­tro Adami, Anna Fal­cone, Gio­vanni Incor­vati, Raniero La Valle, Roberto La Mac­chia, Dome­nico Gallo, Fabio Mar­celli, Valen­tina Pazè, Paolo Solimeno

Per ade­rire inviare una mail a: perlademocraziacostituzionale @ ​gmail.​com (senza spazi)

mercoledì 22 gennaio 2014

Prime brevi critiche per punti sulla proposta di legge elettorale di Renzi e Berlusconi

Paolo Solimeno, 22 gennaio 2014

Dopo aver letto i proni, stolti o superficiali elogi dell'Italicum, dopo aver ascoltato le puntuali e radicali critiche o almeno perplessità dei più avveduti e autorevoli costituzionalisti, non ci si può bere la frottola della riforma elettorale che salva la democrazia italiana, viene semmai da pensare che quella proposta affossi la democrazia, la stravolga consegnandoci - date le tendenze attuali - un sistema tripartitico in cui un partito vince pur rappresentando un terzo dell'elettorato e gli altri due, bontà loro, stanno a guardare pur possedendo insieme i due terzi. Nessun altro entra in parlamento. E l'elettore sente di partecipare ad un gioco d'azzardo in cui non tiene mai il banco.

Vediamo in breve gli aspetti cruciali (il testo del ddl presentato il 22 gennaio alla Commissione della Camera http://www.polisblog.it/post/196977/come-funziona-legge-elettorale-renzi-berlusconi-testo ) .

1. Più che Italicum lo chiamerei Macedonium (Sartori parla di pastrocchium): l'ipotesi di sistema elettorale uscita dall'incontro idilliaco tra Berlusconi e Renzi attinge in modo confuso a caratteri di altri sistemi, ma soprattutto somma correttivi al proporzionale che riducono in modo decisivo la rappresentatività del parlamento in modo ritengo eccessivo, intollerabile. Macedonia avvelenata, quindi.

2. Rappresentatività e governabilità: il ragionamento della Consulta nella sentenza (n. 1/2014 http://www.cortecostituzionale.it/actionGiurisprudenza.do ) che ha censurato il Porcellum si basa sul confronto tra i due concetti ed ha precisato che quello della rappresentatività è un principio costituzionale, quello della governabilità è un obiettivo perseguibile, legittimo, ma non necessario. La repubblica italiana si basa sulla sovranità popolare esercitata nei modi e limiti della costituzione; caratteri fondamentali rintracciabili in tutta la Carta sono il pluralismo, la separazione dei poteri, la rappresentività delle istituzioni elettive, l'uguaglianza del voto, il diritto di tutti a concorrere a determinare la politica associandosi, candidandosi, ecc. Ogni correttivo al principio del suffragio universale diretto (tutti i maggiorenni possono votare per scegliere i rappresentanti) deve essere giudicato quindi con cautela ed avere una motivazione degna di tutela. I correttivi proposti appaiono esorbitanti singolarmente presi e ancor più per l'effetto che producono sommandosi.

2. E' un sistema elettorale proporzionale con sbarramento all'8% se non ti allei, 5% se ti allei, 12% per l'alleanza. Sbarramenti altissimi: la Consulta non si è espressa sulla legittimità degli sbarramenti perché non era stato chiesto nel ricorso, ma questi sono quasi doppi, politicamente dirompenti (restano in vita solo tre partiti) e giuridicamente in conflitto col principio costituzionale di rappresentanza democratica.

3. Le liste sono bloccate e lunghe, pertanto in netta violazione delle indicazioni della Corte. Bloccate per definizione, ma anche lunghe: non perché sei seggi siano troppi (come pure dicono già molti), ma perché i seggi sono assegnati in base ai voti ricevuti in un collegio unico nazionale, pertanto le "liste brevi" che in teoria soddisfano la richiesta della Corte sono una finzione: l'elettore sceglie sì liste bloccate brevi, ma contribuisce al risultato proporzionale di quella lista (partito) e quindi non vota quei pochi e noti del suo collegio, ma TUTTI i candidati di quel partito, ovunque si candidino, quindi la "vera" lista è lunga, molto più lunga che nel Porcellum, e vi sono centinaia di candidati. Pertanto: non si sceglie il candidato, ma si approva o meno una delle poche liste bloccate che si candidano. Criticare l'assenza di preferenze non coglie nel segno, non svela l'inganno.

