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martedì 30 giugno 2020

MES tra funzioni e finzioni

Per il prestito del MES si parla per l'Italia di 37 miliardi di euro per spese sanitarie da restituire entro 10 anni. Sono 3,7 miliardi l'anno da restituire a tasso di interessi molto basso.

La Commissione europea afferma che l'attivazione del Fondo del MES non porta con sé le condizionalità ordinarie. Ma i vincoli previsti dai Trattati europei e quello istitutivo dello stesso MES sono ancora in vigore e sono accordi che emergono fra soggetti diversi e con procedure di modifica, garanzia, attuazione diverse. Il Meccanismo europeo di stabilità fu istituito nel 2012 sulla base di un Trattato intergovernativo che desse stabilità finanziaria all'eurozona attraverso l'assistenza ai paesi membri (questo è quindi uno strumento per perseguire la stabilità e non il contrario). E le istituzioni dell'UE continuano a funzionare in base ai Trattati europei.

I nuovi strumenti introdotti nel 2011-2012 per fronteggiare la crisi economica del 2007 (anzitutto Patto di stabilità, Fiscal compact e Mes) per la conduzione delle politiche economiche e finanziarie (le governance) hanno cercato di colmare i limiti del Trattato di Maastricht; e hanno trasferito competenze dal livello nazionale a quello sovranazionale; i parlamenti nazionali sono l'oggetto conteso di tali interventi in quanto le potestà decisionali in tema di bilancio e finanza statali sono fortemente ridotte. La legittimità di tali interventi di trasferimento di competenze è spesso vagliata dalle Corti costituzionali dei Paesi contraenti e membri UE, ma in queste settimane è più interessante non tanto la legittimità degli strumenti di governance, quanto la decisione politica di adottare o meno uno strumento di finanziamento che non è l'emissione di titoli nazionali - che oggi espongono al giudizio del mercato, ma non a quello della Commissione europea in quanto è stato sospeso il Fiscal compact in ragione dell'emergenza da coronavirus - ma il prestito da un fondo cui l'Italia partecipa con il 17,79 % del totale (la Germania con il 26,96 % ecc.).

E un prestito del MES entra in questo meccanismo complesso con insidie sia giuridiche sia finanziarie: provo a ricapitolare quali sono i rischi, o comunque le conseguenze politiche e finanziarie. Dopo le rassicurazioni che provengono da decisioni della Commissione Europea di rendere ordinario e non condizionato il prestito, bisogna infatti fare i conti comunque con diversi vincoli giuridici su cui gli esponenti politici che si dicono favorevoli al MES dovrebbero pronunciarsi. Ne elenco alcuni:


  1. anzitutto parlando di vincoli “interni” allo strumento MES, bisogna ammettere che questo si attiverebbe secondo i suoi fautori “senza condizioni” ed escludendo la vigilanza della Troika, ma allora la procedura sarebbe in contrasto con lo stesso Trattato istitutivo del Mes: in base ad esso l'accordo potrebbe essere quindi impugnato dall'eventuale stato sottoscrittore del Trattato MES dissenziente visto che la deliberazione del prestito può essere presa a maggioranza (art. 37 comma 3: "Se un membro del MES contesta la decisione di cui al paragrafo 2, la controversia è sottoposta alla Corte di giustizia dell’Unione europea. La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea è vincolante per le parti in causa, che adottano le necessarie misure per conformarvisi entro il periodo stabilito dalla Corte.")
  2. inoltre il MES è un meccanismo formalmente di “finanza”, ovvero è un soggetto con sede nel Lussemburgo che presta soldi agli Stati e anche una sua decisione unanime di approvazione (che quindi non trovi contrasti interni) potrebbe nei 10 anni di vigenza del prestito provocare iniziative per ottenere garanzie di restituzione delle rate ancora da versare; ad esempio il regolamento UE 472 del 21.5.2013 all'articolo 14 prevede una “Sorveglianza post-programma” secondo cui “Uno Stato membro può essere soggetto a sorveglianza post-programma finché non avrà rimborsato almeno il 75 % dell'assistenza finanziaria che ha ricevuto da uno o più altri Stati membri, dal MESF, dal MES o dal FESF”; si consideri che i rischi legati alla “sostenibilità del debito” sono ammessi anche dai fautori del ricorso al prestito sanitario del MES che si rivolgono al giudizio positivo dato dalla Commissione sul debito pubblico dell'Italia: “gran parte del debito è emesso a tassi fissi … la maturità media è aumentata negli ultimi anni raggiungendo quasi gli 8 anni … importante quota del debito pubblico detenuta dai residenti”;
  3. resta inoltre in vigore il divieto di autorizzazione degli scoperti di conto dell'art. 123 del TUE; quindi per far fronte al debito del Mes, in caso di difficoltà, non si può fuggire verso lo scoperto, ma si deve ricorrere al debito pubblico: ci sarà ancora, allo scadere delle rate di restituzione del prestito del Mes, la sospensione del Fiscal Compact? Altrimenti il rischio è di trovarsi nella speculazione sui titoli di stato con aumento dello spread e quindi dei costi del prestito e della sostenibilità del debito; 
  4. quando nel 2011 si è istituito il MES si è voluto raccordarlo ai Trattati UE e si è approvata un'integrazione all'art. 136 TFUE (il terzo comma) che così recita: «Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità.» Si evidenzia così che l'impianto “pre-crisi” dell'Unione è ancora in vigore e i meccanismi correttivi devono rispettare dei vincoli stretti per non trasformare l'impianto liberista, non solidaristico, o sovvenzionatore, o mutualistico, ecc. pensato nel 1992; 
  5. resta poi il regolamento 472/2013 del Parlamento e del Consiglio dell'UE che, dopo aver “considerato”, con il ragionevole e consueto rigore, che “Uno Stato membro la cui moneta è l’euro dovrebbe essere soggetto a una sorveglianza rafforzata a norma del presente regolamento se è colpito, o rischia di essere colpito, da gravi difficoltà finanziarie, al fine di garantire un rapido ritorno alla normalità e di proteggere gli altri Stati membri della zona euro da potenziali ripercussioni negative”, all’art. 2 comma 3 chiede che “Se uno Stato membro beneficia di assistenza finanziaria a titolo precauzionale da uno o più altri Stati membri o paesi terzi, dal MESF, dal MES, dal FESF o da un'altra istituzione finanziaria pertinente, quale l'FMI, la Commissione sottopone a sorveglianza rafforzata detto Stato membro”; e poi all'art. 7 prescrive sempre a tutela della stabilità dei Paesi membri, un “aggiustamento macroeconomico”: “Qualora uno Stato membro richieda assistenza finanziaria da uno o più altri Stati membri o paesi terzi, dal MESF, dal MES, dal FESF o dall'FMI, esso elabora di concerto con la Commissione, che agisce d'intesa con la BCE e, se del caso, con l'FMI, un progetto di programma di aggiustamento macroeconomico integrativo e sostitutivo dei programmi di partenariato economico a norma del regolamento (UE) n. 473/2013 che comprenda obiettivi annuali di bilancio. Il progetto di programma di aggiustamento macroeconomico è rivolto ai rischi specifici che un determinato Stato membro pone alla stabilità finanziaria nella zona euro e punta a ristabilire rapidamente una situazione economica sana e sostenibile e a ripristinare pienamente la capacità dello Stato membro interessato di autofinanziarsi sui mercati finanziari”. La procedura seguita per la Grecia è nota: https://www.consilium.europa.eu/it/policies/financial-assistance-eurozone-members/greece-programme/
  6. lo scopo sanitario del prestito che sarebbe chiesto al MES è ovviamente una condizione, esso è vincolato ad un utilizzo per la sanità legato alle conseguenze dirette e indirette dell'emergenza Covid19 e in caso di violazione si apre il rischio all'intrusione delle istituzioni europee nella politica fiscale ed economica italiana, e potrebbe risiedere nell'ampiezza da attribuire alla destinazione sanitaria in una fase in cui il rischio da diffusione del coronavirus sembra attenuato; è la condizione più esplicita e preoccupa come l'uso di qualsiasi fondo europeo con vincoli di destinazione;
  7. cosa fanno gli altri stati? Non allinearsi con quanti non chiedono il prestito espone al giudizio dei mercati sotto due profili: noi chiediamo il prestito perché siamo in crisi di liquidità, o comunque in difficoltà nonostante gli altri interventi straordinari approntati da BCE, BEI ecc.; noi abbiamo interessi sui titoli (e prospettive ancora peggiori per il prossimo futuro) tali da avere un enorme vantaggio dal basso tasso d'interesse che applica il MES; e quindi abbiamo una prospettiva di spread futuro particolarmente gravosa. Rischiamo insomma di dichiarare una prognosi negativa per le nostre finanze.