4. Il premio di maggioranza: è lo strumento correttivo più pesante. Il partito o la coalizione più votata che raggiunga il 35% dei voti ottiene un premio che le consente di arrivare al 53% (quindi ottiene da 0% a 18% di seggi in più rispetto a quanti derivanti dal calcolo proporzionale). Se invece nessuno arriva al 35% è indetto il secondo turno di coalizione per assegnare il premio; accedono i due partiti più votati al primo turno, chi vince ottiene il 53% con un premio eventuale. E' un premio ragionevole? La Corte chiedeva ragionevolezza imponendo una soglia di accesso, ma senza indicarne l'entità: qui la soglia c'è, ma molto bassa (qualcuno il 21 gennaio a Roma, convegno dell'Associazione Democrazia Costituzionale, l'ha chiamata sogliola), costruita sulle attuali aspettative dei partiti maggiori e in grado di imporre sostanzialmente la riduzione dei partiti a tre; di conseguenza il premio risulta essere molto alto, troppo secondo molti, forse anche per un prossimo giudizio della Consulta.

Pertanto la proposta risponde alle due censure fatte dalla Consulta al Porcellum, premio senza soglia e liste bloccate lunghe, con due meccanismi ingannevoli: premio con soglia, ma bassa, liste bloccate brevi, ma in realtà lunghissime. E aggiunge meccanismi di distorsione del voto (soglie di sbarramento e doppio turno) sui quali la Consulta non si è espressa.

Il giudizio di costituzionalità ritengo debba essere nettamente negativo, visti i presupposti. Quello politico deve denunciare il tentativo di golpe ai danni della democrazia che, invece che uscire dalla parentesi quasi eversiva della condotta berlusconiana, tenta di introdurre elementi di bonapartismo e di oligarchia che scavalcano brutalmente i meccanismi di rappresentanza e mediazione previsti nella Costituzione.

domenica 19 gennaio 2014

Dove porta la voglia italiana di maggioritario

Se non proviamo a sollevare un po' la testa dal pattume maggioritario (e in questo ci aiutano Azzariti, Villone, l'avv. Besostri e tanti altri, ma direi anche Luciano Canfora) che ci hanno somministrato in questi anni non riusciamo a giudicare la pretesa di quanti stanno cercando un meccanismo di traduzione dei voti in seggi che... falsifichi il risultato!
Camuffano da governabilità un intento che di solito è confinato alle discussioni da bar: qualcuno non si merita il diritto di voto o perché è grullo o perché non si allinea a valori universalmente riconosciuti o è vecchio, ecc. Questo è.
Conquistato nel 1919 maschile e poi nel 1946 anche femminile, il suffragio universale fu confermato nel 1948 e poi abbandonato nel 1993 quando si ridusse la possibilità di scelta (75% dei seggi scelti in collegi uninominali). Fra i tanti Domenico Losurdo nel '93 si interrogava sul "trionfo e decadenza del suffragio universale" e su "democrazia o bonapartismo". Nel 2005 fu introdotta una vera e propria assurdità per cui il voto era diventato una scommessa in cui chi prendeva un voto in più prendeva tutto (prendeva la maggioranza e faceva il governo, se gli andava bene nelle regioni per il senato).
E' ben vero che nel Regno Unito ci sono i collegi uninominali, che gli USA c'è il presidenzialismo, ma hanno mai avuto dittature quei paesi? Eppure anche lì è continuamente discussa l'esclusione dei partiti minori che sono piccolissimi proprio a causa del sistema esclusivo, crescerebbero se ci fosse un sistema proporzionale.
In Italia possiamo pensare di rendere bipartitico un sistema politico e culturale che non lo è? Con quali conseguenze? Vi immaginate il nostro paese con Grillo che vince e il PD e tutta la destra che devono dividersi il 40% della camera? Oppure anche con Renzi che vince e gli altri fuori.
Correttivi al proporzionale si possono inserire, ma rispettando il criterio della rappresentanza e della ragionevolezza, come ha detto - sia pure con grande cautela - la corte costituzionale.
Non sembrano tollerabili le proposte che circolano: mattarellum corretto da un premio e con quota proporzioanle ridotta, oppure collegi ancora più piccoli del sistema spagnolo. E poi il doppio turno: non ha i difetti degli altri due, ma comporterebbe la riforma costituzionale perché altrimenti potrebbe generare due diverse maggioranze tra camera e senato.
Perché non serbare, non tornare ai caratteri che contraddistinguono la nostra democrazia costituzionale, ricordandosi non per nostalgia, ma perché vediamo nei populismi e personalismi di oggi pericoli di derive se non autoritarie, senz'altro di impoverimento culturale e progettuale, a caratteri che furono disegnati per una democrazia più ricca e per contrastare i pericoli dell'uomo solo al comando?
Ugo La Malfa disse parole chiare, fra i tanti, in "Difendo la Costituzione" ricordando le caratteristiche della costituzione:
"Tali caratteristiche, o sono mantenute ferme e preservate insieme o insieme saranno travolte. Esse possono essere sinteticamente così indicate: pluralismo sociale e politico che dà diritto di rappresentanza a tutte le correnti storiche ideologiche e culturali delle vita italiana unitaria ed è il fondamento della libertà di associazione e di organizzazione in sindacati; conseguente proporzionalismo che di tale pluralismo è il riflesso partitico e istituzionale immediato; struttura degli organi depositari della sovranità popolare secondo lo schema della democrazia parlamentare e cioè del governo espressione del parlamento di fronte al quale esso è responsabile".

lunedì 13 gennaio 2014

Il voto deve essere uguale e diretto: la Consulta introduce una legge elettorale proporzionale con preferenze.

Le motivazioni della sentenza di dicembre 2013 (n. 1.2014) della Corte Costituzionale che àbroga in parte le modifiche apportate al sistema elettorale dal Porcellum, legge 270/2005 (il testo integrale su www.cortecostituzionale.it)
E' forse più interessante il passo su ammissibilità e rilevanza della questione (è la prima volta che viene abrogata dalla Consulta, anche se parzialmente, una legge elettorale) che sull'incostituzionalità di premio e liste bloccate.
Però limitandosi al merito del sistema elettorale quel che esce è chiaro e provo a sintetizzarlo:
- una legge elettorale deve garantire l'obiettivo della rappresentanza attraverso l'uguaglianza del voto (art. 48), principio che si può comprimere ragionevolmente in funzione della governabilità, ma non fino a stravolgerlo
- se il "test di proporzionalità" fra i due obiettivi dà un risultato squilibrato, deve essere censurata quella legge che non dà più effetti rappresentativi. E questo è il premio senza soglia di accesso che può dare il 55% dei seggi in parlamento anche a chi ottenga un risultato esiguo;
- al senato il "test" dà risultati ancor più smaccati: il premio è su base regionale, quindi la compressione della rappresentatività del sistema è a favore di un effetto del tutto aleatorio, non a favore della governabilità;
- le liste bloccate impediscono il voto "diretto" (art. 56 e 58 Cost.), visto che le liste sono determinate dai partiti; inoltre si tratta di liste lunghe (le circoscrizioni sono molto ampie) ed è impossibile conoscere tutti i potenziali eletti; e di liste che coprono tutti gli eletti, non essendoci quote determinate con preferenze; la Corte sottintende che circoscrizioni piccole o liste bloccate per decidere una parte solo dei seggi potrebbero essere conformi alla costituzione;
- l'effetto dell'abrogazione delle liste bloccate comporta, secondo i normali criteri di interpretazione, l'introduzione del voto di preferenza;
- il parlamento eletto nel 2013 è legittimo come ogni suo atto perché, pur essendo l'abrogazione retroattiva, non tocca i rapporti esauriti (ovvero le elezioni già svolte che hanno eletto parlamentari già proclamati);
- la legge che esce da questa decisione è una legge pienamente applicabile (salvo alcuni aspetti attuativi e interpretativi): proporzionale con preferenze e sbarramenti;

- la Consulta non dice se gli sbarramenti siano o meno conformi a costituzione perché non le è stato chiesto.