Se questa è la situazione, la risposta politica deve essere alla stessa altezza. Sia il governo che l'opposizione devono farsi carico di questi scogli, invece di restare alla superficie e fare polemiche strumentali. E sia un accesso che un rifiuto del prestito sanitario del MES deve farsi carico con chiarezza delle motivazioni. La soluzione auspicabile sarebbe di rendere strutturali gli interventi mutualistici approntati o ipotizzati in via eccezionale (QE della BCE, Coronabond, Sure, sospensione del Fiscal Compact, sospensione del divieto di aiuti alle imprese nazionali, ecc.), adeguando conseguentemente i Trattati UE e FUE, trasformando lo status giuridico dell'Unione Europea da mero "sistema" di trattati internazionali a federazione con una costituzione, un debito pubblico comune, una moneta unica e una banca centrale che abbia funzione di prestatore di ultima istanza, oltre che di agente del mercato finanziario, e obiettivi di piena occupazione, oltre che, quando possibile, di stabilità monetaria (e invece oggi è il contrario).

Aule pollaio ante e post Coronavirus

... all'inizio dell'epidemia da coronavirus si minimizzava il pericolo, ma i più saggi invitavano a rispettare standard di areazione e igiene che avrebbero ridotto il contagio: non stare a lungo al chiuso con altri, areare bene i locali, giuste norme igieniche prescrivono soffitti alti e ampi e una proporzione adeguata di pareti finestrate.
Misure ben più stringenti (il lockdown) hanno avuto effetti positivi, ma non possono durare in eterno.
Il DM 18.12.1975 prevedeva per le aule scolastiche min. 3 metri di altezza, 1,8 mq ad alunno in aula (1,96 per le superiori). Poi arrivò il D.Lgs. 81/2008 (testo unico sulla sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro) che prescrive 2 mq a lavoratore: la scuola avrebbe dovuto adeguarsi, a logica. Comunque la Azzolina e Conte dicono che bisogna evitare le classi pollaio (lo si dice da decenni).
Ma il Piano scuola diffuso sabato indica 1 m. di distanza fra un alunno e l'altro: è poco? Sì anzitutto perché lascia all'autonomia delle scuole la realizzazione della riapertura "in sicurezza". E invece la responsabilità deve essere della repubblica, dice Corrado Mauceri, non del dirigente scolastico.
E poi mi pare poco, del tutto insufficiente, anzi peggiorativa perché se stai al centro di un quadrato di 1,96 mq come sarebbe prescritto dal decreto del '75 stai in un quadrato di 1,4 m di lato, quindi a 70 cm. dal bordo, più altri 70 cm. siamo a 1,40 dal bambino vicino che è ben più di 1 m di cui si parla oggi. Vuol dire dare a ciascuno un quadrato di 1 m. di lato, quindi 1 mq che dà un risultato da pollaio se lo moltiplichi per 25 alunni: 25 mq, 5 m per lato, una camera da letto. Invece 1,8 mq x 25 dà 45 mq, un quadrato di 6.7 m per lato.

venerdì 29 maggio 2020

Dialogo fra un banchiere e un viaggiatore

Dialogo fra un banchiere e un viaggiatore 
(ovvero: del dogma della stabilità della moneta e dell'indipendenza delle banche centrali)

- una Banca centrale è una sicurezza, ti salva quando sei un istituto di credito nei guai. Così tra banche centrali nazionali e BCE, vero?
- certo, è così. Così è stato in questi anni...
- E se invece è un governo anziché una banca in difficoltà finanziarie? Le banche centrali forniscono credito di emergenza anche ai governi?
- Non dove circola l'euro, qui questo sarebbe illegale!
- Illegale? E allora uno stato non può farsi aiutare dalla propria banca emettendo moneta?
- No! Se i governi potessero farsi finanziare dalle proprie banche centrali, queste non sarebbero più indipendenti...
- eh , ma svolgerebbero una funzione essenziale per la popolazione, per le imprese, i lavoratori...
- ma sarebbe una funzione inflattiva! Le banche centrali devono salvaguardare la moneta
- ... non la gente?
- non è una priorità. Se i governi, che rappresentano la gente, potessero richiedere finanziamenti alle banche centrali, salterebbe il loro compito di mantenere stabili i prezzi e salterebbe la loro indipendenza. 
- e dove sta scritto che questa sia una priorità?
- nel Trattato per il funzionamento dell’Unione europea che espressamente vieta il finanziamento dei governi da parte della Banca centrale europea e delle banche centrali nazionali.
- non mi sembra giusto...
- ma è così!
- anche in tempi di crisi, cioè quando ci sarebbe bisogno di usare la moneta per riprendersi?
- soprattutto!

mercoledì 27 maggio 2020

La svolta provvisoria dell'Unione europea

L'UE sta facendo passi avanti, ma provvisori e cauti. Soldi, 750 mld: non sono soldi freschi, per tutta l'ue 500 da indebitamento comune cui l'Italia contribuisce (82 mld andrebbero all'Italia, e questi non vanno restituiti), 250 prestito diretto ai paesi membri (90 mld all'Italia a tassi irrisori, ma da restituire in trent'anni).