giovedì 26 dicembre 2013

La giusta legge elettorale: dibattito del 13 dicembre 2013

Lo scorso 13 dicembre si è tenuto a Firenze il convegno su “Costituzione, riforme e legge elettorale” organizzato dai compagni del Forum democrazia, giustizia e diritti di SEL Firenze: l’incontro ha messo di fronte il prof. Rolando Tarchi (dir. costituzionale all’Univ. di Pisa) le senatrici Alessia Petraglia di SEL e Rosa Maria Di Giorgi del PD, Massimo Torelli di Alba, il giurista ed ex magistrato Rosario Minna e Marcella Bresci del Comitato per la Costituzione e Roberto Passini, animatore di Hyperpolis.it (purtroppo erano assenti esponenti del M5S, seppur invitati) in un momento cruciale per il dibattito su quei temi.
Siamo infatti arrivati ormai all’esplicito abbandono del contorto ed illegittimo procedimento di revisione “in deroga all’art. 138 della Costituzione” che, con modalità rapide e poco trasparenti, svolte soprattutto all’interno dell’apposito Comitato bicamerale (riedizione della Bicamerale di Berlusconi del 1994 e di D’Alema del 1998) avrebbe messo mano a ben 65 articoli della Costituzione fino a consegnarci una nuova Carta approvata dal parlamento meno rappresentativo della storia della repubblica.
La discussione ha sottolineato quasi unanimemente il pesante rischio corso e che la svolta è dovuta al dissenso verso il governo e ogni iniziativa di quella maggioranza da parte di Berlusconi e di Forza Italia e all’impossibilità di approvare il procedimento in deroga con la maggioranza dei 2/3 delle camere e pertanto all’alta probabilità di andare a referendum e allungare i temi di almeno un anno; ma non possiamo trascurare la mobilitazione di questi mesi contro la riforma iniziata il 2 giugno a Bologna e proseguita, tra assemblee ed appelli, attraverso la grande manifestazione di Roma del 12 ottobre e l’ultima raccolta di firme in vista della votazione che avrebbe dovuto tenersi dopo il 10 dicembre. Altra novità positiva, hanno valutato Tarchi, Petraglia e Corrado Mauceri, è stata la sentenza della Corte costituzionale del 3 dicembre sulla legge elettorale 270/2005, sentenza innovativa che ha anzitutto confermato l’ammissibilità del giudizio di costituzionalità su una legge elettorale (sinora sempre negata, ma lo spiraglio si era aperto con la sentenza della Corte di Cassazione che aveva appunto ritenuto che non si possano applicare le strettoie solite – che nel nostro sistema vietano il ricorso diretto al giudizio di costituzionalità – ad una legge come quella elettorale che consente che il diritto di chi ha agito davanti al giudice di merito sia ristabilito direttamente proprio dalla Corte costituzionale quando cancella la parte illegittima di quella legge e non necessiti di altre pronunce di merito). La Consulta ha quindi cancellato il premio di maggioranza e le liste bloccate e consegnato al nostro ordinamento una legge elettorale proporzionale con sbarramenti e possibilità di esprimere preferenze.
Sia il prof. Tarchi che tutti gli altri relatori hanno ribadito che il parlamento è formalmente legittimo perché la legge elettorale ha svolto le sue funzioni al momento delle elezioni quando era pienamente valida, ma certo la legittimazione politica a fare riforme è quasi svanita e si consiglia di non mettervi mano, specie perché sembra che i protagonisti della attuale maggioranza governativa non abbiano idea di che strada imboccare nemmeno nelle riforme residue, ma di grande rilievo e delicatezza, che riguardano ruoli e numeri di Camera e Senato (il bicameralismo perfetto, o differenziato, o il monocameralismo) e competenze di stato e regioni (il Titolo Quinto già manomesso nel 2001).

Ma il conflitto più esplicito è – e lo si è rilevato anche dall’intervento della senatrice del PD – sulla legge elettorale: il PD, specie ora che è guidato da Matteo Renzi, spinge per una legge maggioritaria, mentre sappiamo che il Nuovo centrodestra preferirebbe il proporzionale e il M5S sembra insistere per il Mattarellum (che probabilmente lo danneggerebbe, visto che arriverebbe terzo in gran parte dei collegi uninominali ); gli altri intervenuti rilevavano che una legge elettorale non può mirare a far fuori un partito e che il bipolarismo sottinteso dalla legge Mattarella o da altri modelli maggioritari non esiste più e che un proporzionale corretto rappresenterebbe più completamente l’elettorato, funzione sempre centrale del meccanismo elettorale, specie in una fase di crisi sociale ed economica.