Regole: già erano stati sospesi Fiscal compact e divieto finanziamento imprese da parte dello stato (purché non fossero già in crisi prima della pandemia: Alitalia resta fuori?)

Mes: sembra rispunti come condizione per accedere anche agli altri prestiti (resteremmo sotto controllo e a rischio di procedura di risanamento/ristrutturazione del debito).

Manca il vero "fondo perduto" che darebbe ossigeno a Italia e C.: la monetizzazione di parte cospicua del debito che ci sottragga dal rischio speculazione e dia un po' di libertà quando rientreranno le capzoose regole ordinarie.

Resta un miraggio la vera carta di salvezza per l'Italia e l'ue: ribaltare i trattati e rifondare l'Unione europea su basi solidaristiche e non liberiste, con banca federale prestatore di ultimaistanza e obiettivi di massima occupazione e non solo stabilità monetaria, obiettivi sociali e debito pubblico, e welfare,  comune. Carta che spengerebbe anche le uscite qa destra di Salvini (e Sgarbi e c.) e Le Pen.

Nessun soggetto forte la chiede, perché? È velleitaria almeno quanto sperare di non fallire tra un anno o due.

sabato 23 maggio 2020

Le deroghe ai trattati UE da emergenziali a permanenti

La sospensione UE del divieto degli aiuti di stato con due decisioni della Commissione (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CEL) e dei vincoli di bilancio del fiscal compact, la possibilità degli stati di diventare azionisti, acquistare imprese, esercitare la golden power  in settori strategici e di interesse nazionale (di cui già al DL 21/2012), sono misure anticrisi che, se divenissero permanenti, segnerebbero una svolta essenziale nell'integrazione dell'UE.

Gli stati potrebbero evitare aggregazioni e ristrutturazioni che approfondirebbero, sfruttando dissesti dovuti alla crisi, i divari fra stati; e potrebbero arginare il crollo dell'occupazione che oltre ad essere un costo per il welfare statale riduce i salari e i diritti dei lavoratori. Il dogma della libera concorrenza, della libertà di circolazione dei capitali, assieme alla priorità della stabilità della moneta e ai vincoli di bilancio, hanno prodotto disuguaglianze enormi dentro l'area UE.

Le deroghe di questi mesi dimostrano che i "pilastri" dell'UE sono un ostacolo nelle fasi di crisi, ovvero, per essere più severi e sinceri, creano profonde diseguaglianze fra gli stati e favoriscono solo politiche economiche e monetarie procicliche arricchendo grossi gruppi multinazionali e speculatori senza regole se non il profitto.

Quando fra qualche mese si tornerà ai trattati (per la sospensione del divieto degli aiuti di stato il termine più lontano per ora è luglio 2021) ci saranno fronti contrapposti, fra i membri UE, e si porrà il problema di rifondare o no l'unione su principi diversi, superando il fallimentare liberismo. La sinistra italiana, ma anche i... moderati consapevoli, dovrebbero porsi questo obiettivo come priorità. In fondo si tratta di alzare lo sguardo dal breve periodo e chiedere di applicare la costituzione.

sabato 9 maggio 2020

Perché la pandemia deve darci il coraggio di superare il Mes, il TUE e l'impianto ordoliberista dell'Unione Europea

Accordo raggiunto sul MES: si parla di prestito incondizionato per spese sanitarie entro il 2% del Pil del paese (per noi sono circa 36 mld) da restituire entro 10 anni.
Bene, ma non basta, dice Conte: e sono pienamente d'accordo.

Ma non solo: sul MES bisogna vigilare perché è previsto che dopo queste rassicurazioni dalla Commissione Europea (chiacchiere) ci sia entro giugno un voto del Consiglio dei governatori del Mes, necessario per il trattato istitutivo dello stesso.

Ma attenzione, perché sarebbe pur sempre l'approvazione formale, sì, di uno strumento in contrasto con il Trattato istitutivo del Mes, o comunque una decisione a trattato invariato, quindi soggetto a impugnazione visto che è preso a maggioranza, se ci fosse anche un solo dissenziente (art. 37 comma 3: "Se un membro del MES contesta la decisione di cui al paragrafo 2, la controversia è sottoposta alla Corte di giustizia dell’Unione europea. La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea è vincolante per le parti in causa, che adottano le necessarie misure per conformarvisi entro il periodo stabilito dalla Corte.")