Mi sento di auspicare, dopo aver coordinato quell’incontro e visto lo stato del dibattito, che non si ripropongano le stesse ragioni di contrasto e che prevalga l’obiettivo primario di rappresentare fedelmente l’elettorato, obiettivo che ha convinto la Consulta al decisivo “ritaglio” della legge Calderoli.
Si possono individuare certo sistemi proporzionali corretti che riducano la frammentazione e favoriscano (non impongano!) la formazione di maggioranze, ma senza stravolgere il meccanismo fino a produrre un maggioritario d’azzardo come era di fatto il Porcellum (tra premi e sbarramenti) ed anche la legge Mattarella: in questa legge infatti i collegi uninominali decidevano il 75% degli eletti ed impedivano di scegliere il candidato perché i candidati unici di ciascuno dei due schieramenti favoriti erano scelti dai partiti e l’alternativa a un nome era… cambiare schieramento, cioè diventare di destra se si era di sinistra o viceversa. In una realtà a tre poli la costrizione può dirsi forse più sfumata, perché le alternative sono due, ma resta una scelta ben misera… Il restante 25% era deciso sì dal voto proporzionale, ma su liste bloccate! Nessuno di questi sistemi garantisce governabilità (che dipende dalla qualità della politica e dalla forma di governo disegnata dalla Costituzione, se rispettata) e stabilità (la prova: i governi dal 1994 ad oggi sono durati in sequenza 9 mesi, 2 anni, 14 mesi, 4 mesi, 14 mesi, ecc.).
Pertanto penso che sia bene salvare la funzione primaria delle elezioni: formare un parlamento che rappresenti la nazione.

mercoledì 4 dicembre 2013

Dopo la sentenza di oggi 4 dicembre della Corte Costituzionale
- abbiamo una nuova legge elettorale, risultato della sentenza di oggi della C.Cost. che finalmente concede a sé di giudicare direttamente la conformità a costituzione di una legge elettorale, la novità è enorme. E benvenuta;
- se le camere fossero sciolte dal PdR prima che venga approvata una nuova legge, si andrebbe a votare con un sistema (salvo verifica delle motivazioni della sentenza di oggi) proporzionale con le preferenze e con gli sbarramenti previsti dal porcellum;
- il parlamento eletto è legittimo, ci mancherebbe altro (direi che la retroattività non possa invalidare i rapporti già definiti, in questo caso con la convalida degli eletti), ma non è legittimato politicamente a metter mano alla costituzione; e nemmeno a inventarsi una nuova legge elettorale che confligga con i principi che leggeremo presto nella sentenza (ma basterebbe leggere la costituzione, artt. 1, 3, 48, 67)
- gli eletti sono stati prescelti con procedimento poi giudicato illegittimo e le maggioranze sono determinate da un sistema pure giudicato incostituzionale
- la priorità oggi è dunque andare a votare al più presto, non fare una nuova legge elettorale che già c'è!!!
- se una nuova legge elettorale si vorrà fare dovrà essere in fretta e nel rispetto della Costituzione che, vedremo le motivazioni della sentenza, comunque impone il rispetto dell'uguaglianza del voto (art. 48) e della rappresentanza della volontà degli elettori (art. 1 e 67), quindi niente effetti distorsivi come il premio di maggioranza e niente liste bloccate
- Grillo vuole il Mattarellum, ma l'effetto premiale è simile, anche se diffuso, a quello del Porcellum; Franceschini chiede una nuova legge che dia stabilità (rieccola la stabilità).

Renzi ha già messo le mani avanti chiedendo il doppio turno; ma sarebbe questo parlamento a votare queste belle innovazioni, insomma: è senz'altro più coerente col sistema lasciare le cose come stanno e andare a votare senza aprire altri cantieri.
E chiudere subito quello della riforma costituzionale.

martedì 19 novembre 2013

Riforme, neoliberismo, sinistra. Giorni decisivi?

(mio articolo uscito su http://www.selfirenze.it/riforme-neoliberismo-sinistra-giorni-decisivi/ il 18.11.2013)

La votazione del Senato sulla decadenza di Silvio Berlusconi è diventata un’altra occasione di polemica e segue di poco il voto, sempre al Senato, che ha approvato con più di 2/3 dei membri il ddl costituzionale n. 813 di deroga all’art. 138 Cost.
In entrambi i casi sembriamo costretti a schierarci tra garantisti e giustizialisti, conservatori e riformatori, antiberlusconiani e benaltristi. Ma sfuggiamo alle letture stereotipate: proviamo a dirci con orgoglio riformisti e per la difesa e l’attuazione della costituzione, per il voto palese sulla decadenza e per la centralità del parlamento. Qualifiche e propositi tutt’altro che incompatibili. Con una sottolineatura: volere l’attuazione della Costituzione, oggi, vuol dire soprattutto opporsi all’austerità e al neoliberismo[1].
Partiamo dalla Costituzione, per importanza e perché il senso del ddl 813 è proprio tutto lì: intacca il nodo fondamentale della nostra Costituzione repubblicana, il suo essere più forte della legge ordinaria, il suo essere modificabile solo in parte (e per punti limitati) con un procedimento che consenta il dibattito pubblico, adeguata meditazione e ampie maggioranze[2]. Invece il Governo Letta ha investito tutto sull’opposto: una volta che il ddl 813 sarà approvato (dal 10 dicembre potrà essere votato in via definitiva dalla Camera) sarà insediato il Comitato bicamerale di 42 parlamentari che tradurrà in articolato la proposta dei saggi nominati arbitrariamente da Napolitano; dal Comitato uscirà quindi un testo che sarà discusso in modo spiccio nelle singole Camere, secondo un procedimento simile a quello riservato alle leggi di bilancio, e poi votato due volte ad intervalli ridotti (45 gg. invece che 90) da ciascuna camera. Pochi ricordano che non solo il procedimento di revisione è fissato dall’art. 138 (e cambiare una sessantina di articoli con una deroga al 138 sa davvero di golpe), ma anche che l’art. 72 Cost. impone che per le leggi costituzionali si segua il procedimento ordinario e vieta procedimenti diversi. Doppiamente incostituzionale, dunque, il proposito di Napolitano, garante della Costituzione. Una volta approvata la riforma dei saggi, poi, tornerà in pieno vigore l’attuale art. 138 Cost. (e quindi la riforma facilitata sarà difficile rimetterla in discussione!) e potremo festeggiare di aver rispettato il “cronoprogramma delle riforme” scritto da Napolitano e letto da Letta.
Ci ritroveremo così, se il blitz sarà riuscito, una Costituzione diversa nella forma di governo, nella composizione e poteri delle camere e dell’esecutivo, nelle competenze di stato e regioni, forse anche (conoscendo i fautori) nell’ordinamento della giustizia, oltre a una nuova legge elettorale. In breve: 1. il superamento del “bicameralismo perfetto” è cosa ampiamente condivisa, ma può essere fatto bene e male, aggiungere a questo la riduzione drastica dei deputati che effetti porterà alla rappresentanza? E quale legge elettorale la determinerà? 2. maggiori poteri all’esecutivo sono il banale refrain che ci portiamo dietro dagli anni ’80, cioè da quando l’esecutivo ha iniziato a prevalere, a danno del parlamento[3]; il rischio maggiore credo che sia rendere ancora più vincolata la maggioranza parlamentare ai desideri del capo del governo, azzerando la dialettica dei controlli e dei bilanciamenti di ogni sana democrazia (e quella francese, fascinosa ma iper – non semi – presidenzialista, soffre proprio di questo ed è continuamente messa in discussione)[4]; 3. il titolo Quinto merita una revisione, sembra che sarà in senso lievemente accentratore; 4. speriamo che non si tocchi la giustizia, ma novità che interessino la Costituzione dubito che possano riguardare l’efficienza, riguarderanno la sua indipendenza. Il tutto ad opera di un parlamento eletto con una legge che a dicembre la Corte costituzionale dirà per la terza volta dal 2005, in forma espressa o implicita, che è contraria alla costituzione. E per volontà di una maggioranza formata e guidata col determinante contributo di un