Oltre all'impugnazione della decisione per dissenso, c'è il rischio che un appiglio esterno invalidi la decisione del Consiglio dei governatori del Mes anche se presa all'unanimità e risiede nella necessità del creditore di garantirsi la restituzione, come si ammette anche nell'accordo di ieri. E inoltre c'è pur sempre il noto divieto si autorizzazione degli scoperti di conto dell'art. 123 del TUE ed il regolamento 472/2013 dell'UE, come ci ricorda il prof. Mangia: "l’art. 2, III comma del Reg 472:
“Se uno Stato membro beneficia di assistenza finanziaria a titolo precauzionale da uno o più altri Stati membri o paesi terzi, dal MESF, dal MES, dal FESF o da un'altra istituzione finanziaria pertinente, quale l'FMI, la Commissione sottopone a sorveglianza rafforzata detto Stato membro”.

Quindi anche un prestito del Mes muove la sorveglianza delle altre istituzioni UE, essendo la concatenazione voluta e indissolubile, pena il dissenso dei più rigidi paesi del Nord Europa.

Non solo: anche un contenzioso su quella che si dice essere "l'unica condizione al prestito", ovvero il fatto che esso è vincolato ad un utilizzo per la sanità, aprirebbe il rischio all'intrusione delle istituzioni europee nella politica fiscale ed economica italiana, e potrebbe risiedere nell'ampiezza da attribuire alla destinazione sanitaria (se faccio un ospedale per malattie generiche per garantirmi di poterne destinare un altro ai malati di Covid violo la condizione? Se aumento i fondi Inail per il Covid malattia professionale?).

Un ultimo sospetto, o esortazione, è esposta da Mangia, in Diritto Bancario, lo scorso 30 aprile: "In realtà, per sospendere o derogare il Reg. 472 non ci vorrebbe molto tempo, al di là di quello già sprecato. Tanto più che l’art 119 TFUE prevede la possibilità di Regolamenti delegati. E, allora perché non seguire subito la strada maestra, anziché proporre forzature pericolose, che nulla hanno a che fare con la certezza delle situazioni sostanziali coinvolte nella curiosa querelle sulla fattibilità di un MES cd. Light? Se l’obiettivo è davvero questo, non si capisce perché non battere questa strada, e non passare dal MES Light (a condizionalità sanitaria) al MES Zero, in deroga a tutto quanto detto finora".

In realtà non ci sarebbe il consenso necessario a modifiche di questo tipo, sia perché toglierebbero il timone dalle mani dei rigoristi (il che in fondo non è poi l'obiettivo prioritario di un serio e responsabile "riformatore" dell'unione europea); sia perché non c'è alcuna intenzione nei Paesi del Nord Europa (compresa la Francia, almeno) di passare stabilmente ad assetti federalisti e solidaristici, o comunque non liberisti, ma di sostegno a politiche pubbliche di individuazione di obiettivi di sviluppo nell'interesse collettivo e di redistribuzione delle risorse per contrastare il progressivo arricchimento delle fasce più abbienti del continente.

L'intelaiatura ordoliberista dei Trattati UE e della zeppa del Mes è tale che senza modifiche dei trattati non ci possano essere garanzie di mancanza di condizioni. Sono parole, magari anche buone intenzioni, ma se vogliamo dare un giudizio serio dobbiamo mettere in guardia dall'adesione a questo tipo di strumenti e puntare su altro. Non consiglierei mai un debitore di una banca di fidarsi di una telefonata del direttore che dice di saltare pure la rata di giugno, se non dietro modifica firmata del contratto di mutuo. Un consiglio da giuristi, democratici o meno, prima di finire davanti alla Corte di Giustizia UE, dovrebbe essere cauto e meno cialtrone dell'informazione maggioritaria, per non dire unanime.


Metto un link alla notizia Ansa di ieri 8 maggio e al già citato articolo di Mangia cui devo gran parte degli spunti normativi critici accennati qui sopra, anche se è di qualche giorno fa:

https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2020/05/08/mes-fonti-ue-eurogruppo-vicino-ad-accordo-_4b98c347-7e91-4325-ac01-4bc2315587ef.html

https://www.dirittobancario.it/editoriali/alessandro-mangia/del-mes-delle-sue-condizionalita-e-delle-discipline-deroga-cosa-succede-quando-il-diritto

mercoledì 29 aprile 2020

Coronavirus: libertà e diritto alla salute. E diritto di critica.

Gli avvocati sono quelli che protestano di più per le inenarrabili restrizioni del lockdown, ma siamo fra i pochi che non hanno mai chiuso, oltre ai medici. L'eroismo lo mettiamo nel fare il catalogo delle libertà violate (facciamo anche molto altro, ma l'autoironia richiede questo paragone), dimenticando per un momento solo che è compito della repubblica tutelare la salute di ciascuno.

Le libertà certo possono essere compresse solo con la legge in ragione di un pericolo grave per la salute e per un tempo ragionevole ed è giusto chiedere alla maggioranza di smetterla con i Dpcm e con i droni in spiaggia e che faccia il massimo per aiutare chi non ha reddito per sopravvivere.

Ma il diritto alla salute è un fondamentale diritto sociale: assieme all'istruzione, alla previdenza sociale e alla giustizia rappresenta il cuore della repubblica. Per il futuro dovremo vigilare perché ogni libertà si riespanda al massimo livello, senza serbar traccia delle attuali pesanti restrizioni. Ma dovremo anche ricordarci che gli ospedali erano in affanno perché chi oggi difende le libertà di circolazione e d'impresa per trent'anni ha diffamato e smantellato la sanità pubblica.

Chi invoca la riapertura delle scuole consente che in edifici fatiscenti e aule piccole stiano compresse decine di studenti: e come fanno a tenere la distanza? E i docenti giovani e meno a rischio dove sono, se non si assumono?

E poi critichiamo certamente un eccessivo protagonismo del presidente del consiglio, tra dirette tivù e dpcm, senz'altro!, ma taccia chi da trent'anni propone deformazioni della costituzione per avere più "governabilità" rafforzando l'esecutivo, non si agiti tanto chi ha messo la fiducia sulle votazioni per leggi elettorali vergognose e tagli alla sanità e ai diritti dei lavoratori, chi ha governato sempre con voti di fiducia e decreti legge senza alcuna urgenza.

Sennò che s'invecchia a fare?

lunedì 27 aprile 2020

Indagine su un paese al di sotto di ogni sospetto

Siamo soffocati da giornalisti faziosi e politici bugiardi e spesso i politici usano i giornalisti bugiardi. Come riconoscerli?
Quello di Report sarebbe un giornalismo a tesi, comunque non mi attira, è petulante, un po' fastidioso, ma ammetto che sia anche efficace, documentato e mai "falsificatore". Quindi direi di disprezzare Report, se vogliamo, ma di assolverlo dall'accusa di manipolazione.

Avverse a Report sono un po' tutte le testate e politici moderati d'Italia, di solito in sintonia con Confindustria e dintorni, ma sono gli stessi che in questi mesi hanno imbastito almeno due evidenti filoni di giornalismo e critiche politiche a tesi: sulle misure di intervento monetario dell'UE per far fronte alle conseguenze economiche della pandemia e sulle diverse strategie di prevenzione adottate in Italia e nel mondo per la lotta contro la pandemia.

La tesi da dimostrare era nel primo caso che l'Italia deve dire sì al Mes e ad ogni saggia e salvifica proposta dell'Eurogruppo e se la maggioranza non lo capisce venga Mario Draghi a sistemare tutto; nel secondo la tesi è il fallimento del lockdown illiberale e incostituzionale e infondato e che darebbe gli stessi morti della libera circolazione, sacrificando in più l'economia.

A vedere da vicino i sostegni a tali tesi si trovano argomenti deboli, mere ipotesi, legittime, ma sfruttate oltre ogni intenzione degli autori, numeri e grafici letti male, studi scientifici diffusi peggio, trattati internazionali mai letti, storia recente dimenticata, banali regole economiche, fisiche e giuridiche trascurate.

Gli esempi che ci sono passati sotto gli occhi in questi giorni sono tanti, basta cominciare a stilare l'elenco, io qui cerco solo di fissare una suggestione, invitare me anzitutto ad usare un antidoto: non accontentarsi mai di un titolo, ancor meno di un giudizio su un titolo; leggere l'articolo e se un articolo fa riferimento ad un trattato o un articolo scientifico, cercare di dare un'occhiata a quello. Altrimenti ci si casca e tornare a galla non è facile.

sabato 25 aprile 2020

Pandemia e democrazia


Emergenza e diritti fondamentali: la tutela della salute, la libertà di circolazione, per qualcuno la libertà personale, la libertà d'impresa... Non me la sento di dare giudizi di difesa o di attacco dell'operato del governo. Annoto qualche articolo piuttosto autorevole e in relativa contrapposizione, quasi dialogo a distanza. E qualche mia considerazione, cercando di non eccedere perché mi vengono in mentecose ormai tardive, a due mesi dal primo decreto legge. Se volete una sintesi: il parlamento doveva essere e dovrà essere coinvolto maggiormente nella discussione e decisione, ma non trovo eversivi i provvedimenti adottati; il lockdown è una limitazione della libertà di circolazione giustificata, può essere giudicata eccessiva come estensione territoriale (zone poco infette o poco popolate avrebbero consentito regimi diversi), indiscriminata (attività produttive non rischiose potevano esser lasciate più libere), ma il compito di tutela della salute non va dimenticato, quando si invocano le libertà: il potere va limitato e controllato da giudici indipendenti e dal parlamento quale organo costituzionale centrale della democrazia rappresentativa, questo è il sale della democrazia costituzionale, ma lo stato ha anche il compito di difendere la nostra salute come diritto dell'individuo e interesse della collettività con strumenti previsti dalla stessa costituzione. Escluso lo stato di guerra previsto dall'art. 78, non possiamo che guardare ai poteri governativi di decretazione d'urgenza e all'ordinamento della Protezione civile del 2018 (cui fa appunto riferimento l'ordinanza governativa del 31.1.2020 che ha dichiarato lo stato d'emergenza su indicazione dell'Oms).