pregiudicato che, secondo le leggi dello stato, è indegno di stare in parlamento. Forse il tarlo peggiore di questa legislatura è tutto lì: tentare di farci confondere le larghe intese con i Comitati di Liberazione Nazionale, o con l’alto compromesso dell’Assemblea costituente, o anche con il Compromesso storico mai realizzato, tradire lo spirito inclusivo e pluralista della Costituzione con un intento revisionista reazionario e disperato di un governo sostenuto da una minoranza esigua nel Paese; sottotraccia la volontà di puntellare un’azione governativa che non facendo quasi niente perpetua una politica economica e fiscale neoliberista che è fallimentare quanto iniqua. Per questo la manifestazione del 12 ottobre per la difesa e l’attuazione della Costituzione ha ragioni storiche e culturali essenziali per la nostra democrazia, per la nostra società; e quella piattaforma deve essere convintamente acquisita dalla sinistra per vedervi anche, in modo già esplicito o da esplicitare, il fondamento di una diversa politica dei diritti sociali ed economici, di una diversa regolazione dei rapporti economici fondamentali[5].
Veniamo alla questione della attesa decadenza di Berlusconi. La Giunta per le votazioni ha deciso il 30 ottobre che il regolamento del Senato, art. 113, richiede la votazione a scrutinio palese per questo tipo di decisione. Che debba votare il Senato lo dice l’art. 66 della Costituzione: “Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”. La sentenza della Cassazione che ad agosto ha condannato Berlusconi a quattro anni di reclusione e due anni (come stabilito due mesi dopo la Corte d’Appello di Milano) di interdizione dai pubblici uffici è appunto una “causa sopraggiunta” imposta da un giudice con sentenza definitiva.
La legge Severino non pretende di sanzionare in modo retroattivo un comportamento, ma di escludere dal Parlamento e da altre assemblee elettive chi abbia ricevuto condanne definitive ad almeno due anni di reclusione. Il Senato è chiamato ad applicare la legge Severino. Ogni votazione in Parlamento è palese (elettronica di solito, non a chiamata), salvo eccezione. Secondo il regolamento, come ha ben spiegato Massimo Villone già il 17 settembre scorso, cui basterebbe rinviare, il voto è sempre segreto (senza bisogno di chiederlo) quando è su persone, ma qui non è su persone perché riguarda i rapporti tra istituzioni Camere e Magistratura; può poi essere segreto, su richiesta, se riguarda la libertà personale del parlamentare (art. 13 Cost. ecc.), ma non è questo il caso, non si tratta di autorizzare all’arresto o alla perquisizione, ma di consentire o meno a B. di restare in Parlamento. Quella sentenza ha limitato la libertà personale di Berlusconi, la decisione del Senato applicherà solo il dettato della legge Severino. Tra qualche giorno si voterà, quindi, per preservare l’integrità del Senato che, per legge, non può essere composto da persone condannate in via definitiva: non ci sono appigli per giudicare questa scelta del voto palese come una violazione illiberale e limitativa di prerogative parlamentari[6] e non vorrei che ci facessimo distrarre dal fatto che il voto palese è difeso anche da chi vorrebbe cancellare il divieto del vincolo di mandato (art. 67 Cost.), principio questo ovviamente discutibile (lo criticavano Rousseau e Marx). La critica di Grillo, sappiamo, mira a rendere i parlamentari esecutori fedeli del volere di chi si vuole imporre come interprete autentico del volere del popolo, non certo degli elettori che – purtroppo o per fortuna – non hanno possibilità di vincolare i propri eletti[7]. L’indegnità di Berlusconi ha ricevuto già favori e sostegni vergognosi da parte della sua maggioranza, ricordiamolo, ma qui non si tratta di fargliela pagare, ma solo di affermare il principio di legalità nel luogo dove le leggi si scrivono.
Spunta ora (11 novembre) un’altra idea di Cronon, Gianni Letta re dell’emergenza: un decreto legge per approvare una… legge elettorale prima che si pronunci la Corte Costituzionale. Non se ne farà niente se anche Quagliariello è contrario, ma solo che venga l’idea che si possa con d.l. dettare le regole di formazione del parlamento, contro l’art. 72 Cost., contro la Corte costituzionale e contro principi davvero base dello stato di diritto non può che far gridare al golpe pensato che già è grave.