Comincio col dire che sono piuttosto infastidito dal riferimento che si trova in alcuni interventi di giuristi alla pretesa pochezza delle ragioni di sanità degli interventi limitativi assunti (bene o male) dal governo. La strage di vite e dignità che si è consumata nelle case di cura, negli ospedali e nelle famiglie in questi due mesi è tale che basterebbe da sola. Si aggiunga il rischio che un mero distanziamento sociale, praticabile in molti casi con incertezza e senza guide sperimentate, avrebbe provocato molte migliaia di vittime in più (oggi siamo a 25.000 morti, le alternative sono in vari studi, più o meno attendibili, ma l'ordine di grandezza è fra i 200 e gli 800 mila decessi).

Di Marco Bignami suggerisco l'articolo del 7 aprile (diciamo che è un po' assolutorio verso la linea adottata dalla maggioranza governativa, ma con considerazioni che vi consiglio di seguire):
http://www.questionegiustizia.it/articolo/chiacchiericcio-sulle-liberta-costituzionali-al-tempo-del-coronavirus_07-04-2020.phphttp://www.questionegiustizia.it/articolo/chiacchiericcio-sulle-liberta-costituzionali-al-tempo-del-coronavirus_07-04-2020.php

e pochi giorni dopo di M. Giuliana Civinini e G. Scarselli sempre su Questione Giustizia, probabilmente li avete letti, ma sono comunque qui:
http://www.questionegiustizia.it/articolo/emergenza-sanitaria-dubbi-di-costituzionalita-di-un-giudice-e-di-un-avvocato_14-04-2020.php
(qui Scarselli sul Tempo offre in sostanza una sintesi del suo intervento per chi non avesse voglia di leggere troppo: https://www.iltempo.it/home/2020/04/20/news/il-professor-scarselli-e-sicuro-la-liberta-personale-e-diritto-inalienabile-1317862/ )

e di G.L. Gatta un'analisi un po' più dettagliata e con riferimenti soprattutto al diritto anglosassone:
https://www.sistemapenale.it/it/articolo/diritti-fondamentali-coronavirus-necessaria-una-legge-sulla-quarantena-gian-luigi-gatta
Gatta è interessante soprattutto laddove loda la strada USA, in particolare la giustiziabilità del provvedimento che negli USA impone la quarantena, e si tratta pur sempre di provvedimenti generali, non personali, e i presupposti richiesti dalle poche decisioni in casi assimilabili degli anni passati sono la non discriminazione (razziale ad es.) e l'esistenza di un reale pericolo per la salute pubblica; qualificante che negli Usa queste limitazioni siano comunque trattate come detenzione. Bisogna considerare però che la giustiziabilità del caso singolo è negli Usa considerata un problema, anche se i ricorsi sono stati rari nei casi passati (Ebola 2014 ad es.). Il risultato pratico è che è diffusamente riconosciuto il potere dei governi statali e dell'unione di imporre blocchi nell'interesse generale e che i ricorsi sono pochi e su casi specifici.

Trovo che la distinzione di Bignami fra le garanzie dell'art. 13 e quelle dell'art. 16 cost. sia un passaggio importante per valutare il livello di allarme per l'attacco alle libertà. A conferma di ciò Scarselli e Civinini (e molti altri avvocati e giudici) insistono proprio su questo facendo rientrare il "divieto di uscire di casa" nell'art. 13 cost. Ma compiendo mi pare, per ansia di libertà, un salto logico: l'art. 13 è l'habeas corpus, lì c'è la tutela giurisdizionale perché si tratta di mettere in catene una persona, non di imporre un divieto sanzionato in caso di violazione, fra l'atro dal decreto legge del 25 marzo con sanzione amministrativa, mentre è penale la sanzione per chi è risultato positivo al virus e viola l'obbligo di restare isolato. Ma non è in galera né il soggetto in quarantena, né il positivo isolato, ma solo in condizioni di parziale o quasi totale restrizione della libertà di circolazione per motivi di tutela della salute della collettività, come recitano l'art. 16 e l'art. 32 cost. (ponendo il primo la ragione della limitazione, il secondo descrivendo il soggetto titolare del diritto (l'individuo) e dell'interesse (la collettività) alla salute.