Allora il senso di questi giorni, in cui registreremo la decadenza del senatore Berlusconi e al contempo la formalizzazione del suo progetto di riforme risalente a vent’anni fa[8], sta nel monito che ci consegnano: finito (o quasi) il duce di Forza Italia, sono ben vive le forze e le norme che vogliono consolidare il governo neoliberista dell’economia e il conseguente sacrificio dell’impianto egualitario e pluralista della nostra democrazia costituzionale. Certo, questo appare il proposito essenziale del governo delle larghe intese. Ma ad una sinistra che voglia proporre un progetto sociale e culturale diverso non basta contrastare un’insegna, è necessario svelarne l’oggetto sociale, la funzione reazionaria delle larghe intese e contrastare chiunque se ne faccia portatore, sennò si limita a partecipare – fra l’altro da superfluo gregario – ad un gioco di potere.
Paolo Solimeno
Forum Democrazia giustizia diritti SEL Firenze
[1] “La costituzione è alternativa al liberismo e all’austerità” è proprio il titolo di un convegno organizzato a giugno a Firenze da tante associazioni e movimenti di difesa della costituzione con una inedita convergenza di giuristi, economisti, politici ecc. – http://www.syloslabini.info/online/appello-per-la-democrazia-della-nostra-costituzione-settimana-fiorentina-per-la-costituzione/
[2] Su questo, chiaro e non confutato dai “saggi”, Alessandro Pace http://www.costituzionalismo.it/articoli/444/
[3] “Non esiste affatto un problema di governabilità in Italia e negli altri paesi europei. I grandi poteri che oggi dirigono l’Europa riescono benissimo a far fare i “compiti a casa” ai governi ad essi sottoposti. Sono i popoli ad essere completamente privi di potere.” Raniero La Valle http://temi.repubblica.it/micromega-online/da-cossiga-a-jp-morgan-il-lungo-assedio-alla-costituzione-intervista-a-raniero-la-valle/
[4] Gianni Ferrara: “L’elezione diretta del governo elude la rappresentanza, la comprime, la dissolve nell’investitura del governo sostanzialmente immunizzandolo dalla responsabilità politica, che evapora nello spazio e nel tempo. Nello spazio, per l’enormità che lo allontana dal corpo elettorale. Nel tempo, per la distanza che separa una elezione politica da quella successiva. Un esercizio efficace degli strumenti predisposti per far valere la responsabilità politica da parte del Parlamento è d’altronde frustrato dalla disciplina di partito che collega strettamente maggioranza e governo. Soprattutto nei sistemi bipartitici o, peggio, bipolari. Quelli che, con effetti disastrosi per la credibilità della rappresentanza, mediante sistemi elettorali ad altissima distorsione vengono raccomandati o addirittura imposti per garantire la “governabilità” su http://www.costituzionalismo.it/articoli/439/
[5] “Governabilità… Si può dire, con sufficiente sicurezza, che si sia trattato e si tratti di una tecnica coattiva funzionale all’esecuzione di imposizioni derivanti da esigenze altre rispetto a quelle proprie dei sottoposti e per obiettivi non scelti da soggetti, istituzioni, organi che li deliberano.”  http://www.costituzionalismo.it/articoli/439/
[6] Fu ad esempio palese il voto sull’autorizzazione all’arresto di Lusi su pressante richiesta del PDL http://www.articolo21.org/2013/10/segreto-o-palese-do-you-remember-lusi/
[7] Tale constatazione ne porta un’altra: se i parlamentari fossero vincolati, in parlamento non si svolgerebbe alcuna discussione perché nessuno cercherebbe di convincere qualcuno che per legge non può cambiare opinione rispetto al mandato ricevuto ed è questo uno degli argomenti principali a sostegno del divieto di vincolo di mandato (cfr. Bernard Manin, Principi del governo rappresentativo, 2010, pag. 229).
[8] Scorrere il progetto della Commissione Speroni del 1994 è esercizio utile, vi sfido a cercare le differenze con la proposta dei “saggi” di oggi: http://www.camera.it/parlam/bicam/rifcost/dossier/prec08.htm