L'allarme di Cassese, Scarselli, Gatta e tanti altri è sano e da tenere in considerazione sotto diversi profili, senz'altro sull'uso degli strumenti normativi (DL, e poco, e Dpcm, a profusione), ma non sotto altri profili che mi paiono da ridimensionare non tanto perché le limitazioni non siano importanti, ma perché nel bilanciamento fra i due diritti - quello alla salute di ciascuno e della collettività e quello alla libertà di circolazione di ciascuno - mi sembra che siano rispettati, doverosamente, i requisiti della proporzione e ragionevolezza tra il limite imposto e il bene protetto e quello della riserva di legge prevista dagli articoli 16 e 32 della costituzione. Quello che trovo da respingere è la valutazione - certo non solo da parte dei nominati - del pericolo per la salute come non idoneo a giustificare limitazioni così estese nel tempo, nell'importanza e nello spazio ad alcune libertà fondamentali: il lockdown ha evitato migliaia di morti e centinaia di migliaia (forse milioni) di contagi con una quantità di ricoveri in t.i. insostenibile. Le conseguenze saranno sicuramente fortissime poi sul piano economico, ma uno sguardo agli altri paesi e una valutazione della gravità della diffusione del contagio in Italia ci pone nella media, specie se si considera che la prospettiva di importanti riaperture, con le dovute cautele, porterà a rimettere in moto gran parte dell'industria e dei servizi.

Resta però un'interpretazione per lo meno disinvolta della riserva di legge (che comunque è relativa nell'art. 16 cost., non assoluta, e consente specificazioni con normativa secondaria): i decreti legge non mi sono parsi poco dettagliati, ma hanno preteso di delegare ai Dpcm estensione temporale e spaziale delle misure e purtroppo, a valle, sono intervenute anche delle interpretazioni inquietanti da parte degli agenti di polizia (non so quanto diffuse numericamente, ma che credo siano state più creative del solito per l'indeterminatezza di alcune limitazioni contenute nel Dpcm e per la differenziazione delle restrizioni nel tempo, con le modifiche frequenti, e nello spazio, con il protagonismo delle regioni e dei comuni).

Ricordiamo però che, per quanto sian criticabili i Dpcm e grave aver scavalcato il parlamento, quando sarebbe stato possibile avviare un confronto più approfondito in aula, i Dpcm sono pur sempre regolamenti giudicabili dal giudice amministrativo e disapplicabili dal giudice ordinario, quando da questi si vada rispettivamente per chiederne l'annullamento o la tutela di un diritto soggettivo che s'intenda compresso da quell'atto. E ancora: la corte costituzionale potrà giudicare, per scarso dettaglio o altro, la normativa primaria di riferimento. Queste possibilità non sono poi così irrilevanti, neanche se confrontate con la tutela che negli USA è data contro atti generali che limitino la libertà personale che nominavo sopra.

All'uso dei Dpcm avrei comunque preferito da un lato decreti legge più dettagliati nel disegnare le limitazioni alle libertà di circolazione e riunione e attività economiche e varie, dall'altro lato l'intervento ai sensi dell'art. 32 della legge di istituzione del SSN 833/1978  che dice essere di competenza dello Stato ogni intervento contro le epidemie e dà al Ministro della salute il potere di emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente. O meglio ancora di decreti legge che garantissero il vaglio parlamentare sempre, ad ogni proroga ed estensione degli interventi, e non solo al primo - poi replicato - che assegna poteri allo stesso PdC per interventi non di dettaglio, ma essenziali: la concentrazione di poteri su Conte è stata eccessiva e ha snaturato il profilo dell'organo esecutivo ben oltre le modifiche che negli anni già avevano dato al presidente rispetto alla collegialità. Ovviamente i Dpcm sfuggono al controllo sia del presidente della repubblica, sia al vaglio del parlamento, ma sono pur sempre, dicevo, impugnabili davanti al Tar del Lazio e la Corte costituzionale può sindacare la legittimità della norma primaria di riferimento.

Per ora sembra contenuta la pretesa delle regioni di differenziare il regime delle riaperture, anche se sarebbero giustificati dalla diversità di diffusione del contagio. Limiti potrebbero comunque esser posti applicando semplicemente l'art. 120 cost. II comma (del resto spetta allo stato ai sensi dell'art. 117 lett. q la disciplina in materia di profilassi internazionale).